Cesare Cremonini commenta la tragedia di Corinaldo: “Evitiamo la cultura della demonizzazione, promuoviamo la cultura della conoscenza”

Con un lungo articolo scritto in prima persona, Cesare Cremonini ha deciso di commentare i tragici fatti di Corinaldo dello scorso dicembre, quando sei persone persero la vita in una discoteca, nella calca che si venne a creare dopo che qualcuno spruzzò dello spray al peperoncino. Il cantante di “Possibili scenari” ha scelto un luogo apparentemente inconsueto, per il suo pezzo: l’ultimo numero di “Noi Vigili Del Fuoco”, rivista ufficiale del corpo militare che intervenì immediatamente sul posto a prestare soccorso.
Proprio a Corinaldo la rivista dedica un lungo speciale: Cremonini apre questa serie di articoli, provando a spiegare a modo e a freddo, suo cosa c’è di sbagliato nei ragionamenti fatti a caldo nei giorni successivi alla tragedia
Si è data la colpa alla musica che ascoltano. Indicibile. La tragedia sarebbe potuta accadere anche se quella sera fosse salito sul palco Gianni Morandi. Si è data la responsabilità ai gestori del locale. Troppo facile chiuderla così. Il problema è molto più ampio e strutturale. Ha origini lontane nel tempo e riguarda da vicino anche la musica, è vero, ma non nel contenuto dei dischi e tantomeno nei tatuaggi sulle braccia di un trap- boy di periferia. Riguarda tutti noi perché il dramma è culturale.
Il problema, secondo Cremonini non è la musica, ma le infrastrutture e la percezione del valore del lavoro nello spettacolo:
La domanda da porsi, una volta ancora, non è cosa ascoltano i giovani, ma dove vanno ad ascoltare la musica che amano. Dove sono costretti a suonare i musicisti e i Dj che il pubblico vuole seguire e supportare. Chiunque essi siano e senza distinzione di genere. (…)
Molte discoteche, tantissimi palasport e stadi di provincia italiani, infatti, come le scuole pubbliche d’altronde, i ponti e le strade delle nostre città e province, cadono letteralmente a pezzi.
E sempre a proposto di cultura:
Viviamo in un Paese fermo alla concezione dell’intrattenimento come un passatempo disturbante per la quiete pubblica, qualcosa di carnevalesco più simile al circo che a una industria. Poco importa se fattura ogni anno decine e decine di milioni di euro con un indotto sul territorio enorme di cui si giovano tutti (…)
Bisogna divulgare una cultura della conoscenza, di segnalare mancanze, di sensibilizzare e istruire la gente a non accettare la realtà per quella che è, di far conoscere quale immenso lavoro e quali professionalità siano impiegate nella produzione e realizzazione di opere artistiche.