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Tanti anni fa Devendra Banhart...

Folk, psichedelia e low-fi: musica di un cantautore statunitense
Tanti anni fa Devendra Banhart...

Compie oggi 41 anni Devendra Banhart, personaggio di spicco sulla scena indie a stelle e strisce ormai a partire dai primissimi anni Duemila. Si è imposto presso il pubblico e ha riscosso i favori della critica con il suo personale mix di folk, psichedelia e low-fi: per celebrare il suo compleanno riproponiamo la nostra recensione di quello che, a oggi, è il suo album di maggiore successo, ovvero "Cripple crow" che venne pubblicato nel settembre del 2005.

Anche i folletti lo-fi indie folk crescono. Per fortuna, perché uno come Devendra Banhart, un songwriter dotato, accorto, "di spessore", tanto per usare una (bruttissima) espressione cara a molti, avrebbe corso il rischio di rimanere intrappolato - immeritatamente - nel personaggio creatosigli addosso sin dai tempi dell'esordio. Così, passato dal sottobosco indie di lusso al "giro grosso" (la XL, label di giganti come White Stripes e altri) il nostro ha pensato bene di spostare il tiro. Non per ragioni di scuderia, per carità, che per uno come Devendra valgono meno di zero.

"Cripple crow", tutto sommato, rappresenta un rassicurante germogliare dei semi gettati al tempo di "Nino rojo": stesso approccio quietamente visionario, stesse coordinate dal punto di vista musicale (la psichedelia sixties su tutte, ma non solo), stessa aggraziata anarchia ma maggiore maturità e "labor limae". Senza, però, andare minimamente ad intaccare la spontaneità e la naturalezza che - da sempre - sono gli assi nella manica dell'autore americano.

Perdendo parzialmente il gusto per il "frammento" musicale, Devendra si cimenta con la canzone sulla lunga distanza, giocando con arrangiamenti ed atmosfere, riuscendo a sfruttare il proprio songwriting a più livelli con rigore ed onestà: senza inseguire necessariamente il colpo ad effetto, Banhart in "Cripple crow" insegue senza sosta la propria visione perfetta, mettendo in gioco il tutto per tutto, senza risparmiare e risparmiarsi. Ed è forse questo, ad essere pignoli, l'unico limite di questo disco: giovane e di bellissime speranze, a Devendra manca forse ancora il dono della sintesi necessario alla realizzazione di opere ambiziose come queste.

Ventidue canzoni per oltre un'ora di musica, infatti, non sono poche: se da un lato la scelta di "giocare pesante" va ammirata, proprio per la complessità della materia trattata, dall'altra non può che mettere in luce (qualche) rindondanza che - alla lunga - rischia di distrarre e depistare chi ascolta. Un peccato assolutamente veniale, visti i pregi di "Cripple crow", che chiunque voglia accostarsi a Banhart partendo proprio da qui sarà costretto a perdonare. Le vecchie conoscenze, invece, non temano: Devendra è diventato grande. E, si spera, lo diventerà ancora di più...

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