Lacuna Coil:"Il metal è vita. Sanremo? Un outlet per farsi promo"

Il 14 febbraio è il giorno in cui le coppie si dedicano un momento speciale per celebrare la propria unione. Quest’anno, per la maggior parte del pubblico italiano coincide anche con la penultima serata di Sanremo, quella dedicata ai duetti e alle cover. Per i Lacuna Coil, invece, questa data combacia con un altro avvenimento da festeggiare: l’uscita del loro nuovo e decimo album in studio "Sleepless empire". “C’è Sanremo? Pensa te! Non ci avevamo pensato!”, ride Cristina Scabbia, frontwoman della band metal milanese, durante l’intervista con Rockol. Quando viene fatto notare la coincidenza, a lei fa eco Andrea Ferro, voce maschile dei Lacuna Coil: “È San Valentino però. Infatti, stiamo studiando qualcosa”.
Con all’attivo oltre trent’anni di carriera, e tra le poche realtà italiane ormai consacrate a livello internazionale, forse anche più che in patria, per il gruppo è un periodo pieno di impegni e di frenesia. Dopo aver concluso lo scorso ottobre un tour in Irlanda e Regno Unito, i Lacuna Coil sono pronti per tornare sui palchi per presentare dal vivo il nuovo progetto discografico. La nuova tournée porterà la band in Sud America e Stati Uniti, per poi tornare in Europa. Anche l’Italia è una delle tappe del tour, che dalle nostre parti include una data a Lignano Sabbiadoro il 15 giugno in apertura agli In Flames e al Lucca Summer Festival con Till Lindemann dei Rammstein il 6 luglio, prima dello show all’Alcatraz di Milano del 10 ottobre. Prima dei concerti, però, l’attenzione della formazione originaria di Milano è tutta sul nuovo "Sleepless empire", prodotto come sempre dal bassista del gruppo, Marco “Maki” Coti Zelati, e accompagnato dalla copertina curata da Roberto Toderico. Il disco, la cui ispirazione è nata nella band durante le sessioni di registrazione di "Comalies XX", rivisitazione dell'album omonimo del 2002 per il ventesimo anniversario, arriva oltre cinque anni dopo il precedente "Black anima" del 2019. Durante la chiacchierata con Rockol, Cristina e Andrea raccontano la realizzazione, i messaggi e la direzione musicale di “Sleepless empire", condividendo anche i loro pensieri sul panorama musicale italiano rispetto a quello internazionale e su qual è la forza di un genere come il metal, che permane al giorno d'oggi. “Il metal è una musica che si vive un po’ più come uno stile di vita, non solo come ascolto occasionale”, è la risposta di Andrea Ferro. L’intervista e l’uscita di “Sleepless empire", volenti o nolenti, offrono anche occasione di citare Sanremo: “Immagino che il fruitore di musica sanremese difficilmente è interessato alla nostra musica, e viceversa”, afferma Cristina Scabbia, prima di scherzare e paragonare il festival a “un outlet per farsi pubblicità”.
Rockol: Il 14 febbraio esce "Sleepless empire", il nuovo album dei Lacuna Coil: quali sensazioni, emozioni, aspettative e paure accompagnano questa uscita?
Cristina Scabbia: Siamo emozionatissimi. Avendolo scritto e registrato, noi sappiamo esattamente che cosa c'è dentro. Ma ci sono ancora tantissime cose che gli ascoltatori devono scoprire. Siamo ansiosi di vedere un po' la reazione. È un album che amiamo tantissimo, perché è la rappresentazione fotografica dei Lacuna Coil nel 2025. Porta avanti il core che c'è sempre stato, che rimarrà per sempre, con la visione quotidiana, moderna, che abbiamo di quello che sta succedendo attorno a noi in questo momento.
Andrea Ferro: Stiamo lavorando anche su altre cose per i prossimi tour, quindi c'è tanta carne al fuoco. Abbiamo ancora da provare, da vedere tutti i permessi per andare in America, siccome andremo in Sud America. Stiamo organizzando un giro enorme, che comporta un sacco di lavoro e di organizzazione; quindi, siamo super gasati per la partenza.
Rockol: Domanda da giornalista italiana media: non so se è stato pensato, ragionato, beffeggiato, ma il vostro disco esce nella settimana di Sanremo.
Cristina: Pensa te! Non ci avevamo pensato!
Andrea: Esce a San Valentino! Infatti, stiamo studiando qualcosa.
Cristina: Immagino che il fruitore di musica sanremese difficilmente è interessato alla nostra musica, e viceversa.
