
Paul Draper è stravolto. Quella con Rockol è probabilmente la decima intervista della giornata, e lui non è un tipo loquace, anzi. Quelli come lui mettono a nudo alcune crepe dellantica istituzione giornalistica chiamata "intervista". Ne ha tutti i diritti, naturalmente - e poi, che diamine, forse si tratta solo di antipatia nei confronti dellintervistatore. Comunque, dicono che Yorke dei Radiohead sia peggio.
Ecco dunque il leader dei Mansun, il gruppo il cui "Attack of the grey lantern" scalzò i Blur dal numero uno delle charts nel 96, e la sua descrizione di "Six", il secondo album della band di Chester, Inghilterra.
Qual è la cosa che ti chiedono più spesso?
"Non me lo ricordo".
Voi avete piazzato un sacco di singoli nelle charts. Ma sarai daccordo con me sul fatto che il vostro genere non è esattamente da classifica. Cosa pensi del vostro successo in termini di vendite?
"In realtà più che singoli noi produciamo EP. E questo ne favorisce la circolazione presso il pubblico dellalternative rock. Sono loro che li comprano. Anzi, forse questo ci fa vendere meno album: il nostro pubblico prende soprattutto gli EP".
Molti vi hanno inclusi nel brit-pop, ma voi sembrate andare in una direzione diversa. A quali gruppi vorresti che i Mansun fossero associati?
"A nessuno. Ho notato che la stampa straniera ci ha inseriti nel mucchio. Nel Regno Unito invece non siamo mai stati presi in considerazione nella parata del brit-pop. Anzi, a volte non siamo stati presi in considerazione del tutto. Non che la cosa mi sconvolga. Tv e teen magazines hanno comunque già tanta gente di cui occuparsi. Noi diamo una certa alternativa".
Però le canzoni dei Mansun tendono a essere delle piccole suites, e spesso durano otto o nove minuti, il che ha suggerito un accostamento con il progressive-rock. E un tipo di musica che conosci, che ascolti?
"A dire la verità, no. Ascolto molto il Bowie del periodo berlinese, i Talking Heads e, tra i gruppi recenti, i Manic Street Preachers".
Sempre pensando alla struttura dei vostri brani, come nascono le canzoni dei Mansun?
"Parole e musica nascono spesso in momenti separati. Metto insieme pensieri e riflessioni a spunti musicali. Ma non mi va di sacrificare le liriche alla musica. Penso che il testo di una canzone debba rimanere in piedi anche quando togli la musica".
E se togli le parole, le canzoni rimangono in piedi?
"Hmmm... In parte sì. Ma temo che senza parti vocali sarebbero abbastanza noiose".
Visto che ci sono bands che da uno dei vostri brani potrebbero trarre materiale per tre canzoni, non avete mai pensato a un compromesso con voi stessi, una volta che vi siete imbattuti in un ritornello "vincente", col quale avreste potuto comodamente avere un hit single?
"Sì, dal punto di vista commerciale sappiamo di essere autodistruttivi. Ma credo che una volta che si abbassa la guardia rispetto a questo tipo di cinismo, poi non si può più tornare indietro. Cominceremmo a non fare più la musica che vogliamo fare - che è esattamente questa - e a fare la musica che vuole qualcun altro. E non è detto che sia il pubblico: magari sono solo i discografici. Noi facciamo musica per noi stessi. Se al pubblico piace, bene. Non siamo mai stati molto di moda... la gente ci deve scoprire. Quelli che lo fanno, in genere non ci mollano più, e diventano hardcore fans".
Cosa significa, nel disco, quellinserto dallo "Schiaccianoci" di Ciaikovskij? Ha laria di una cosa molto personale.
"No, è solo un momento in cui ci stava bene una cosa molto bizzarra".
Okay... Ma come riuscirete a suonare dal vivo materiale complicato come quello di "Six?". Credo che serva una sincronia pazzesca allinterno della band.
"Molti di questi pezzi sono nati mentre eravamo in tour, e quindi li abbiamo inseriti uno alla volta in scaletta. Quindi sappiamo già suonarli dal vivo".
Da cosa deriva il titolo "Six"?
"Da un vecchio telefilm inglese, uno che trasmettevano negli anni 60. Si intitolava "The prisoner".
Me lo ricordo! Lo facevano anche da noi. Forse ero troppo piccolo, però mi pare di ricordare che era complicatissimo.
"Questo contribuiva a renderlo interessante. Il personaggio principale si chiamava "Six". Lavevano tolto alla sua realtà, gli avevano dato un numero invece che un nome e lo avevano intrappolato in un villaggio. Ho pensato a lui come emblema di chi si sente imprigionato, accerchiato".
E i libri raffigurati sulla copertina e nellinterno?
"Una scelta casuale. Non cè nessun riferimento preciso".
Davvero? Neanche in quel libro di Ron Hubbard il cui titolo è ritoccato in "Dienetics" con la "e", per scrivere "morire ed etica" invece che "Dianetics"?
"Così. Nessuna seconda intenzione".
In unintervista hai detto che il vostro primo album era scritto da "gente che non era mai uscita da Chester, Inghilterra".
"Davvero?"
Non ricordi? O comunque, non è vero?
"E abbastanza verosimile. Probabilmente il nostro primo album aveva quel tipo di prospettiva".
E adesso che hai visto il mondo, dopo il vostro lunghissimo tour, che te ne pare?
"Ho visto un sacco di cose e spero di averle messe nelle liriche".
Nei vostri pezzi parlate spesso dei mass media, addirittura della pay tv...
"Il mondo si è molto modernizzato, quasi senza che ce ne accorgessimo. Soprattutto i media sono molto potenti. Sono in mano ai politici. E ai ricchi. E noi ne siamo ostaggi".
Beh, voi come gruppo avete una strategia in proposito?
"No, ci barcameniamo".
Sai, nelle tue canzoni non sembri così arrendevole.
"I Mansun vogliono solo essere pagati per fare i loro dischi, nientaltro".
Marilyn Manson sta diventando molto popolare. Voi avete un nome quasi simile. Vi crea dei problemi?
"No".
Perché avete scelto questo nome?
"Per Charlie Manson. E in effetti abbiamo cambiato la "o" in "u" perché nessuno ci confondesse con Marilyn Manson".
Cosa sai di Manson, hai letto le cose che ha scritto?
"No".
Daccordo...Verrete a suonare in Italia?
"Sì, con i Manic Street Preachers, per un paio di concerti a novembre".
Ci eri già stato?
"Sì a sciare,e poi a Napoli, Venezia, Genova, Roma, per suonare e per un po di vacanze. LItalia mi piace".