Scott Weiland, ecco come l'hanno ricordato le star del rock (1 / 19)
Hanno detto bene quelli che l'hanno licenziato, e che lo conoscevano forse meglio di tutti: parte della sua dote era la sua maledizione. Succede, coi grandi, e nel rock succede ancora più spesso. Perché non è facile spiegare come una delle più grandi voci della sua generazione - la definizione è di Billy Corgan, uno non eccessivamente prodigo di gentilezze, specie nei confronti dei colleghi - abbia visto concludere la propria parabola su questa terra in un bus disperso in un parcheggio nella profonda provincia americana: Scott Weiland ha incarnato alla perfezione lo stereotipo del rocker bello e dannato, ostinato capitano della sua sventura capace di dissipare con nonchalance un talento pressoché unico.
Ha saputo emozionare il pubblico, Weiland, e ancora di più fare incazzare i suoi colleghi, che stremati dalle sue intemperanze lo hanno man mano isolato, lasciandolo da solo a combattere coi suoi demoni. Nelle storie come la sua le scelte giuste e sbagliate non esistono: esiste, semmai, la certezza che a ogni azione corrisponde una reazione. Se fosse stato in grado di domare il suo lato oscuro, oggi il rock avrebbe ancora uno dei suoi frontman più carismatici in circolazione, e un martire in meno. Ma mentre il futuro non è scritto, il destino - per chi ci crede - sì.
E una volta compiutosi, il destino, sono piovute gli inevitabili attestati di stima: sentire parlare chi lo conosceva bene è il modo più affidabile per farsi un'idea di chi fosse, davvero, Scott Weiland, e di cosa avesse rappresentato per il panorama musicale internazionale. Nelle pagine che seguono trovate tutto.