Andrea: Forse non esiste neanche più il fruitore di musica sanremese: ormai Sanremo è un evento che tutti guardano perché è importante, perché c'è la polemica. È più lo show. E poi, se vai a vedere quelli che fanno Sanremo, chi ha poi successo - nelle radio, negli streaming e altro in generale - sono gli stessi che lo avrebbero comunque. Mi viene in mente il caso di Lazza.
Cristina: È un outlet per farsi pubblicità.
Andrea: Una volta mia nonna andava sempre a Sanremo, proprio a Teatro, aveva il suo posto fisso tutti gli anni. Siccome mia zia abitava in Liguria, per lei era comodo andarci. E perché ci andava tutti gli anni? Perché le piaceva essere lì: magari ogni tanto la inquadravano anche tra il pubblico. Ma non è che esisteva proprio un pubblico sanremese.
Rockol: Tornando al disco: quando ha iniziato a prendere forma "Sleepless empire”?
Cristina: Le prime idee sono venute fuori durante la scrittura di "Comalies XX". Dico scrittura, perché abbiamo di fatto ripreso un album, che ormai è un album cult per i fan dei Lacuna Coil - "Comalies" è quello che ci ha aperto le porte verso un successo maggiore. Probabilmente il fatto di aver ripreso un album di vent'anni prima, riascoltare la musica che abbiamo fatto tanti anni fa, ha riaperto dei cassetti che, senza volerlo, hanno attinto a cose che abbiamo messo nel disco nuovo. Una cosa che non avevamo considerato, e che l'abbiamo un po' scoperta tramite sia la percezione dei fan, che tramite altre interviste, è una sorta di “equilibrio perfetto” tra quello che avevamo fatto, e il presente e il futuro dei Lacuna Coil. Lavorare a nuovo materiale mentre riprendevamo “Comalies”, ha portato a sviluppare qualcosa che è il perfetto compromesso tra i vari periodi storici della band.
Andrea: Marco Coti Zelati si è recluso nella sua casa in montagna in Emilia-Romagna per tre mesi a decostruire e ricostruire tutto il disco vecchio per crearne la riedizione. E lì lui si è un po' reso conto di come lavoravamo una volta con gli arrangiamenti, con certe atmosfere, certe melodie. E quello ha aiutato sicuramente ad avere una certa influenza anche nel nuovo album.
Rockol: "Sleepless empire" è il titolo del disco e dell’ottava traccia. La canzone inizia con un verso che, se preso fuori contesto, potrebbe quasi sembrare un messaggio positivo: "We're dreaming with open eyes". Però poi svela una visione più distopica, e sembra continuare nella successiva canzone, "Sleep paralysis".
Cristina: Ci può stare, perché la paralisi del sonno non è come sognare ad occhi aperti, però è più o meno la stessa sensazione: ti senti come se fossi completamente sveglio, ma in realtà non riesci a muoverti, il tuo corpo è completamente immobilizzato. C'è sicuramente un filo conduttore tra le canzoni, anche se ogni canzone parla di qualcosa di diverso. L'idea che volevamo dare in "Sleepless empire" è di questa società nella quale stiamo vivendo, in cui siamo super connessi. E in cui includiamo anche noi stessi, perché siamo molti attivi sui social, siamo costantemente in contatto anche con l'altra parte del mondo, attraverso videocall o telefonate. Ma al contempo, è una società in cui tutti sono più disconnessi che mai, perché a volte si tende a dimenticare che la vita vera è là fuori, che le cose che viviamo attraverso uno smartphone o un computer possono interrompersi da un momento all'altro, e quello che rimane davvero è ciò che c'è di concreto al di fuori dello schermo. Ci piaceva immaginare questa sorta di impero in cui vedevamo queste persone un po' perse, con gli occhi spalancati. Questa idea ci ha aiutato molto nella visione dell'artwork.
Andrea: Nonostante questo impero, e questa disponibilità enorme di input - di mille canzoni al giorno, mille serie TV, videogiochi, un po' di tutto che ci circonda - e di connettività per tutto il tempo, c'è molta solitudine nelle persone. Molte altre persone si sono quasi isolate, al contrario di quello a cui dovrebbe portare tutta questa disponibilità di contatti. La nostra, però, non è tanto una critica, perché come ha detto Cristina, anche noi ci siamo dentro in qualche maniera. È più una presa di coscienza, di come è la realtà, è una descrizione di come vediamo la società in questo momento, di tutte le generazioni, non solo i giovani, ma anche la nostra.
Rockol: Dopo il 2016 con "Delirium", si è ritrovata nei suoni dei Lacuna Coil una maggiore crudezza. Nel nuovo album, c’è un brano come "Scarecrow" con basso e batteria velocissimi, super chirurgici nel suono metallico. A livello musicale qual è la direzione che ha preso "Sleepless empire"?
