È finita la pace per l’indie: com’è questo ritorno dei Cani
Un riff di chitarra e un campionamento di un dialogo di “Stalker”, capolavoro di fantascienza datato 1979 di Andrej Tarkovskij. Comincia così “Post mortem”, il nuovo album dei Cani. Il disco è uscito sulle piattaforme streaming stamattina, a sorpresa. L’annuncio è arrivato tramite un post condiviso sui social dalla casa discografica di Niccolò Contessa, la 42 Records: «Non se lo aspettava nessuno. Lo stavamo aspettando tutti. “Post mortem” disponibile da ora in streaming e download. Buon ascolto». Non una parola di più. Il disco contiene 13 brani in tutto: 12 canzoni e una traccia strumentale, quella che dà il titolo all’album. Contessa non pubblicava un nuovo album dei Cani da nove anni, tanti quanti ne sono passati da “Aurora”: era il gennaio del 2016 e quell’indie pop di cui il cantautore era stato l’eminenza grigia sin dai tempi in cui con “I pariolini di 18 anni”, nel 2010, forgiò suoni, liriche ed estetica del nuovo cantautorato romano, era al massimo del suo splendore. Prima dell’inevitabile tramonto. Calcutta stava girando l’Italia con il tour legato all’album “Mainstream”, il disco che di fatto spalancò le porte dei circoli Arci alle teenager (al quale contribuì in qualità di supervisore artistico lo stesso Contessa). I Thegiornalisti di Tommaso Paradiso, non ancora lo “Space cowboy” dell’esordio da solista, di lì a poco avrebbero fatto il botto con “Completamente”. Poi sarebbero arrivati Coez (che per la verità esisteva già come rapper, ma avrebbe svoltato solo nel 2017 con “Faccio un casino”, co-prodotto proprio da Contessa), Gazzelle, Carl Brave e Franco126.
I progetti ai quali ha lavorato in questi anni
In questi anni Niccolò Contessa non è rimasto fermo. Tutt’altro. Oltre a Coez, che ha affiancato sia in “Faccio un casino” che nel successivo “È sempre bello”, ha prodotto i due album di Tutti Fenomeni, il progetto cantautorale dell’ex rapper - e membro dei Tauro Boys - Giorgio Quarzo Guarascio, oltre ai singoli di Esseho. Ad un certo punto ha firmato anche, come autore, alcune canzoni per popstar italiane: “Onde” per Marco Mengoni, ad esempio, e “Respiro” per Michele Bravi. Nel 2022 ha anche partecipato al Festival di Sanremo, da autore: c’era il suo zampino in “Tuo padre, mia madre, Lucia”, la canzone che quell’anno Giovanni Truppi portò in gara alla kermesse. Tra il 2018 e il 2023, inoltre, Contessa ha composto tre colonne sonore, quelle di “Troppa grazia” di Gianni Zanasi, quella de “I predatori” di Pietro Castellitto e quella di “Enea” dello stesso Castellitto. Quanto alla musica de I Cani: nel 2018 uscì una nuova canzone, “Nascosta in piena vista”, seguita tra il 2020 e il 2022 da altri tre inediti, pubblicati in maniera estemporanea: “Alla fine del sogno”, “Un altro Dio” e “Fiore”. Nel 2023, poi, uscì lo “split album” “I Cani Baustelle”, inciso insieme alla band di Francesco Bianconi.
La chiusura del cerchio
Con “Post mortem” Contessa sembra riprendere il discorso lì dove lo aveva interrotto con “Aurora”. Per chiudere un cerchio. L’album spunta dal nulla dalla nebbia di nostalgia che sembra aver avvolto il fenomeno indie pop (o quel che ne rimane), con Gazzelle che in “Noi no” ricorda quel 2017 che «non ritornerà», Tommaso Paradiso che nel videoclip di “Blu ghiaccio travolgente” rispolvera le immagini dei concerti dei Thegiornalisti e quelli dei videoclip delle hit che tra il 2016 e il 2019 portarono il trio sul tetto della musica italiana prima della turbolenta fine del gruppo, Carl Brave e Franco126 che chiacchierano nel backstage di un concerto di Gemello come ai vecchi tempi riaccendendo le speranze dei fan di rivederli presto insieme anche sul palco.
I Cani riportano tutto a casa
Viene da citare Marracash: è finita la pace, per l’indie. Il disco suona come una sorta di guanto di sfida a quella scena che, almeno ai suoi albori, sembrava avere tantissimo da dire e che poi alla fine ha finito per canonizzarsi, per ridursi a una sfilza di luoghi comuni e cliché non solo sonori ma anche di contenuti. Nelle 13 tracce che compongono “Post mortem” - i pezzi sono stati scritti, registrati e suonati da Contessa stesso, che li ha prodotti insieme ad Andrea Suriani, da sempre il suo braccio destro - ritroviamo tutti gli elementi che caratterizzavano dischi come “Il sorprendente album d’esordio de I Cani”, “Glamour”, “Aurora”. Tra elettronica, new wave e lo-fi Contessa spazia tra esistenzialismo (“Io”) e ironia (Simone, Arianna, Filippo, Antonio, i protagonisti di “Buco nero” , sembrano reduci della scena localara del Pigneto, popolata negli Anni Duemiladieci da «falsi nerd con gli occhiali da nerd, anoressiche alla moda e anoressiche fuori moda, bulimiche che si occupano di moda, nichilisti col cocktail in mano che sognano di essere famosi come Vasco Brondi»), riflessioni sulla società (“f.c.f.t.” è un pezzo sul suo improbabile desiderio di conformarsi) e intellettualismi vari (in “Felice” cita Gregor Samsa, il protagonista de “La metamorfosi” di Franz Kafka; in “Davos” cita “La montagna incantata” di Thomas Mann). Insomma, I Cani riportano tutto a casa. E Contessa chiude quel varco che aveva aperto quindici anni fa.

La strategia
Contessa non ha voluto concedere interviste per raccontare l’album. Del resto in "Nella parte del mondo in cui sono nato" canta che «degli artisti ci interessa essenzialmente che cos'hanno mangiato, dove vanno in vacanza». Ha sempre tenuto un basso, bassissimo profilo: all’inizio, quando cominciarono a circolare “I pariolini di 18 anni” e “Wes Anderson”, caricati su SoundCloud, non voleva neppure rivelare la sua identità e l’anonimato contribuì non poco a creare hype intorno al progetto. All’epoca promuoveva la sua musica con Polaroid di varie razze di cani. A questo giro ha fatto diffondere dall’ufficio stampa degli autoscatti nei quali neppure si vede il suo volto (la foto che trovate in alto è d’archivio: è del tour di “Aurora”), come quella qui sopra. Ha fatto specificare di aver scelto di mettere «al centro di tutto la musica», finendo per citare un mantra sanremese («Ho messo la musica al centro» è ciò che ripetono da anni i direttori artistici della kermesse, da Claudio Baglioni a Carlo Conti, passando per Amadeus). «Tutto quello che c’è da scoprire è nel disco», si legge nel comunicato. “Ci sarà un tour?”, verrebbe da domandarsi - e da domandargli - citando Simona Ventura. Come sempre quando c’è di mezzo Contessa, poche certezze e tanto mistero. Intanto c’è questo album. Ed è già tanto.