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Linkin Park a Milano: il peso del passato, la forza del nuovo

La band di scena a Milano per il primo concerto italiano con la nuova cantante Emily: il racconto
Linkin Park a Milano: il peso del passato, la forza del nuovo

“Perché non cambiano nome?!”; “Non sono più gli stessi”; “Ci sono artisti che non possono essere sostituiti”. Si sono letti, e si continueranno a leggere, molti commenti del genere sulla reincarnazione dei Linkin Park. Eppure, secondo i dati degli organizzatori, sono circa 78.500 i fan italiani presenti all’Ippodromo Snai La Maura per rivedere in azione la band, orfana di Chester Bennington dal 2017 e tornata solo lo scorso anno con una nuova cantante ad affiancare Mike Shinoda. Dopo anni di incertezze sul futuro della formazione statunitense, rifugiatasi in un silenzio di rispetto e riflessione dopo la tragica scomparsa di Bennington, è stato sciolto ogni dubbio con un ritorno a sorpresa, ma che si respirava nell’aria. E per rispondere alla domanda su come suonano i Linkin Park senza il loro storico frontman, il gruppo si è messo alla prova sui palchi e con un nuovo album, "From zero" (qui il traccia per traccia, e qui la recensione). Concluso un primo breve tour per scaldare i motori, ora la band è impegnata in una lunga tournée mondiale che il 24 giugno fa tappa a Milano nell’ambito degli I-Days per una data sold out. Per qualche giorno si è temuto per il peggio, visto l’annullamento della precedente data in Svizzera per un non meglio specificato “problema medico all'interno della band”. Ma, alla fine, ce la si è fatta alla grande. I Linkin Park nella loro nuova formazione, con la cantante Emily Armstrong e il batterista Colin Brittain, hanno addirittura organizzato una speciale iniziativa a base di pizza alla vigilia del concerto tricolore, come a voler tranquillizzare il pubblico milanese.

In un caldo pomeriggio di fine giugno, ad accendere l’entusiasmo dei fan dopo l’apertura dei cancelli, ci pensano i Jimmy Eat World, tra chitarre affilate ed emotività, prima dell’irruzione dei canadesi Spiritbox. Poco dopo le otto, il sole è ancora caldo nel cielo, e l’Ippodromo sembra una distesa infinita di persone. Tra il pubblico si riconoscono fan di ogni età, con i più accaniti accalcati contro le transenne. Alcuni di loro, già dalla mattina li si riconosceva per le vie di Milano con indosso la maglietta con l’inconfondibile logo “LP”. La data agli I-Days è, a suo modo, un evento simbolico per i fan: molti dei presenti, ignari allora di ciò che sarebbe accaduto poi, avevano assistito nel 2017 a quello che si sarebbe rivelato uno degli ultimi show con Chester Bennington, proprio nell’ambito dello stesso festival. All’Ippodromo, però, per questo nuovo appuntamento con i Linkin Park non si è accompagnati dai fantasmi del passato, ma da un senso di evoluzione necessaria e autentica. All’uscita dell’album “From zero”, scrivevamo che non è mai stato possibile aspettarsi che qualcuno potesse in qualche modo rimpiazzare Chester Bennington. A riportare in attività la band è stata infatti una voce dal timbro e dall’estensione diversi da quella di Bennington, ma pur sempre carica di potenza, in grado di omaggiare la potenza del compianto frontman, senza mettere in ombra se stessa e l’eredità di lui. Manca la presa allo stomaco che Chester riusciva a far provare; ma è giusto che le sensazioni vengano rinnovate. Anche dal vivo il gruppo si spinge verso una maggior luminosità, giocando sui punti di forza del proprio passato, ma aprendosi a un futuro carico di novità. Sul palco dell’Ippodromo arriva quindi la prima prova del live anche di fronte al pubblico italiano.

Il tempo si fa palpabile quando, a dieci minuti dall’ora X, i display accanto al palco mostrano il conto alla rovescia. A scandire gli ultimi attimi prima del concerto, però, quasi come se fosse uno scherzo, è “La solitudine” di Laura Pausini trasmessa dagli altoparlanti. Sull’ultima nota, intorno alle 21, dopo un momento del tutto imprevedibile, lo show può quindi incominciare. L’inizio è dettato da suoni elettronici, come scariche di elettricità, mentre si accende la scena, composta da più livelli, con una passerella che taglia in due il pit, led e schermi. La band prende così posto sul palco, presentando per la prima volta ai fan milanesi la rinnovata formazione che, accanto ai nuovi elementi, vede schierati i membri storici Mike Shinoda, Dave “Phoenix” Farrell e Joe Hahn, oltre al chitarrista turnista Alex Feder.

La serata è un concerto di quasi due ore di musica, strutturato in quattro atti, più un bis, durante i quali la band si rimette alla prova con alcuni classici, è dà prova di una rinnovata energia con canzoni tratte dall’album del ritorno. Il compito di aprire il live è affidato a un brano storico, “Somewhere I belong” da uno dei lavori di studio più rappresentativi, “Meteora” del 2003. Sembra che il gruppo voglia mettere in chiaro fin da subito che ogni azione è sia un omaggio alla propria carriera prima di ora, che il segnale di un nuovo presente e futuro.

