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Francesco De Gregori, "Rimmel" e quei dischi "beni rifugio"

C'è un concetto legato al mondo dell'economia che si presta a spiegare l'attualità del capolavoro.
Francesco De Gregori, "Rimmel" e quei dischi "beni rifugio"

Intervistando più o meno recentemente Vinicio Capossela ho scoperto il concetto di «bene rifugio». Capossela ha intitolato così uno dei brani contenuto nel suo album “Tredici canzoni urgenti”, premiato con la Targa Tenco nel 2023 come “Miglior album in assoluto”. Quello del «bene rifugio» è un concetto legato al mondo dell’economia e della finanza. Copio e incollo dal sito della Treccani: «Bene rifugio: categoria di di beni che il risparmiatore ritiene sia in grado di preservare la ricchezza reale nel tempo e, in periodi di inflazione, di conservare il valore reale dell’oggetto acquistato. I beni rifugio non sono esposti a perdite in conto capitale per la fluttuazione dei loro prezzi, in quanto sfuggono alla svalutazione o la subiscono in misura minore del denaro liquido: pertanto, vengono richiesti in quanto considerati meno soggetti alle conseguenze di una crisi economico-finanziaria». In altre parole, un «bene rifugio» è un asset considerato sicuro e stabile, il cui valore tende a mantenersi o addirittura ad aumentare anche durante periodi di crisi economica, instabilità politica o alta volatilità dei mercati finanziari.

Vinicio Capossela, naturalmente, dava al concetto di «bene rifugio» un significato diverso da quello di natura economico-finanziaria: nella sua canzone, descritta come «una ninna nanna romantico-finanziaria», il cantautore di origini irpine - considerato il cantautore per antonomasia della musica italiana degli ultimi trent’anni: ha vinto sei Targhe Tenco, i massimi riconoscimenti della cosiddetta “canzone d’autore” italiana, e un Premio Tenco alla carriera - invitava a trovare il bene rifugio non nei beni economici ma nell’amore, «che è rifugio ma anche rivoluzione perché trasforma la fragilità in forza e oppone l’unione alla disgregazione generata dalla guerra».

Che c’entra Vinicio Capossela con Francesco De Gregori e “Rimmel”, di cui questo articolo dovrebbe parlare? Sostanzialmente nulla, se non per il fatto che entrambi sono considerati due giganti del cantautorato italiano. Ma riflettendo sull’attualità di “Rimmel” e chiedendomi se il capolavoro del Principe, che quest’anno compie cinquant’anni e per l’occasione viene celebrato con una ristampa (disponibile dal 19 settembre, con l’audio rimasterizzato a 192KHz: tra le migliori definizioni possibili, per chi non fosse un audiofilo) e un tour, possa essere considerato effettivamente in qualche modo attuale, mi è tornato in mente proprio quel concetto: «Bene rifugio».

Non è di sicuro nei suoni che “Rimmel” mantiene una sua attualità: seppur rimasterizzato, rimane un album del 1975 e suona, in maniera indubbiamente affascinante, come tale. Non è neppure nei testi che “Rimmel” mantiene una forma di attualità: canzoni come “Il signor Hood” (con protagonista un eroe solitario dietro la cui figura si nascondeva quella del leader dei radicali Marco Pannella), “Pablo” (sulla morte di un lavoratore spagnolo emigrato in Svizzera) o “Le storie di ieri” (sulla trasformazione dell’ideologia fascista e la sua trasformazione nel Movimento Sociale Italiano sotto la leadership di Giorgio Almirante, raccontata in maniera allusiva e metaforica) oggi suonano tremendamente démodé anche per il circuito cantautorale. È il contesto ad essere cambiato. La società. Ma è proprio questo suo essere fuori dal tempo che, paradossalmente, permette a “Rimmel” di mantenere una sua attualità. E qui viene da citare se non l’economia, la matematica: meno per meno uguale più, ci dicevano a scuola.

“Rimmel” è un disco estremamente attuale perché è un «bene rifugio», ed ecco spiegato tutto lo spiegone iniziale di questo articolo, che sembrava fine a sé stesso ma non lo era affatto: le mode musicali cambiano e si susseguono, le bolle scoppiano, i fenomeni compiono le rispettive parabole, ma il valore di certi capolavori rimane immutato e immutabile nel tempo e nulla può scalfirlo. C’è di più: in tempi di incertezza come quelli che stiamo vivendo a livello artistico, in cui tutto è spaventosamente volatile, effimero e caduco, dischi come “Rimmel” rappresentano punti fermi a cui tornare, anche per ritrovare almeno una parte dell’identità culturale collettiva. Non è una "storia di ieri": è una storia di ieri, di oggi e di domani. È qualcosa di cui ci sarà sempre bisogno. E che rimane, tra le pagine chiare e le pagine scure. 

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