Un po' Al Bano e Romina, un po' Die Antwoord: i Coma Cose dal vivo fanno magie

Atmosfere post-apocalittiche e nostalgia. Anzi, "Nostralgia", come hanno deciso di intitolare il loro ultimo album, quello uscito ad aprile dopo la partecipazione al Festival di Sanremo 2021 con "Fiamme negli occhi": "Ci hanno dato il piombo, ci hanno dato il fango / ci hanno chiesto: 'quando diventate grandi?' / e nonostante tutto abbiamo ancora gli occhi rossi / come quelli dei conigli bianchi". Canzoni come manifesti generazionali che pur non parlando direttamente della Generazione Z, quella dei postmillennials raccontata da Ariete e dagli Psicologi che di "berlusconismo interstellare" - la citazione arriva dal testo di "Discoteche abbandonate" - ne sanno ben poco, riescono comunque a conquistarla. E toh, nel pubblico non ci sono solamente diciassettenni, ventenni e trentenni, ma pure qualche sessantenne: il miracolo di San Remo, far arrivare un progetto come quello dei Coma Cose a quel target.
È stata un'estate intensa, per il duo composto da California e Fausto Lama, vissuta prevalentemente sui palchi: la dimensione perfetta per due lupi selvatici come loro, arrivati al successo mainstream a ridosso dei trenta (nel caso di Francesca) e dei quarant'anni (nel caso di Fausto), senza bruciare le tappe, coltivando un rapporto con i fan soprattutto attraverso i live. Sono loro stessi, sul palco della Cavea dell'Auditorium Parco della Musica di Roma, dove ieri sera ha fatto tappa il tour estivo (arrivato alle ultime battute), a sottolineare la crescita del progetto: "Siamo passati dal Lanificio al Largo Venue, poi l'Atlantico e ora la Cavea". Durante il concerto ripercorrono le tappe principali della loro scalata al successo. All'ordine cronologico ne preferiscono un altro, emotivo. "Mille tempeste", una delle canzoni dell'ultimo disco, è una sorta di manifesto: "E ora siamo a mezz'aria tra la bomba e la miccia / la galassia e l'Italia, la città e la provincia". La scaletta è compatta e i pezzi si susseguono che è una meraviglia, senza riempitivi e frasi di circostanza:, "Deserto", "Jugoslavia", "Via gola", "La canzone dei lupi", "La rabbia", "Cannibalismo", "Golgota", "Beach Boys distorti", "Guerre fredde".
I brani di "Nostralgia" si mischiano nella scaletta a quelli dell'album d'esordio "Hype Aura" e ai primi esperimenti del duo, che sul palco porta con sé i Mamakass, il duo di produttori composto da Fabio Dalè e Carlo Frigerio, artefici di quello stile seducente che mischiando urban, rap, cantautorato e indie ha fatto dei Coma Cose una realtà importante del nuovo pop italiano: qui si dividono tra tastiere, bassi e sintetizzatori, coadiuvati dal chitarrista Gregorio Manenti e dal batterista Riccardo Fanara. Il sound è ora più rarefatto e dilatato su canzoni come "Anima lattina" e "Nudo integrale", ora più denso e corposo su pezzi come "Granata" e "Novantasei", tra pop e punk.
Poi c'è un'altra alchimia. Quella che si crea tra Francesca e Fausto, che strappano sorrisi e applausi: sguardi, pugnetti, sorrisi e complicità. Un po' Al Bano e Romina in chiave urban, un po' Die Antwoord: sono in una bolla tutta loro, proprio come sul palco dell'Ariston. "La tua testa è un gigantesco centro sociale / e se per caso stanotte mi gira, ci vado a dormire col cane", canta lei. E lui, tutto contento, le dedica al piano i versi "Pakistan", mentre i flash dei cellulari illuminano le gradinate della Cavea: "Dolce Venere di rime / che non ti so mai capire". Highlights: "Mancarsi", forse la prima vera hit dei Coma Cose, e inevitabilmente "Fiamme negli occhi", ipoteca su un futuro che non vediamo l'ora di scoprire.
SCALETTA:
"Mille tempeste"
"Deserto"
"Jugolsavia"
"Via Gola"
"La canzone dei lupi"
"Anima lattina"
"Mancarsi"
"Discoteche abbandonate"
"La rabbia"
"Cannibalismo"
"Golgota"
"Beach Boys distorti"
"Guerre fredde"
"Novantasei"
"Fiamme negli occhi"
"Pakistan"
"Nudo integrale"
"Zombie al Carrefour"
"A lametta"
"Granata"
"Post-concerto"
"Squali"