Nick Cave in concerto a Mantova, la recensione

Oramai da qualche anno Nick Cave ha intrapreso una sorta di “Never Ending Tour”. In versione full band con i Bad Seeds, in duo con orchestra insieme al fidato Warren Ellis oppure in versione solista, il cantautore australiano ha portato in giro per il mondo senza pause le mille sfaccettature della sua produzione. E finalmente arriva anche in Italia questo spettacolo, pianoforte e voce, accompagnato solo dal basso di Colin Greenwood, nuova entrata nei Bad Seeds al posto di Martin Casey. Il tour italiano inizia proprio stasera nella splendida cornice di Piazza Sordello a Mantova, all'interno del Mantova Summer Festival, per proseguire nella storica Piazza Napoleone di Lucca, all'Anfiteatro degli Scavi di Pompei e concludersi a Roma all'Auditorium Parco della Musica.
In abito scuro
Sono passate da pochi minuti le 21.00 e con il solito elegante abito scuro Nick Cave si presenta sul palco, saluta calorosamente il pubblico, si siede al pianoforte e apre la serata con una versione sussurrata di “Girl in Amber”. “Performing songs from his extensive catalogue” è il sottotitolo che accompagna questo tour (che, confessa, sarà una “working holiday”) ed è lo stesso cantautore australiano che spiega benissimo quanto verrà proposto al pubblico italiano: un viaggio dagli esordi fino alle ultime fatiche discografiche, ma in una dimensione intima, a partire dalle location scelte, riportando le canzoni alla loro essenza, come quando arriva in studio e prima che vengano stravolte dal processo creativo di una band. Il concerto riparte con l'ipnotica “Higgs Boson Blues” (“vi avviso, è la canzone più lunga della serata, vi sto dando una scusa per andarvene prima”) e “Jesus of the Moon”, estratta dal controverso “Dig, Lazarus, Dig!!!”.
Palco vuoto
Il palco è vuoto: ci sono solo un pianoforte, l'amplificatore del basso di Colin Greenwood, delle quinte nere e poche luci, fisse e poco intense, che illuminano a malapena i musicisti. Non c'è spazio per altre distrazioni: il cuore dello show sono solo le canzoni e Nick Cave le introduce come se fossero dei suoi figli, raccontandone brevemente la genesi, alcune volte con ironia, altre volte con serietà, un po' come quando risponde alle domande dei fan attraverso la newsletter dei Red Right Hand Files. Prima di “Galleon Ship” spiega come in tutti i brani ci sia la presenza discreta di sua moglie Suzie, in platea insieme al figlio Earl, anche se non si è mai seduto con l'intenzione di scrivere una canzone e dedicarla a lei, ma in un qualche modo è sempre presente (in questo caso l'ispirazione nasce da una mattinata e la stava osservando mentre dormiva). La vera novità per chi segue Nick Cave è la grande sintonia con Colin Greenwood, il quale non si limita ad accompagnare al basso: si respira una affinità artistica, come se il loro rapporto duri da molti anni.
Intimità
La serata prosegue tra momenti molto intimi (in modo implicito, con “I Need You”, “Waiting for You” e più tardi con una struggente “Skeleton Tree” fa riferimento alla tragedia della morte del figlio Arthur e a quel periodo buio della sua vita), altri divertenti. Come quando per “Balcony Man” in pieno stile Nick Cave, prende di mira un paio di spettatori, gli unici che si affacciano da un balcone, chiedendo loro “di fare casino” ogni volta che pronuncerà “Balcony Man”. Prima della chiusura del set principale con “Push the Sky Away” c'è anche spazio per la cover di “Avalanche” di Leonard Cohen, presente nel disco di debutto con i Bad Seeds e che è stata quasi una epifania nella sua vita, quando ancora ragazzino l'ascoltò per la prima volta a Wangaratta, in Australia, piccola città di campagna in cui si era trasferito con la sua famiglia. Per i bis chiede alla security di permettere al pubblico di abbandonare le sedie della platea e di avvicinarsi alle transenne. “Watching Alice” (un regalo per i fan di prima data) “Love Letter”, la cover di “Cosmic Dancer” dei T-Rex di Marc Bolan (“uno dei testi più belli mai scritti” e durante il quale Colin Greenwood si esibisce in un assolo per nulla banale) anticipano la chiusura con il grande classico “Into My Arms”, l'unico brano che scioglie il pubblico dal silenzio quasi religioso con il quale ha assistito per tutta la serata.
Setlist:
Girl in Amber
Higgs Boson Blues
Jesus of the Moon
Oh Children
Galleon Ship
I Need You
Waiting for You
Joy
Papa, Won't Leave You, Henry
Balcony Man
The Mercy Seat
The Ship Song
Avalanche (cover di Leonard Cohen)
The Weeping Song
Skeleton Tree
Jubilee Street
Push The Sky Away
Encore:
Watching Alice
Love Letter
Cosmic Dancer (cover dei T-Rex)
Into My Arms