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Italia troppo ‘comprensiva’ coi pirati

Su "La Repubblica", un’intera pagina dedicata alla pirateria musicale, uno degli argomenti trattati nei giorni scorsi al Midem di Cannes. Laura Putti descrive una "Hall of Shame", dieci teche di vetro che «mostrano dei cd con le loro copertine. Shame in inglese vuol dire vergogna e i cd nelle teche sono copie pirata. Tra le contraffazioni più riuscite, i Litfiba di "Infinito" e la Mina di "Olio". Enzo Mazza, direttore generale della FIMI (la federazione che riunisce le 4 major) e presidente della FPM, Federazione contro la Pirateria Musicale, rivela, solo riguardo ai cd (la pirateria via Internet è meno quantificabile, meno imponente e ancor meno perseguibile), cifre spaventose. Una per tutte: si calcola che il nuovo disco di Adriano Celentano, venduto in un milione e centomila copie legali, abbia avuto un mercato parallelo di sei-settecentomila cd pirata. Per non parlare di Andrea Bocelli, la cui voce piratata è stata venduta in milioni di copie nel mondo intero. E Mazza parla anche di una certa tolleranza da "italiani brava gente". Sembra infatti che i vigili chiudano spesso un occhio davanti ai "punti vendita" dei senegalesi: portarli al commissariato vorrebbe dire rispedirli a casa». Viene intervistato anche «Luciano D'Angelo, il primo sostituto procuratore ad aver spiccato in Italia un ordine di arresto contro un pirata musicale. Lavora alla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Nel '97 la sua prima grande inchiesta sulla pirateria riguardò i fratelli Frattasio, diventati a Napoli e dintorni più importanti delle case discografiche ufficiali. Sui loro compact era scritto: "Mixed by Henry. Diffidate dalle imitazioni". Poi si dedicò al signor Cesarini, detto "'O Imperatore", il cui processo è in pieno svolgimento. Quando gli uomini di D'Angelo entrarono nei suoi capannoni industriali eretti (legalmente) nella provincia di Napoli, trovarono bambini che incollavano etichette, ragazzi africani impiegati alla vendita e l'incasso della giornata: 200 milioni di lire. (...) "Il fenomeno ha purtroppo uno scarso impatto sociale. Un ragazzo che compra un disco pirata a diecimila lire pensa di fare uno sgarbo a una major che lo vende a più di trenta. Non capisce invece che il suo denaro finirà in un calderone che alimenta altri mercati, anche più pericolosi. Non lo capisce perché nessuno glielo spiega. Un altro problema sono le scarse sanzioni previste dalla nostra legislazione"», sostiene D’Angelo.

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