
Certo, per i britannici non siamo più un popolo di pizze e mandolini. Adesso che il mandolino è stato un po’ messo da parte e a Londra sfornano certe pizze che a volte sono migliori di quelle italiane, siamo Pavarotti e Ferrari. A volte Ferrari e Valentino Rossi. I più colti citano l’opera, La Scala. I fashionisti parlano di Dolce & Gabbana. Il vino. Certo che siamo sempre da quelle parti. Desta quindi piacevole stupore che una pubblicazione a grande diffusione del Regno Unito dedichi un servizio al rock tricolore. Parlare di rock italiano, per il cittadino medio di Sua Maestà, è sicuramente un fatto altamente inusuale se non forse anche buffo: più o meno come per noi leggere che in Cina c’è un’orchestra locale specializzata in liscio e che offre piadine al pubblico. Ad infrangere il tabù è il Sunday Times, domenicale del titolato Times di Londra. Ormai del tutto svecchiati, da decenni non più ingessate voci della City, Times e Sunday Times sono pubblicazioni a cui piace curiosare, verbo che poi dovrebbe essere l’essenza stessa del giornalismo. Il Sunday Times, si diceva, parla del rock italiano. Il reporter ha scelto un approccio non molto convenzionale. Dopo il prevedibile incipit, in cui il giornalista ricorda che l’Italia è un grande Paese ma che finora di rock non ne ha esportato neppure un grammo, lo stesso, per far comprendere ai propri lettori che le cose stanno iniziando a cambiare, sceglie dei gruppi molto meno prevedibili del suo incipit. E parte dai Disco Drive, gruppo definito “punk-funk di Torino”, probabilmente perché il secondo album della band, “Things to do today”, ha ricevuto un 8 in pagella dall’NME; il New Musical Express starà anche perdendo copie, ma è pur sempre un punto di riferimento. “C’è un grosso problema in Italia”, dice al ST il batterista Jacopo Borazzo, “se non canti in italiano, non diventi importante”. Probabilmente Elisa a parte. I Disco Drive hanno recentemente compiuto la loro nona visita in Gran Bretagna e vengono considerati come “uno dei gruppi con ambizioni a livello globale”. Il giornalista riferisce poi dei Settlefish e dei Cut, entrambi bolognesi. Il sound dei Settlefish viene descritto come “orecchiabile combinazione tra un attacco alla Fugazi e melodie alla Pavement”. Il cantante Jonathan: “Ci fanno: ma sei italiano? E davvero fai rock? La gente tende a pensare, per quanto riguarda la musica, che l’Italia sia un Paese del Terzo Mondo”. Ferruccio Quercetti dei Cut dice: “L’Italia è un Paese strano, con la sua musica ed il suo show business. Le etichette non sono abituate a distribuire all’estero. Ci sono un sacco di ottimi gruppi che sono nati e morti in Italia senza che all’estero qualcuno se ne fosse accorto”. Il giornalista, verso la fine del servizio, scrive anche dei più noti Verdena e riporta che il gruppo è “tra i maggiori d’Italia e suona regolarmente davanti a 3000 persone”. Sentendo il cantante e chitarrista Alberto Ferrari, il Sunday Times scrive che la formazione bergamasca “ora si appresta a portare il suo stravagante stoner-rock in Gran Bretagna”.
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