"Wicked", un musical che funziona anche al cinema

Quando nel 2003 il musical di “Wicked” arrivò a Broadway, non tutta la critica riuscì a intuirne il potenziale. Le canzoni composte da Stephen Schwartz andavano in una direzione differente dai musical di grido dell’epoca, in un momento in cui sui palchi newyorkesi e londinesi erano lanciatissime produzioni più intimiste e mature nei toni e nei temi.
Adattamento teatrale del romanzo del 1995 di Gregory Maguire che ribaltava i ruoli ne “Il mago di Oz”, "Wicked" portava con sé messaggi d’inclusione e d’accettazione del diverso, in una cornice brillante e pop e con una produzione opulenta e coloratissima. La complessità e l’ambizione tecnica dietro lo spettacolo rivaleggiavano con quella delle doti canore necessarie a intonare la canzone destinata a definire l’intero spettacolo: “Defying Gravity”. Un pezzo leggendario, che ha reso una star internazionale la sua interprete la stella di Broadway Idina Menzel.
In Italia è l’attrice e cantante è nota soprattutto come interprete di quella hit inarrestabile di “Let It Go” dal film “Frozen”, una canzone che ha scritto un’epoca e una pagina di storia del cinema. Se Elsa non si fosse scongelata, Idina sarebbe comunque rimasta nella storia della musica per la sua interpretazione di una canzone in grado di far spiccare il volo al suo musical di provenienza, sfidando le leggi della fisica, da titolo.
Come ampiamente spoilerato sui social Idina Menzel e Kristin ChenowethIn - le due interpreti dello spettacolo musicale - faranno una capatina anche nella Oz cinematografica, quasi a voler passare il testimone alle loro epigone cinematografiche Ariana Grande e Cynthia Erivo. Sarà il momento in cui capirete se in sala c’è qualche fanatico di Broadway e dintorni, perché comincerà a dimenarsi sulla poltrona.
In barba allo scetticismo di alcuni, in vent’anni "Wicked" è diventato un monumento della cultura pop statunitense, un classico che sembra esistere da sempre, le cui basi poggiano su un altro classico senza tempo: “Il mago di Oz”. “Wicked” è una messa in guardia da un certo tipo di revisionismo storico: la storia la fanno i vincitori, specie quando scelgono di appuntare sul petto il ruolo dei cattivi a chi sosteneva idee loro opposte. Sembra scritto pochi giorni fa, sembra parlare del presente politico e non. Era avanti di vent’anni, o forse, come i veri classici, ha raccontato un qualcosa che parla all’esperienza umana universale
“Wicked” il film si chiude esattamente sulle note di “Defying Gravity”, dopo due ore e quaranta che ci dicono che sì, abbiamo un nuovo musical entusiasmante a tenerci compagnia questo Natale. Non è così sfavillante come la sua controparte teatrale, da cui prende in prestito praticamente tutto, ma funziona, eccome. Lo si dice in queste ore con un sospiro di sollievo, perché Universal su questa uscita ha puntato tantissimo e speso ancora di più in una campagna promozionale faraonica.
Non è un film perfetto e non lo è perché fa una scelta di campo molto rischiosa: non asciuga lo spettacolo di riferimento, non rinuncia a nessuna canzone, e anzi si allunga e distende fino alla sua infinita durata, che copre solo la metà della storia, arrivando appunto alla sua canzone simbolo. Grazie alla potenza di questa hit il film ha un finale degno del suo climax, che dà un senso di chiusura alla storia, lasciando però l'incipit privo di risoluzione. Le lungaggini nella parte centrale si fanno sentire, ma la noia è lontana.
Il merito è soprattutto della forte narrazione musicale del film e delle sue interpreti A differenza degli ultimi musical visti in sala (da “Wonka” a “Joker: Folie à Deux”) ha nella manica una serie di canzoni che funzionano a un primo ascolto e ti si piantano nel cervello, come la frivola “Popular” o l’emozionante “I’m not that Girl”. Puro materiale da musical, tutto acuti, virtuosismi e crescendo emozionali, ma della miglior fattura.