Cristina: È un mix di cose. Tutto quello che viviamo, che ascoltiamo, si ripercuote nel songwriting. Maki ascolta veramente di tutto e credo che abbia provato anche diversi stili prima di arrivare a un qualcosa che fosse equilibrato. A noi piace sperimentare, siamo molto aperti a ogni tipo di ascolto intorno a noi. Ma sappiamo bene che cos'è Lacuna Coil. Ci sono comunque dei confini che non puoi oltrepassare. E al di là di quello, ci siamo resi conto che anche durante le performance live ci piacciono le cose un pochino più toste, più aggressive. Le sonorità dei pezzi nuovi si adattano di più anche a una nostra visione live, quindi sicuramente porteranno molta energia anche dal vivo.
Andrea: Marco tende a seguire un po' anche il flusso di quello che gli viene sul momento. Ci può essere un momento in cui ci sono cose più heavy, anche perché hai musicisti che ti permettono di suonare quel tipo di canzoni. Lui ha un po' seguito quella direzione e anche noi, di conseguenza, ci siamo adattati allo sviluppo, in quella direzione più heavy di alcune canzoni.
Cristina: Poi, ci sono anche pezzi che sono l'esatto opposto: super lenti e super oscuri. Volevamo comunque che ci fosse questo alone un po' ansiogeno che permeasse il disco. Proprio perché si parla di una generazione che non dorme mai, doveva essere una cosa un pochino strana a livello di percezione generale dell'album.
Rockol: Ascoltando "Sleepless empire", si riconoscono ambienti sonori che portano le canzoni in diverse direzioni. "I wish you were dead", per esempio, si apre a pattern più elettronici.
Cristina: Noi abbiamo sempre incluso l'elettronica nelle nostre produzioni. Non siamo mai stati chiusi nei confronti dell'elettronica. Anzi, ci è sempre piaciuto mischiare degli elementi più classici a cose più moderne. Anche nel nostro recente singolo, "Gravity", ci sono degli elementi forti, elettronici, che accompagnano la strofa.
Andrea: Marco ama fare arrangiamenti o con le cose elettroniche, oppure con i classici archi e violini. Ci sono sempre molti strati nella nostra musica e negli arrangiamenti.
Cristina: Siamo sempre stati molto ispirati anche dalle colonne sonore, dalla musica dei videogiochi; quindi, è anche normale che ci siano degli elementi di questo tipo.
Rockol: Il singolo "In the mean time" è una riflessione sulla società, su questo perdere la bussola di dove stiamo andando. Nell'album però trovano spazio anche pezzi un po' più personali, tipo "Oxygen", che riflette su una difficoltà emotiva - ma alla fine non racconta di una sola persona, racconta di tante persone. Come nascono musicalmente e a livello autoriale le canzoni dei Lacuna Coil? Come lanciate i vostri messaggi al pubblico?
Cristina: Noi, solitamente aspettiamo di avere una base musicale abbastanza completa, perché per noi è importante ispirarci alla musica che ascoltiamo. Non solo a livello di testi, ma anche per scrivere qualcosa che abbia un senso con le sensazioni che può evocare la musica. Se la musica è oscura non ha senso mettere un testo allegro. E poi cerchiamo di porre molta attenzione alle parole per avere anche un significato più aperto di quello che potremmo dire. Ci piace lasciare la porticina aperta per poter permettere all'ascoltatore di dare un significato diverso. Questa cosa ci piace moltissimo, e capita spesso. Credo che sia la bellezza della musica di poter evocare delle sensazioni personali nell'ascoltatore. Di solito non scriviamo attraverso messaggi. Non dobbiamo insegnare niente, non siamo politicizzati, non parliamo di cose molto dirette, su temi di questo genere.
Andrea: Partiamo sempre da una sensazione personale, poi lavorando insieme, i testi vengono messi in un contesto più aperto, per cui ognuno può dare la sua interpretazione. È impossibile avere tutti la stessa impressione quando si ascolta una canzone. Ma è anche un po' il bello della musica: ci sono mille usi di una canzone che ognuno fa a modo suo, come poi facciamo noi con la musica di altri artisti.
Rockol: Come si relaziona il nuovo album con il repertorio dei Lacuna Coil?
