Il Giorno, in un articolo a firma Chiara Di Clemente, e la Stampa, in un altro articolo a firma Luca Dondoni, relazionano del concerto dei Radiohead alla Villa Reale di Monza. Scrive la Di Clemente: “ E' dura nella vita aver scritto un capolavoro. Una di quelle cose pazzesche che diventano nel giro di due, tre anni pietre miliari: che si ascoltano - il capolavoro dei Radiohead è un disco, “Ok Computer” - e sono tanto, tantissimo altro oltre la musica. Sono un'estetica, i Radiohead, l'estetica scura e frammentata della fine del Novecento: gli abissi cupi di Kupka, le esplosioni sottili eppure devastanti di Kiefer, la purezza luminosa ed alienata di Diebenkorn. Sono un'interpretazione del mondo: "Viviamo ora senza che ci siano dati né il tempo né la voglia di scendere a patti, giorno per giorno, con la morte", diceva Thom Yorke qualche stagione fa, in una delle (rare) interviste concesse durante i trionfi mediatici del cd di "Paranoid Android". Viviamo noi - noi non "Creep", non folli né inadatti - nella rimozione del dolore, e chi sceglie piuttosto di accedervi diviene per forza interprete del mondo. Faro morale, quantomeno fratello.
Dunque, i neanche tutti trentenni Radiohead di Oxford, hanno tre dischi alle spalle e uno di questi è l' ultima sintesi possibile del secolo che è appena fuggito, è la breve chiarissima sintesi di un breve lampo di caos. E' - purtroppo - un capolavoro. Al quale si ha da sopravvivere.
E Thom e Jonny e gli altri, per sopravvivere, fanno quello che ciascuno si aspettava da loro: scrivono canzoni (due anni e un cd la cui uscita è prevista per quest'autunno, titolo ancora da scegliere) e fanno concerti.
"Smal gigs", dicono. Piccole prove, d'estate; per l'Europa, adesso, con il debutto qualche giorno fa ad Arles, due date (la prima domenica, la seconda ieri) a Monza, Villa Reale, poi domani e dopodomani a Firenze, in piazza Santa Croce. Dopodiché Israele, e la loro Gran Bretagna.
Piccole prove in cui, ogni sera per stille, gocce che cadono, i Radiohead mescolano ai furori patetici di "No Surprises", al dolore raggelato di "My Iron Lung" ai cori di "Karma Police" le novità, il post-capolavoro. A Monza, domenica, addirittura nove le nuove canzoni: con due fili conduttori, così, al primo ascolto. Fiona Apple e Tricky. Le note che insegue Fiona sfrenata al suo piano, sinfonie acustiche per rabbia e contrabbasso lì, da una parte ("Morning Bell"), dall'altra i circoli ipnotici, talmente pesanti che sfociano nel nulla quali i tumulti techno-rimbaudiani di Tricky ("National Anthem"). Al contempo, qualcosa che non è né l'un sentimento né l'altro: e che a poco a poco si farà profondo spazio vuoto ed imperiosa cattedrale, qualcosa che si vedrà nascere e crescere e al contempo precipitare. Come fu "Bitches Brew" ascolto dopo ascolto per Thom. Com'è stato "Ok computer". Come sono i Radiohead”. Maggiormente imperniato invece sul concerto e la cronaca il pezzo di Luca Dondoni, che però non aggiunge granché di nuovo alle notizie circolate in questi giorni sull’arrivo in Italia del gruppo inglese.
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