Silvio Capeccia, 'Vivo da re' dal vivo al pianoforte per Rockol

Il testierista dei Decibel Silvio Capeccia ha eseguito per Rockol una versione strumentale, al pianoforte, di "Vivo da re", title track del secondo album consegnato agli annali dalla band di Enrico Ruggeri nel 1980: la nuova versione del brano, così come quelle di altri episodi appartenenti al repertorio della formazione di "Contessa", è inserita nell'ultima, recente prova sulla lunga distanza dell'artista, "Silvio Capeccia plays Decibel - Piano solo".
(video di Simona Giovara)
"Scegliere i brani da inserire nel mio disco non è stato semplice", ha spiegato Capeccia a Rockol: "Sono affezionato a tutte le nostre canzoni. La selezione è stata fatta per esclusione, recuperando i brani che mi davano più soddisfazione nell'essere suonati al pianoforte".
Il DNA della band che rese popolare il punk in Italia imponeva scelte drastiche, e per certi versi coraggiose: "Il nostro approccio era punk ma, in formazione, avevamo le tastiere: come modelli avevamo gruppi come Ultravox e Stranglers, che avevano una forte idea compositiva di base", spiega Capeccia, "La canzone più difficile da rileggere, probabilmente, è stata 'Noblesse oblige', che già nella versione originale ha un arrangiamento importante: la sfida, in questo caso, è stata quella di trasportare sul pianoforte tutte le parti incise sul disco del 2017. 'My Acid Queen' è una canzone in origine molto dark: ho voluto verificare che anche al pianoforte fosse in grado di conservare la sua cupezza originale, la sua anima 'cattiva'. Il risultato, devo dirlo, mi ha soddisfatto".
I Decibel sono stati una band fondamentale nell'evoluzione del rock in Italia: c'è, secondo Capeccia, qualcuno in grado di raccogliere il testimone e di iniziare a scrivere un nuovo capitolo nella storia della scena nazionale? "Oggi c'è grande omologazione", riflette Capeccia, "Le influenze di rap e reggaeton cancellano tutte le altre. Se c'è qualcuno che mi ricorda i Decibel? Forse Achille Lauro, più come immagine - però - che come contenuti musicali".
C'è, poi, il problema rappresentato da una discografia che ha perso parte della propria identità a discapito - soprattutto - della qualità della vita e, di conseguenza, di quella della produzione dell'artista stesso: "L'evoluzione dei formati - da vinile a CD, poi dall'mp3 fino allo streaming - ha confuso la passione per la musica con l'evoluzione tecnologica. Il risultato? Sta scomparendo tutto, a parte quello che funziona per i talent e affini. Ciò provoca da una parte lo sradicamento dei fan dall'affetto per l'artista, e - dall'altra - vuoto e sbandamento nell'artista stesso. Una volta le case discografiche accompagnavano nella crescita band e cantanti: adesso le major puntano solo sugli one hit wonder. Cosa che, per chi fa il nostro lavoro, è un grosso problema".