Per il quarantennale di "Saturday Night Fever", il classico della disco firmato dai Bee Gees, una pattuglia di artisti "contemporanei" - Demi Lovato, Andra Day, Tori Kelly e Little Big Town - ha eseguito sul palco della cinquantanovesima edizione dei Grammy Awards un medley dei più grandi successi del gruppo australiano, infilando in poco più di cinque minuti "Stayin' Alive", "Tragedy", "How Deep Is Your Love" e "Night Fever": buona l'idea, ma i tempi televisivi costringono a strizzare un po' troppo i brani, incastrati in un collage che ha lasciato troppo poco spazio agli interpreti.
Celine Dion si presta a introdurre la premiazione di una delle categorie più importanti previste dai Grammy Awards, Song of the Year (che il brano, non l'interprete e gli autori dello stesso): a vincere è ancora Adele, con "Hello", scritta insieme Greg Kurstin, che batte - tra le altre - "Formation" di Beyoncé, "I Took a Pill in Ibiza" di Mike Posner e "Love Yourself" di Justin Bieber.
Gli A Tribe Called Quest salgono sul palco per la performance con Anderson Paak, e lanciano un messaggio diretto al presidente Trump ("Quello che dividono le persone non ci rappresentano"): in scaletta c'è "Award Tour", "Movin Backwards" e "We the People...".