“Crepuscolaria” è il singolo estratto dal primo album omonimo degli Otto Ohm, gruppo romano capitanato dal ventisettenne Andrea Leuzzi detto “Bove”, e formato, come si può prevedere dal curioso nome, da otto elementi. Sebbene il titolo del brano trainante dell’album anticipi una cupa atmosfera, la giornata di Martedì 29 Novembre è luminosa, e forse dobbiamo proprio ringraziare le vibrazioni che il loro disco riesce a trasmettere: suoni eclettici piuttosto personali che abbiamo tentato di decifrare insieme a Bove. “La storia degli Otto Ohm è cominciata in casa insieme a Jolly Dread, il dub master del gruppo, e dopo un anno si sono aggregati anche gli altri membri, vecchi amici con i quali però non avevamo mai pensato di poter fare qualcosa di concreto insieme; infatti il primo demo che abbiamo prodotto è stato una specie di prova per capire se eravamo in grado di fare questo mestiere. In realtà non c'è mai stata un'idea precisa, tutto quello che è nato è stata pura sperimentazione, e i ritmi sono scaturiti a seconda del nostro umore".
Bove è un ragazzone tranquillo e cordiale che ti guarda come guarderebbe una persona che, come lui, è appassionata di musica e magari colleziona dischi di vinile: con interesse e attenzione; e non si sorprende più di tanto di svelare, probabilmente per la millesima volta, la formula che sta dietro al nome adottato dal gruppo: “Questa in effetti è una cosa importante. 'Otto Ohm' rappresenta, nel linguaggio tecnico usato nella musica , il carico di impedenza che devono avere le casse dello stereo per generare un suono avvolgente e d’impatto. Mi rendo conto che nessuno ne ha capito veramente il significato, perché magari non ha dimestichezza con questi linguaggi tecnici”.
La musica degli Otto Ohm è calda come il nome che si porta dietro, una miscela di reggae, drum ‘n’ bass, jungle e two-step, ma sempre aperta ad ogni contaminazione. “Il reggae è sicuramente la colonna portante del nostro album”, esclama quasi orgoglioso Bove, “ma anche tutto quello che vediamo e sentiamo ci influenza; per esempio i vecchi dischi dei miei genitori, ma anche la televisione, le musiche da pubblicità e i jingle delle trasmissioni. Credo che inconsciamente questo influenzi ognuno di noi”.
In realtà ciò che la formula degli Otto Ohm riesce a dare all’ascoltatore ha la bellezza delle sere di fine Settembre, quando si ricorda con malinconia il caldo dell’estate e si ripensa ad un tempo perduto e ormai lontano; parole e pensieri agrodolci che hanno il potere, per l’appunto, di incantare come il crepuscolo.
Bove è un ragazzone tranquillo e cordiale che ti guarda come guarderebbe una persona che, come lui, è appassionata di musica e magari colleziona dischi di vinile: con interesse e attenzione; e non si sorprende più di tanto di svelare, probabilmente per la millesima volta, la formula che sta dietro al nome adottato dal gruppo: “Questa in effetti è una cosa importante. 'Otto Ohm' rappresenta, nel linguaggio tecnico usato nella musica , il carico di impedenza che devono avere le casse dello stereo per generare un suono avvolgente e d’impatto. Mi rendo conto che nessuno ne ha capito veramente il significato, perché magari non ha dimestichezza con questi linguaggi tecnici”.
La musica degli Otto Ohm è calda come il nome che si porta dietro, una miscela di reggae, drum ‘n’ bass, jungle e two-step, ma sempre aperta ad ogni contaminazione. “Il reggae è sicuramente la colonna portante del nostro album”, esclama quasi orgoglioso Bove, “ma anche tutto quello che vediamo e sentiamo ci influenza; per esempio i vecchi dischi dei miei genitori, ma anche la televisione, le musiche da pubblicità e i jingle delle trasmissioni. Credo che inconsciamente questo influenzi ognuno di noi”.
In realtà ciò che la formula degli Otto Ohm riesce a dare all’ascoltatore ha la bellezza delle sere di fine Settembre, quando si ricorda con malinconia il caldo dell’estate e si ripensa ad un tempo perduto e ormai lontano; parole e pensieri agrodolci che hanno il potere, per l’appunto, di incantare come il crepuscolo.
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