
Avvicinarlo costa sempre un po’ di timore, visto che Ben Harper non è propriamente un uomo di rappresentanza. Le sue risposte sono dirette, sicure, intense, premiano interlocutori intelligenti e irridono domande superficiali. Con tutto ciò non è facile parlare di spirito e materia in una cornice dispersiva come quella di un grande Festival. C’è posto per il blues di una slide guitar Weissenborn nel terzo millennio? "Certo, almeno finché ci sarò io a suonare. Quello della slide è il mio suono, sono impazzito sin dalla prima volta che l’ho ascoltato; è il suono della mia anima, quello che mi piacerebbe far filtrare grazie alla mia musica". Il tuo nuovo album "The will to live" esprime dei contrasti tra vita e morte, inizio e fine, come se tu vivessi molto questo tipo di problematica. "E’ così, è un mio modo di sentire le cose che ho sempre vissuto come molto personale. Questo è ciò di cui mi interessa scrivere, e credo che la musica mi abbia sempre aiutato a esprimere i miei stati d’animo e a condividerli con altri". Hai sempre pensato di fare il musicista, oppure ti piacerebbe anche cimentarti con la creatività in altri campi, come ad esempio la scrittura? "Ho sempre pensato che avrei voluto fare il musicista. Mi piacerebbe scrivere un libro, ma dovrei lasciar perdere la musica perché non riesco a fare due cose contemporaneamente. Visti gli impegni che ho con le canzoni non credo che questo succederà mai". Chi sono gli artisti che ammiri di più per l’intensità della loro musica? "Bob Marley, Jimi Hendrix, Sly Stone, Kurt Cobain". Cosa farai nei prossimi mesi? "Concerti. Poi, a gennaio, entrerò in sala per il nuovo album". Hai già scritto canzoni? "Sì, l’album è quasi finito". Complimenti, Mr. Ben Harper, e buon concerto....