
Il Nobel a Dylan è una truffa: è vero. Nessuno tra i suoi versi più visionari e poetici infatti, è stato scritto realmente da lui. Non ci credete? Chiedetegli come è andata. Vi risponderà di non saperne nulla.
Il cantante che più di ogni altro ha influenzato la letteratura americana, colui che poco più che ventenne parlava e scriveva già alla pari con i grandi poeti della sua epoca, che lo consideravano a loro volta un loro pari, dirà che quelle piantagioni di parole in rima, nate calpestando la macchina da scrivere prima che la musica prendesse forma, quelle poesie vestite da canzoni, che i giovani di allora adottarono addirittura come mantra di una rivoluzione culturale, sono state scritte "per magia".
Dylan ne ripete i versi, guardandoti stupito negli occhi, come se li avesse scritti qualcun'altro. "Prova a sederti ad un tavolo e a scrivere qualcosa del genere", dice sorridendo. Se gli chiedete se ancora oggi possiede la formula magica di quell'incantesimo, lui vi risponderà, scuotendo la testa, di no.
"Non posso più farlo".
Dylan ha più volte sostenuto di aver fatto, da ragazzino, un patto con il "chief commander": colui che comanda su questa terra e su quella che non possiamo vedere. Chissà se il chief adesso pretenderà che gli venga riconosciuto il merito di questo Nobel.
(Cesare Cremonini)