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«LOU REED - IL LATO SELVAGGIO DEL ROCK - Victor Bockris» la recensione di Rockol

Victor Bockris - LOU REED - IL LATO SELVAGGIO DEL ROCK - la recensione

Recensione del 30 ott 1999

Arcanaeditrice, pagg.456, £ 36mila

La recensione

«Quando alla fine di febbraio il nuovo album dal vivo, ROCK’N’ROLL ANIMAL, fu pubblicato negli Stati Uniti – soltanto cinque mesi dopo BERLIN, fu universalmente acclamato. La giovane Chrissie Hynde, che recensì il disco per il New Musical Express, scrisse: «Sembra una scimmia legata alla catena, un giullare di corte: lo si sente rifugiarsi in un angolo, deforme e grottesco, raggomitolato in preda a un terrore divorante. Lou l’animale. Frusta in un modo che farebbe raggelare all’istante tutti i modaioli sadomaso che si vedono in giro in questo periodo. E il pubblico lo applaude dopo ogni canzone, siamo con te, sì, tutte quelle canzoni ci sono sempre piaciute, ah-ah-ah. Beh, lui vi odia». Ma Timothy Ferris di Rolling Stone in marzo scrisse che era finalmente diventato “un rocker e non una cantante raffinata”. Ferris aggiunse: «ROCK’N’ROLL ANIMAL, un album di classici di Reed, si apre con “Sweet Jane” e un’improvvisazione della band prima che Reed salga sul palco, il che dimostra che, a differenza dei suoi gruppo precedenti, questa è una band di prim’ordine. Ciò che resta del primo lato del disco è dedicato a una versione monumentale e disturbante di “Heroin”. E’ sinistra e sconvolgente, affonda in un organo insicuro ed è tesa su una serie di eccessivi riff di chitarra. Il brano ha l’atmosfera di una cattedrale durante una messa nera, in cui l’eroina è Dio. ROCK’N’ROLL ANIMAL è molto meno claustrofobico e oppressivo di BERLIN, ma a molte persone farà schifo lo stesso. Checche, tossici e sadici non sono affatto persone gradevoli, ma Reed lavora sulla loro sensibilità. Le sue canzoni non offrono speranza. Niente cambia, niente migliora».

Signore e signori, Lou Reed, il lato selvaggio del rock. A dire poco, perché in realtà in questo libro c’è molto di più. Anzitutto c’è un autore, Victor Bokris – amico di Reed e biografo anche di John Cale e William Burroughs, come dire uno che quel giro lo frequenta davvero – che non si fa scrupoli, quando è il momento, di tirare mazzate sullo stesso Reed, mettendone in mostra di volta in volta l’inarrivabile egocentrismo, il sadismo, l’immaturità così come l’indiscutibile talento e la capacità di consacrarsi totalmente alla sua causa artistica. Lewis Alan Reed, nome di battesimo di Lou Reed, nasce quasi già morto, in questo senso, perché è subito Lou Reed a pigliare il sopravvento, per una carriera interminabile fatta di grande e oscuro rock’n’roll, di una vita coacervo di perversione, follia, decadenza e intensità. Il viatico diventa via via più ‘solare’ – per quello che una parola del genere possa significata rapportata a questo artista – con il passare degli anni, e il Lou Reed di questi anni sembra un signore che ha fatto pace con il proprio passato e vive con possibile serenità la sua quotidianità a New York in compagnia di Laurie Anderson. Nel libro molto spazio è dato anche ai singoli lavori che hanno caratterizzato la sua carriera, dai primi tempi dei Velvet Underground passando attraverso la fase Andy Warhol, quella David Bowie, quella Rachel (il travestito con cui fece coppia fissa per un discreto periodo di tempo) e quella, maggiormente canonica, più recente. Un racconto intenso, un must per gli appassionati del rock, che avranno anche la possibilità di leggere, in fondo al volume, una bella intervista a Reed firmata da Luca Valtorta di Jam e un’intervista a William Burroughs fatta dallo stesso Reed. Da non dimenticare la presenza di numerosi aneddoti succulenti come quello che segue, raccontato dall’allora responsabile del marketing della RCA, Frank O’Donnell: «Un giorno una segretaria di mezza età, vestita e pettinata in modo molto tradizionale mi chiese che cosa potevo dirle di ‘ questo musicista, questo Lou Reed’. Io le risposi: “Beh, so che era amico di Andy Warhol e faceva parte dei Velvet Underground. Una delle sue canzoni si intitola “Heroin”, quindi credo che abbia un grosso seguito tra i drogati. Ha uno stile un po’ alla David Bowie, sa, trucco, rossetto, cose del genere, e perciò piace molto agli omosessuali. Fa un rock’n’roll piuttosto selvaggio…come mai le interessa?”. La signora si guardò intorno, con circospezione. Poi, sottovoce, mi disse: ‘E’ mio nipote. Mi raccomando, non lo dica a nessuno’». Enjoy.

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