Lo si segue benissimo anche ignorandone le origini letterarie e teatrali. Complice l’ultima evoluzione delle principesse Disney (che hanno probabilmente sentito, tra le tante influenze, proprio quella del duo protagonista di “Wicked”) per lo spettatore inconsapevole sarà come essere immerso in un live action con due moderne principesse, più maliziose e consapevoli di un tempo.
Così mentre i fan si godranno i tantissimi riferimenti, omaggi e spunti pensati per essere colti solo da loro, come a dargli di gomito, il resto del pubblico si godrà una storia basata su grandi archetipi che funziona perché ha tutto quello che alla fine si richiede a un musical che finisce al cinema: di sfidare i limiti dei palchi teatrali, di superare in opulenza costumistica e scenografica le quinte di Broadway.
“Wicked” rilancia più che può in questo senso, anche se spesso ricorre alla scorciatoia degli effetti visivi un po’ di bassa lega (una mossa degna del Mago di Oz). Preferisce investire in un cast che è l’altro motivo del suo successo. Al timone dell’operazione ci sono Ariana Grande nei panni della popolare, superficiale e frivola Glinda e l’ostracizzata ma acuta e pungente Elphaba, interpretata da Cynthia Erivo.
Le due attrici sono complementari quanto richiesto dal ruolo. Erivo ha una lunghissima storia teatrale alle spalle, la capacità di tenere testa alle note più alte delle canzoni del suo personaggio ma risulta forse più incisiva nelle parti di recitazione pura e tradizionale, dove dà complessità alla protagonista del film.
Ariana Grande, che ha tempi comici notevoli e capacità vocali impressionanti, soffre come sempre le parti più coreografiche (non ha mai nascosto di detestare questa parte dell’essere una pop star), faticando un po’ nei passaggi da commedia slapstick, nelle movenze forzate e affettate del suo personaggio. Sulla parte vocale, ovviamente, passeggia da un’ottava all’altra come se le riuscisse più facile che respirare.
L’aspetto vincente della sua interpretazione è che il personaggio di G(a)linda è Ariana Grande: la sua aura da pop star, le sue intricate vicende di gossip e frecciatine, l’estetica iper femminile e civettuola che accompagna da sempre la sua immagine musicale sono identiche a quelle della controparte filmica. Capire dove finisca il personaggio e dove inizi la pop star è a tratti impossibile. Per una volta insomma la carta vincente è l’ingombrante personalità dell’interprete rispetto al personaggio. Grande la scena la ruba eccome, ma lascia quando necessario lo spazio a Erivo. All’inizio Erivo fatica a venderci la ragazzina incapace di farsi valere, ma quando libera sé stessa e riscrive la sua personalità, spacca lo schermo.
Alla fine il segreto sta tutto qui: “Wicked” film funziona perché ha dietro un grande musical che adatta con rispetto e fedeltà, scegliendo delle interpreti all’altezza della sua sfida canora. Quello che gli manca per essere un grande film è un regista ai livelli di un Rob Marshall, di un Baz Luhrmann, di un Bob Fosse, uno capace di scrivere la storia anche dal punto di vista cinematografico. Jon M. Chu non è un maestro né un fuoriclasse, ma al contrario uno che ha fatto film commerciali di ogni tipo, dai balletti del franchise Step Up al musical di "In the Heights", passando per carrozzoni commerciali di ogni genere. Anche se “Wicked” è a tratti un po’ disordinato e poco incisivo in comparti in cui dovrebbe brillare (dove sono le coreografie?), se sta insieme è perché lo conduce un mestierante che sa il fatto suo e riesce a tenere insieme tantissime ambizioni differenti, senza lasciarsi sfuggire il film.
Wicked è nelle sale dal 21 novembre 2024. Universal lo presenta in due edizioni: doppiaggio originale sottotitolato e doppiaggio italiano, con adattamento anche della parte musicale, ricantata in italiano.