Gli AC/DC e l’arte di trascendere il tempo
Dalla scorsa estate a oggi, in occasione dei suoi 45 anni, "Back in black" (dall'omonimo album del luglio 1980) è ricomparsa in varie classifiche. Nulla di cui stupirsi: nella classifica dei brani e dei dischi senza tempo, il classico degli AC/DC occupa sicuramente un'ottima posizione.
Nel febbraio 1980, la band è colpita da un lutto improvviso: il frontman Bon Scott muore a soli 33 anni per complicazioni legate all’alcol. In molti danno per finita la carriera degli AC/DC. Tuttavia, i fratelli Malcolm e Angus Young decidono di continuare, scegliendo come nuovo cantante Brian Johnson. Nell'aprile del 1980 si recano ai Compass Point Studios alle Bahamas con il produttore Robert John “Mutt” Lange, che ha già collaborato con la band sul disco precedente. In poco più di sette settimane registrano un album che rilancia il gruppo in un’epoca nuova, senza dimenticare il passato: il titolo e la copertina “total black” rapppresentano il lutto per la perdita di Scott.
Per il resto, cioè musicalmente, non c'è lutto in "Back in black": è un disco di puro hard rock, di riff serrati e ritmi martellanti. Il brano di apertura, "Hells bells", comincia con il suono di una campana che evoca chiaramente la morte di Scott, ma esplode immediatamente in pura energia. Tra i pezzi “sigillo” ci sono "You shook me all night long", simbolo di trasgressione e di divertimento rock’n’roll, e la title track, che diventerà un inno generazionale.
"Back in black" non è solo un capolavoro: è un fenomeno. Vendite mondiali stimate intorno alle 50 milioni di copie, uno degli album più venduti nella storia della musica. Terzo più venduto di sempre negli Stati Uniti. Una pietra miliare per l'hard rock dagli anni Ottanta in poi.
Perché, 45 anni dopo, "Back in black" non invecchia? Perché è semplice ed efficace allo stesso tempo; perché è iconico in tutto, dalla copertina, ai tormentoni; perché trasforma una tragedia in una festa rock. E in un pezzo di storia della musica.