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«THE SKY, THE EARTH & ALL BETWEEN - Architects» la recensione di Rockol

Architects, metalcore per il mainstream: perché la vita fa rumore

Siamo già di fronte al miglior album metal del 2025?

Recensione del 15 mar 2025 a cura di Elena Palmieri

Voto 8/10

La recensione

“Can we ready ourselves for the outrage?”, “Possiamo prepararci all’indignazione?”, urla Sam Carter in “Whiplash”. Gli Architects, con “The Sky, the earth & all between”, loro undicesimo album in studio, non aspettano risposta: attaccano.

Il ritorno della furia: il suono di un mondo in fiamme

Dopo anni di esplorazioni tra metalcore atmosferico e industrial, la formazione originaria di Brighton riscopre il piacere dell’assalto frontale. Trame elettroniche aprono il disco con “Elegy”, che esplode poi in un riff melodeath e in un grido che scortica la pelle. “My head is fucking haunted / They’re coming for my soul / You’ve taken everything you wanted / But did you consider the toll? / Hell no, a guilty conscience? / I doubt that you'd ever had one”,  “La mia testa è tormentata / Stanno venendo per la mia anima / Hai preso tutto quello che volevi / Ma hai considerato il prezzo? / Diamine no, coscienza sporca? / Dubito che tu ne abbia mai avuta una”, sentenzia il frontman, mentre la sua voce è tirata mescolando urla e growl.

La tensione si propaga in ogni angolo del disco. “Whiplash” condanna l’ossessione per le guerre culturali e l’incapacità dilagante di trovare un punto di incontro quando si hanno opinioni diverse. Su scariche di chitarra e basso, per mano di Adam Christianson e Alex "Ali" Dean, con la batteria di Dan Searle che sfugge via tra frenesia ed elettronica, la voce di Carter è sempre più esasperata mentre il ritornello è già tutto da cantare a squarciagola: “Is the world done fucking around? / We bow to the crown, dripping in blood, lit under halos”, “Il mondo ha finito di giocare col fuoco? / Ci inchiniamo alla corona, grondanti di sangue, illuminati da aloni”.
“The Sky, the earth & all between” è un album dove ogni colpo è calcolato: “Blackhole” prende il via con un’elettronica in stile Prodigy, prima di deflagrare in un ritornello che si appiccica in testa: “Midnight, we cut the power lines / No light but the fire in my eyes / Is today so hollow if there were no tomorrow?”, “A mezzanotte, abbiamo tagliato i cavi elettrici / Nessuna luce se non il fuoco nei miei occhi / Oggi sarebbe così vuoto se non ci fosse un domani?”. Dopo brani come “Brain dead”, che alterna hardcore e hyper-pop glitchato aprendo la band verso nuove sperimentazioni, verso la fine arriva quindi “Seeing red”, una dichiarazione di guerra contro chi pretende dagli Architects un ritorno ai bei tempi andati: “Time hasn't frozen, why do you want me to scream? / Il tempo non si è fermato, perché vuoi che urli?”.

Il metalcore come forma di linguaggio universale 

La rabbia degli Architects non è cieca distruzione, ma comunicazione. Il metalcore è stato a lungo un genere diviso tra chi lo voleva ancorato alla sua radice più dura e chi cercava aperture melodiche. “The Sky, the earth & all between” trova il suo equilibrio. Brani come "Whiplash", che mescolano ferocia nelle strofe e limpidezza nei ritornelli, richiamano addirittura band nu metal di metà anni Novanta, inizio Duemila, tra Linkin Park e Korn. L’evoluzione stilistica è però evidente in un pezzo come "Everything ends", che abbraccia il pop-metal dei Bring Me The Horizon dopo il loro "That’s the spirit", e in "Judgement day" con la partecipazione della cantante di Los Angeles Amira Elfeky. "Landmines" arriva come il pezzo più radiofonico del disco e gli Architects sembrano surclassare i Linkin Park di oggi. A chiudere il cerchio ci pensa poi l'emozione della conclusiva "Chandelier", in cui l'album sfuma tra suoni edm e la confessione di Carter, che nel ritornello e sul finale sussurra: "No more lies if I disappear", "Niente più bugie se scompaio".

L’album della consacrazione definitiva?

Gli Architects hanno modellato il metalcore moderno, e con questo album dimostrano di saperne ancora ridefinire i confini. La produzione di Jordan Fish (ex Bring Me The Horizon) rende tutto più coeso, portando quel tocco industrial che aveva già valorizzato il lavoro di Poppy. Ma non è solo una questione di suono: è un album di urgenza e sostanza, che spinge ogni canzone oltre il semplice impatto sonoro per trasformarla in un messaggio. Con i loro ultimi due album, "For those that wish to exist” (2021) e “The classic symptoms of a broken spirit” (2022), Sam Carter e soci si erano in qualche modo allontanati dalla complessità musicale e tematica dei precedenti lavori, a favore di nuovi stimoli, molti dei quali già meno pesanti e intenzionalmente orecchiabili. Dopo due dischi conseguentemente piuttosto divisivi, “The Sky, the earth & all betweenarriva a rincuorare chi pensava che gli Architects si stessero gradualmente allontanando dalla loro dimensione colossale. Con il nuovo album, però, la band si rivolge comunque al mainstream, ma senza perdere la sua identità. Forse “The Sky, the earth & all betweenè davvero il miglior album metal del 2025 finora, ma la domanda non è se lo sia: la domanda è se qualcuno riuscirà a fare di meglio.

Tracklist

01. Elegy (03:35)
02. Whiplash (03:46)
03. Blackhole (03:20)
04. Everything Ends (03:40)
05. Brain Dead (02:48)
06. Evil Eyes (03:51)
07. Landmines (03:34)
08. Judgement Day (03:14)
09. Broken Mirror (03:10)
10. Curse (03:01)
11. Seeing Red (03:40)
12. Chandelier (04:06)
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