L’inizio traballa un po’, con Emily che sembra aver bisogno di prendere le misure del proprio spazio e del proprio ruolo, mentre la band deve trovare il modo di costruire un ambiente sonoro adeguato. Con “Crawling”, dall’album di debutto del 2000, “Hybrid theory”, il pubblico finalmente accoglie i “nuovi” Linkin Park facendo partire un coro generale. Per la formazione statunitense la situazione appare sempre meno tesa, e si può entrare nel vivo senza paura. Arrivano inoltre due brani dal recente album, “Cut the bridge” e “The emptiness machine”, inframmezzate solo da “Lying from you”, a caricare ancora di più. Le nuove canzoni riescono a tirare fuori il meglio di Emily Armstrong che, fino a poco tempo fa conosciuta a un pubblico più underground per aver co-fondato i Dead Sara, porta i Linkin Park in una dimensione più hardcore. In scena la cantante ha tutta l’aria di un outsider, nascosta dietro un paio di occhiali da sole che toglierà solo a metà concerto. Non ha l’aria da diva, non indossa abiti vistosi, ma poco alla volta, sa catturare il pubblico con l’intensità e l’energia della sua voce, sorprendendo per la dinamicità e la frenesia della sua attitudine. Ma anche per la sua sensibilità ed empatia, che su “Waiting for the end” la portano a commuoversi. Mentre con le nuove canzoni trasmette con immediatezza tanto i tormenti e le paure, quanto la luce e la speranza, a confronto con i pezzi storici della band Emily si muove con discrezione. È però quando riesce a far leva sulla propria personalità, che trova la forza giusta per regalare le interpretazioni migliori di vecchi brani. Armstrong non cerca di emulare Chester o di confrontarsi con il suo lascito, ma convince con la propria energia e schiettezza nel riportare sul palco pezzi carichi di difficoltà tecnica ed emotiva. Il pubblico di Milano arriva addirittura a dedicarle un coro di “Sei bellissima”: potrebbe sembrare inopportuno, ma sul palco Emily arriva a brillare di una bellezza propria, quando vince la paura di mostrarsi troppo e lascia andare la voce, sia su note alte che in urla viscerali. Per la cantante, la prova su classici come “What I’ve done” e “Faint” è più che superata con una esibizione che mette d’accordo i presenti. Su altri pezzi, come “Numb” e “In the end”, è quasi più il pubblico a cantare. Comunque vada, Emily può sempre contare sui ritmi pesanti del nuovo batterista, in scena con una maglia con una stampa di Diana Ross, e sulla precisione dei suoi compagni, oltre che sui tecnicismi di Mike Shinoda - tanto nelle parti rappate che alle tastiere. Insieme, i due cantanti trovano il loro equilibrio, lasciando le loro voci o le loro chitarre giocare tra loro, come nelle recenti “Two faced” e “Overflow”, intrecciandosi e lasciandosi il proprio spazio. È Shinoda a lasciarsi andare ai convenevoli: “Grazie mille per il vostro supporto! Grazie per aver accolto Emily e Colin”, dice in uno dei brevi scambi di battute con il pubblico. È sempre il co-fondatore dei Linkin Park a scendere dal palco durante il proprio momento solista a metà concerto per abbracciare i fan delle prime file.

La scaletta non regala sorprese o colpi di scena seguendo il copione delle precedenti date. Dopo il quarto atto del concerto dedicato ai brani più amati, i Linkin Park regalano nell’aria la voce di Chester Bennington sulla registrazione di “Castle of glass”, che serve a riempire la breve pausa prima del momento dei bis. “Papercut", "A place for my head", "Heavy is the crown" e "Bleed it out" sono i brani che, intrecciando il passato e il presente della band, portano alla fine del concerto. Con una scarica di adrenalina addosso che accompagna fuori dall’Ippodromo, è sempre più semplice credere nel futuro dei "nuovi" Linkin Park.

Ecco la scaletta:

SETLIST

La solitudine (registrata) - di Laura Pausini

Act I

Inception Intro A (registrata)
Somewhere I Belong
Crawling
Cut the Bridge
Lying From You
The Emptiness Machine

Act II

Creation Intro A (registrata)
The Catalyst
Burn It Down
Up From the Bottom
Where'd You Go - Cover di Fort Minor
Waiting for the End
Joe Hahn Solo
Empty Spaces (registrata)
When They Come for Me / Remember the Name
Two Faced
One Step Closer

Act III

Break/Collapse (registrata)
Lost
Stained
What I've Done

Act IV

Kintsugi (registrata)
Overflow
Numb
In the End
Faint

BIS #1

Resolution Intro A (registrata)
Papercut
A Place for My Head
Heavy Is the Crown
Bleed It Out

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