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Bob Geldof non voleva i Queen al Live Aid

La storia di come andò la racconta il promoter britannico Harvey Goldsmith in una intervista
Bob Geldof non voleva i Queen al Live Aid

Ormai è un dato di fatto, pensare al Live Aid e pensare ai Queen è un tutt'uno. Ora la rivista Mojo ha pubblicato una intervista con il promoter Harvey Goldsmith e questi rivela che l'ideatore del Live Aid, Bob Geldof, sulle prime non era intenzionato ad avere in cartellone la band di Freddie Mercury. Un sentire condiviso anche dai Queen che non parevano poi così interessati ad esibirsi.

Come probabilmente saprete il Live Aid fu quell'epocale concerto di beneficenza che si tenne il 13 luglio 1985 allo stadio Wembley a Londra e al JFK di Philadelphia per raccogliere fondi e sensibilizzare l'opinione pubblica sulla carestia in Africa. Il promoter londinese Harvey Goldsmith aiutò Geldof e l'altro motore del progetto, Midge Ure, per quanto riguarda la parte britannica allo stadio di Wembley, che sarebbe oltretutto andato in diretta televisiva mondiale. Bob Geldof pareva pensare che i Queen non fossero all'altezza del compito.

Dice Goldsmith: "Geldof e io stavamo organizzando il Live Aid e valutando i potenziali artisti. Essendo io il produttore, capivo come funzionano gli slot e chi andava dove. Mi occupavo anche dell'aspetto tecnico: stavamo facendo due spettacoli (a Londra e a Philadelphia, ndr) e dovevamo attenerci rigorosamente ai tempi a causa del satellite. Ci ho pensato e dissi che per lo slot del tardo pomeriggio sarebbero stati perfetti i Queen. Bob rispose: 'No, hanno raggiunto il loro picco. Non credo che dovrebbero suonare.' Ripetei a Bob, penso davvero che sarebbero perfetti per la fascia oraria delle 17.30, 18.00, conoscendo Freddie come lo conoscevo, sapevo che avrebbero dato spettacolo. Io e Bob andammo avanti e indietro. Dovetti lavorare parecchio per convincerlo. Lui disse, 'No, abbiamo altri che possiamo far esibire.' Mi impuntai e dissi che nessuno poteva fare uno spettacolo migliore dei Queen."

Dall'altra parte della barricata, nemmeno i Queen erano convinti fino in fondo di partecipare al Live Aid, come spiegò lo scorsa anno a Classic Rock il chitarrista della band Brian May: "Abbiamo sicuramente tentennato prima di dire sì. Dovevamo valutare se eravamo abbastanza in forma. Le possibilità di fare una brutta figura erano davvero alte."

Racconta sempre Goldsmith a Mojo: "Avevano appena finito un lungo tour, erano tutti un po' esausti e volevano prendersi una pausa. Il giorno del concerto era molto vicino. Freddie si tirò un po' indietro, credo volesse vedere quale sarebbe stata la reazione all'annuncio del Live Aid. Quando si rese conto della reazione della stampa, dei media e della richiesta di biglietti, parlò con la band, con il loro manager Jim Beach, e decisero di farlo. Naturalmente, volevano chiudere lo show. Io gli dissi, 'No, voglio che andiate in questo slot.' Penso che ciò che convinse per davvero Freddie fu il pensiero di poter suonare per un miliardo di persone in una volta sola, dal vivo. Nessuno lo aveva mai fatto prima. Penso che abbia pensato, 'Ok, ti faccio vedere...' Freddie ha sentito l'odore del sangue. Puntò alla gola".

Il resto è storia nota. I Queen salirono sul palco alle 18.41 di quel 13 luglio, Freddie Mercury prese posto al piano e suonò un breve frammento di “Bohemian Rhapsody”, Wembley si consegnò loro mani e piedi. Quando chiusero con “We Are The Champions”, una ventina di minuti più tardi, fu immediatamente chiaro a tutti che quella esibizione sarebbe entrata nella storia.

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