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Daniel Merriweather, 'Love & war': 'La musica salva chiunque'

Lui, ex adolescente ribelle che dalla periferia di Melbourne adesso è di casa a New York, dalla musica è stato "salvato". "Ma non vorrei ridurre la cosa ad un fatto personale", specifica
Daniel Merriweather , che oggi, a poche ore dal suo showcase (previsto per le 19 e 30) al Goganga di Milano, ha incontrato la stampa nel capoluogo lombardo per presentare il suo nuovo disco, "Love and war": "La musica può salvare chiunque, è nella sua natura". Prodotta da Mark Ronson ("Siamo amici da anni"), la sua ultima fatica in studio oscilla tra rock, echi tradizionali e tanto soul: "Non male, per chi - come me - è cresciuto con l'r'n'b dozzinale di band come i Boyz II Men. In famiglia i miei ascoltavano roba molto classica, come Bob Dylan e Johnny Cash. Poi è arrivato il soul della Stax e della Motown, oltre ai grandi del genere come Stevie Wonder. Adesso i miei ascolti variano molto, da D'Angelo a Thom Yorke passando per i Faith No More . Accidenti, ieri sera era a Milano e me li sono persi...". Nonostante il titolo, "Love & war" è un album più introspettivo che "sociale": "Se parlo di guerra non parlo di conflitti tra stati, ma di ciò che accade nei rapporti tra le persone. Sia le canzoni che parlano di un innamoramento che quelle che parlano di una separazione sono cariche di energia, e a me interessa la contrapposizione tra questi due tipi di energia". Fondamentale, nella carriera di Daniel, è stato il trasferimento nella Grande Mela: "Immergerti in una realtà del genere non può lasciarti indifferente: New York ti carica di vitalità, di energia. Per un musicista è un qualcosa di incredibile, perché di offre l'opportunità di confrontarti praticamente con qualsiasi cosa". Affascinato sì dagli estremi, il giovane artista australiano non ama gli estremismi, specie quando si parla di musica: "La mia opinione sull'apporto della tecnologia alla musica? Beh, viviamo un periodo molto interessante, la tecnologia - se usata con intelligenza - ci permette di realizzare qualsiasi cosa. Penso agli anni Settanta, quando l'innovazione aveva sì dato un impulso creativo notevole alle produzione dell'epoca senza però rovinarla. Oggi, logicamente, le oppurtunità sono cresciute in modo esponenziale, così come in modo esponenziale è cresciuto il rischio di demandare tutto o quasi a computer e plug-in rinunciando al piacere di registrare ed esibirsi come si faceva una volta". Rischio, questo, che Daniel non ha intenzione di correre. "Dal vivo mi accompagna una band di nove elementi, altro che basi registrare", assicura lui, che anticipa: "Al momento non ho idea di quanto riuscirò a venire a suonare in Italia. La mia etichetta, tuttavia, è già in contatto con diversi promoter interessati ad organizzare un tour. Spero che la situazione si evolva quanto prima: amo il vostro Paese, e non vedo l'ora di venirci a suonare".

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