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Conchita Wurst a Milano: “Non sono Madonna, ma almeno posso cantare” - VIDEOINTERVISTA

E’ una Conchita Wurst tutt’altro che diva, quella oggi è arrivata alla stazione centrale di Milano, per presentare disco “Conchita” (uscito lo scorso 19 maggio), e la biografia “Io, Conchita”. Look informale, jeans e camicetta bianca, solo un paio di alti tacchi. Solo l’entrata è un po’ scenografica:
salendo da uno scalone alle 12.10 in punto è entrata nella Sala Reale, collocata a fianco del binario 21: uno storico luogo poco conosciuti, tutto colonne, ornamenti e lampadari dove nel secolo scorso sostava appunto il re (e dove e si incontrava con Mussolini), dove nelle prossime settimane, si svolgeranno altri eventi di presentazione di libri, aperti al pubblico (domani tocca a Romina Power)

“Sono appena tornata da una vacanza, sono molto rilassara”, dice sorridente. L’ex vincitrice dell’Eurovision ha una voce molto diversa da quella con cui canta, più delicata, meno potente. Solare, ironica, si presenta come determinata ma lontana dal glamour che l’ha fatta trionfare nel 2013 e che ha ripetuto poche settimane fa, a Vienna, dove era madrina dell’edizione 2014. Certo, non nasconde la sua battaglia ("Correi incontrare Putin, vorrei capire cosa significa essere lui, capire le sue decisioni - che ovviamente non mi piacciono. Ma davvero, vorrei solo capire", dice rispetto alla legislatura omofoba della Russia).

Ma insiste sulla persona normale, più che sul personaggio: “Cerco di non prendermi troppo sul serio” dice. “Faccio una vita normale, senza le ciglia finte: bucati, mezzi pubblici e cose del genere. E poi c’è il glamour, quando sono Conchita mi diverto, ovviamente”. Si vede che intraprendere quella carriera, da sempre: “Ho iniziato a cantare a 7 anni, facevo finta di fare la cantante di professione, mi piaceva e mi riusciva. E’ lì che ho pensato di farne un mestiere, di diventare famosa - perché credetemi, è bello essere famosi - di vincere un Grammy. Questa determinazione, questa visione, non mi ha mai abbandonato".

Non a caso, la prima canzone che cantava era “Goldfinger” di Shirley Bassey e infatti gli echi della musica di James Bond si sentivano molto in “Rise like a phoenix”, il brano che l’ha lanciata: “Imitavo la sua voce, senza sapere chi era e senza conoscere l’inglese: mi ha dato lezioni di canto senza saperlo”.
Ed è molto realista sul suo stato attuale. “Quando mi hanno chiesto di fare un libro ho detto: ho 26 anni, è presto per un memoir. Poi ho pensato che forse potevo farlo, se veniva fuori un libro che avrei comprato anche io, con molte immagini. Ho passato quattro giorni con un ghost writer a raccontare la mia vita, e ho scoperto molte cose di me che non sapevo. Ora so che non sono Madonna, ma ho la possibilità di cantare. Non credo ci siano migliaia di persone che verrebberp a vedermi. Così farò qualche concerto, ma non sarà un tour vero e proprio”, spiega.

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E poi parla del suo album: “L’ho creato in maniera molto egoistica, volevo semplicemente divertirmi. Canto di cuori spezzati, così come di credere in te stesso, che è un messaggio molto importante. Ma la prima cosa che ascolto in una canzoneè la melodia, poi il testo. Ma non vado oltre, non voglio solo scegliere le canzoni in base al messaggio. Io sono tante cose diverse”. 

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