
“Latitanza” è una delle tante rime su cui gioca il testo de “La paranza”, la canzone che Daniele Silvestri porta al Festival di Sanremo. Ma è anche un dato di fatto: dopo “Salirò” (2002), il tour successivo e un disco dal vivo nel 2003, il cantautore romano si è dato alla macchia. Intitolare il disco del ritorno “Il latitante”, allora, era quasi inevitabile. “Dopo il successo di ‘Salirò”, racconta Daniele, negli uffici milanesi della sua casa discografica, dove oggi ha incontrato la stampa, “avevo sicuramente bisogno di sparire, perché tutto era andato oltre ogni previsione e oltre ogni limite. Certo non immaginavo di starmene così lontano dalle scene”. Questioni di famiglia, anche: i due figli avuti con l’attrice Simona Cavallari l’hanno portato a fare il padre per un po’ di tempo. Poi il ritorno alla musica: “Ho iniziato a scrivere, ma poi ho capito che dovevo rompere certi automatismi, mi sono messo a ristudiare gli strumenti, per esempio. E mi sono ritrovato con molta carne al fuoco, con molta confusione. Era come un cantiere su cui stavo costruendo una casa: continuavo ad allargare il terreno di lavorazione, a buttare le fondamenta per nuovi edifici e a non terminarne nessuno. Adesso che tutto è finito sono contento e credo pure che il risultato sia abbastanza omogeneo”.
“Il latitante” è un disco in cui Daniele Silvestri continua, come ha sempre fatto, a giocare con gli stili musicali, ma con una nuova maturità. C’è il doppio fondo allegro ma non troppo de “La paranza”, o le riflessioni più intimiste di “Mi persi”, la canzone "gaia" "Gino e l'Alfetta".
“Sanremo mi è servito soprattutto per obbligarmi a finire il lavoro. Me l’hanno proposto collaboratori, discografici, e io ho accettato volentieri proprio per questo motivo, anche se la canzone non era stata scritta apposta. ‘Il latitante’ in realtà è un disco che parla della quotidianità”, dice tornando all’album. “Non è che faccia il disimpegnato, anzi, la voglia di prendere posizione, di mettere la faccia non è passata, semmai è aumentata in questi anni. Credo che il segno più brutto di questi tempi sia il modo in cui ci turiamo il naso e accettiamo tutto: di questo, per esempio, parla una delle canzoni che sembrano più leggere del disco, ‘Love is in the air’: finiamo per abituarci a tutte le puzze che ammorbano l’aria”.
Una canzone, “Che bella faccia”, prende autoironicamente in giro l’amore-odio per Berlusconi: “Ho invitato Mariano Apicella a suonarci la chitarra”, dice sorridendo, pensando al “posteggiatore” napoletano con cui l’ex premier ha firmato diverse canzoni. “Gliel’ho fatta ascoltare. Lui è rimasto in silenzio, e poi ha declinato l’invito dicendo: ‘Daniè, qua ci arrestano tutti e due, a me e a te’”.
Adesso che il disco è finalmente finito, passato Sanremo (dove si esibirà nella serata di giovedì con Capone & Bungt Bangt, e per il quale sta preparando qualche sorpresa per la performance), non ha più intenzione di allontanarsi più dalle scene per un po’ : “Il tour partirà a maggio e poi vorrei che non finisse mai. Poi ci sono altre idee: forse uno spettacolo con canzoni inedite, un ritorno al teatro – che è sempre salutare - forse un progetto con gli IntiIllimani”, che appaiono in “Ancora importante”. “Adesso va bene latitare, però…”, conclude con un sorriso.
“Il latitante” è un disco in cui Daniele Silvestri continua, come ha sempre fatto, a giocare con gli stili musicali, ma con una nuova maturità. C’è il doppio fondo allegro ma non troppo de “La paranza”, o le riflessioni più intimiste di “Mi persi”, la canzone "gaia" "Gino e l'Alfetta".
“Sanremo mi è servito soprattutto per obbligarmi a finire il lavoro. Me l’hanno proposto collaboratori, discografici, e io ho accettato volentieri proprio per questo motivo, anche se la canzone non era stata scritta apposta. ‘Il latitante’ in realtà è un disco che parla della quotidianità”, dice tornando all’album. “Non è che faccia il disimpegnato, anzi, la voglia di prendere posizione, di mettere la faccia non è passata, semmai è aumentata in questi anni. Credo che il segno più brutto di questi tempi sia il modo in cui ci turiamo il naso e accettiamo tutto: di questo, per esempio, parla una delle canzoni che sembrano più leggere del disco, ‘Love is in the air’: finiamo per abituarci a tutte le puzze che ammorbano l’aria”.
Una canzone, “Che bella faccia”, prende autoironicamente in giro l’amore-odio per Berlusconi: “Ho invitato Mariano Apicella a suonarci la chitarra”, dice sorridendo, pensando al “posteggiatore” napoletano con cui l’ex premier ha firmato diverse canzoni. “Gliel’ho fatta ascoltare. Lui è rimasto in silenzio, e poi ha declinato l’invito dicendo: ‘Daniè, qua ci arrestano tutti e due, a me e a te’”.
Adesso che il disco è finalmente finito, passato Sanremo (dove si esibirà nella serata di giovedì con Capone & Bungt Bangt, e per il quale sta preparando qualche sorpresa per la performance), non ha più intenzione di allontanarsi più dalle scene per un po’ : “Il tour partirà a maggio e poi vorrei che non finisse mai. Poi ci sono altre idee: forse uno spettacolo con canzoni inedite, un ritorno al teatro – che è sempre salutare - forse un progetto con gli IntiIllimani”, che appaiono in “Ancora importante”. “Adesso va bene latitare, però…”, conclude con un sorriso.
Schede:
La fotografia dell'articolo è pubblicata non integralmente. Link all'immagine originale