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Kane: dall’Olanda alla conquista del mercato internazionale

Kane: dall’Olanda alla conquista del mercato internazionale
In Olanda sono un fenomeno pop come ce ne sono pochi. L’esordio “So glad you made it” ha fatto incetta di premi e vendite. Adesso cercano di conquistare il pubblico europeo con un pop-rock tutto sommato di maniera e un nuovo album, “What if”, presentato in questi giorni durante uno showcase ai Magazzini Generali, dove si sono esibiti come supporter dei Maroon 5. Abbiamo incontrato il leader e cantante/compositore Dinand Woesthoff e il chitarrista Dennis van Leeuwen. Come vi siete imbarcati in questa avventura? “Ci siamo conosciuti quattro anni fa ed è nata subito l’alchimia. Pensa che abbiamo condiviso anche la stessa ragazza. Il primo singolo è stato subito, ed inaspettatamente, un successo in Olanda. Poi abbiamo pubblicato due dischi: sono trascorsi solo due anni fa ed è una soddisfazione essere qui in Italia ad affrontare le interviste”. Molti non se li ricorderanno, ma tre anni fa i Kane sono saliti sul palco del Jammin’ Festival di Imola. “Proprio in quel periodo stavamo iniziando a fare i primi concerti fuori dall’Olanda, per cui è stata elettrizzante l’idea di suonare nel vostro paese, ad un festival del genere, davanti a decine di migliaia di persone, sullo stesso palco sopra cui poche ore più tardi sarebbero saliti i Red Hot Chili Peppers”. Che ricordo avete del pubblico italiano? “Se consideri che non ci avevano mai ascoltato prima, da parte nostra abbiamo dato tutto il possibile e abbiamo riscontrato un’ottima reazione. Perché hanno capito che il nostro messaggio convogliava nella vera musica. Questo atteggiamento è tipico di un pubblico come quello italiano e spagnolo, che hanno un grande cuore”. Perché, gli olandesi sono più distaccati, soprattutto verso le band emergenti? “E’ un paese strano… Così come è difficile per una band italiana aver successo in Olanda, altrettanto lo è per una band olandese in Europa. E’ un cammino lungo e faticoso e, se vuoi riuscire, devi prefiggerti che un giorno o l’altro potrai diventare il numero uno. Sia l’Olanda che l’Italia sono dei paesi con dei confini – diciamo - musicalmente limitati. Ad esempio in Olanda è conosciuto Eros Ramazzotti, ma nessuna vera rock band italiana. E anche noi, uno dei gruppi che vendono di più in Olanda, all’estero siamo ancora sconosciuti”. Ma Eros fa musica pop, è molto più facile per lui raggiungere un pubblico più vasto. Voi vi considerate pop? “Non stiamo tanto a considerare la nostra musica in termini categorici, sappiamo solo che è musica che viene dal cuore. Non rischio certo di non dormire la notte se non sono sicuro che il pubblico ci inquadri in un determinato tipo di musica pop o rock che sia”. Guardando un vostro video mi ha sorpreso il tatuaggio che Dinand ha sulla schiena, un dragone stilizzato. Qual è il suo significato? “Penso innanzitutto che non dovresti farti un tatuaggio se per te non avesse un significato. Non è come una fotografia, perché diventa parte del tuo corpo. Ho scelto il drago perché mi sento tale. Può darti un’impressione molto elegante, ma anche aggressiva e dominante, esattamente come la nostra musica, con canzoni drammatiche, lente e passionali, ma anche irruente”. E il nome Kane da dove viene? “Dal film ‘Citizen kane’ (Quarto potere) di Orson Welles. Quando abbiamo scelto questo nome abbiamo sentito anche una certa responsabilità, dato che secondo molti è considerato il miglior film dello scorso secolo”. Parliamo dell’album... Come è nato? “Se devo dirti la verità queste canzoni erano nel cassetto da tempo. Abbiamo selezionato quelle migliori. Abbiamo registrato di nuovo le parti dei vari strumenti e, la cosa entusiasmante per noi, era quella di vedere che impatto avrebbero avuto queste nuove elaborazioni sul mercato europeo”. Scorrendo la tracklist è impossibile non rimanere colpiti da un titolo come “Let it be”. Perché questa scelta? “Perché no? Eravamo appena tornati dall’Inghilterra e, chiaramente, i Beatles sono una band prettamente inglese. Abbiamo pensato che effetto avrebbe potuto avere in Inghilterra l’intitolare una canzone così. Ad esempio, ti chiami Giulio e non è detto che tu sia il miglior Giulio in assoluto. Ce ne possono essere tanti altri migliori di te con lo stesso nome. Avremmo potuto intitolare questa canzone ‘Purple rain’, ma chi se ne frega: l’importante è come arriva al cuore, indipendentemente dal titolo. Se è una brutta canzone te la dimentichi, ma questa è una bella canzone. Ovviamente dopo la ‘Let it be’ dei Beatles. Il titolo rispecchia un comportamento di tolleranza rispetto alla musica e all’individuo umano”. Mi è piaciuta molto anche “Hold on to the world”. Di cosa parla? “Questa canzone è incentrata su argomenti specifici: la fede, la speranza e la carità. Infatti sia in Olanda che Italia e Spagna sta funzionando molto bene. Il titolo può dire tutto e niente, ma di solito non amo spiegare i miei testi, perché è l’ascoltatore che li deve interpretare. Ad esempio, Christina Aguilera scrive dei testi bellissimi, ma io non voglio che lei me li spieghi. Non mi interessa che lei stia lì a precisarmi, ad esempio, che parlano del ragazzo che l’ha lasciata, voglio dare io la mia interpretazione. Perché lo spirito di un testo è universale. O va d’accordo con te oppure no”. Ok. Ultima considerazione d’obbligo, visto che venite dall’Olanda. Qual è la vostra opinione sulle droghe? “Le droghe possono essere molto pericolose, anche se spesso possono avere un effetto liberatorio. Innanzitutto bisogna stabilire una differenza fra quelle pesanti e leggere. E’ come bere una birra o trenta birre. Quando siamo arrivati qui a Milano e, al ristorante, ci hanno chiesto: ‘volete un bicchiere di vino?’. Chiaro che sì. Ma se dal pranzo al pomeriggio ne bevi 40 di bicchieri, è un’altra cosa. La responsabilità è tua. C’è gente a cui basta anche una canna, ma noi non ne facciamo uso. Di solito la gente considera l’Olanda il paradiso delle droghe, però, ripeto: è affare tuo. Anche se la cocaina e l’eroina fossero legalizzate, poi sono cazzi tuoi. Dipende da te. E dal proibizionismo. Sappiamo benissimo che la gente fuma le canne sia Olanda che in Italia, Francia o Germania. E’ meglio però creare una coscienza individuale piuttosto che proibire a tutti i costi. E anche se un governo può essere permissivo, deve pensare alla tutela dei propri cittadini, i quali devono rendersi conto se l’assunzione di droghe può diventare pericolosa”. Che bravi ragazzi…
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