Cristina: Secondo me il nostro stile è sempre stato molto coerente. "Sleepless empire" non è un disco che sconvolgerà gli ascoltatori dei Lacuna Coil. Sarà chiara l'evoluzione, sarà chiara la parte nuova, ma non ci siamo messi a fare techno o reggae. Sicuramente è un disco che in parte sorprenderà per la qualità della registrazione, e per la cura che abbiamo messo nei dettagli e nel confezionarlo. Siamo ancora molto fedeli a una visione che forse adesso è un po' old school: un album nella sua interezza; quindi, non nel singolo buttato a caso perché deve raccogliere ascolti. Avrà un senso ascoltare "Sleepless empire" dall'inizio alla fine, per viversi un viaggio di un’oretta - per comprenderlo a pieno.
Andrea: Visti i tempi veloci con cui viviamo oggi, per fortuna il metal è uno dei pochi generi dove la gente è ancora molto legata al formato del disco, che per noi ha ancora una certa rilevanza. Forse proprio perché il metal è una musica che si vive un po’ più come uno stile di vita, non solo come ascolto occasionale.
Rockol: Collegandoci a questo aspetto di ascoltare il disco dall’inizio alla fine: definireste "Sleepless empire" un concept album?
Cristina: Un concept lo vedo più come un disco per cui devi per forza ascoltare tutte le canzoni per comprenderlo. Invece, noi non abbiamo mai utilizzato quest'idea del concept, ma di una sensazione.
Andrea: All’inizio, nel raccogliere idee musicali, quello di cui noi e Marco nella produzione abbiamo bisogno è un titolo, una visione, un’immagine. In questo caso, abbiamo lavorato tantissimo per focalizzare il titolo. Anche se non sapevamo ancora esattamente dove sarebbe andato a parare il progetto. Visualizzando il titolo, è venuta fuori la connessione con uno spaventapasseri e il teschio del corvo che hanno poi portato alla copertina. Una volta visualizzata quell'immagine, parte tutto il flusso. È una modalità che ci aiuta a comprendere in che direzione muoverci, non andando a caso.
Cristina: Non è lontano dall'idea di scrivere un film, no? Pensi ad una storia che deve essere raccontata, ma poi il film è pieno di momenti diversi. Anche se il personaggio principale che vive la storia durante tutto il film rimane lo stesso. Per l’album è un po’ idea simile.
Rockol: "Sleepless empire" potrebbe essere la colonna sonora di un film gothic horror psicologico.
Cristina: Potrebbe esserlo tranquillamente. Un’altra delle peculiarità di Marco è quella di scrivere proprio su immagini: lui molto spesso tiene accesa la tv su documentari, film, qualunque cosa, e si lascia ispirare dalle immagini, scrivendoci sopra. A volte è difficile spiegare perché ti escano determinate note o parole.
Andrea: Se tiri via, ad esempio, la parte vocale dal disco, il tipo di arrangiamenti potrebbe richiamare una colonna sonora, perché il modo di scrivere di Marco è molto ispirato ai film, alle colonne sonore.
Rockol: In "Sleepless empire" troviamo due collaborazioni, quella con Ash Costello nel singolo “In the mean time” e quella con Randy Blythe dei Lamb of God in “Hosting the shadow”. Come sono nate queste collaborazioni?
Cristina: Stavamo considerando alcune cantanti che avremmo voluto avere ospiti e Ash ci è sembrata adatta. Ha uno stile un po' simile al mio: non canta in maniera più lirica, ma è più rock'n'roll, come me. Non l'avevamo mai incontrata, ci scrivevamo su Instagram, quindi le abbiamo mandato un messaggio chiedendo se fosse interessata. Lei si è dimostrata subito super entusiasta e ha interpretato la canzone perfettamente aggiungendo anche dell'armonizzazione alla quale noi, probabilmente, da europei non avevamo considerato. Poi abbiamo avuto l’occasione di cantare dal vivo insieme durante il tour americano con i suoi New Years Day: abbiamo fatto la canzone tutte le sere ed è andata benissimo.
Con Randy, invece, il discorso è diverso perché siamo proprio amici, da molto tempo, e avevamo fatto un tour insieme molti anni prima. Inizialmente, forse, abbiamo pensato di chiedergli di fare una collaborazione con un po' di remore. Eravamo consapevoli del livello del personaggio. Poi si è dimostrato subito super felice e ha spaccato: si è mescolato perfettamente con quello che volevamo creare.
Rockol: I Lacuna Coil sono una delle poche realtà italiane ormai consacrate a livello internazionale, forse ancor più che in patria. E probabilmente avete un quadro ampio di quelle che sono le differenze tra il panorama musicale italiano quello internazionale.
Cristina: Sì, sì, assolutamente. Ogni posto ha le sue particolarità. Prendendo a esempio il mercato americano o inglese, in quei contesti ci rendiamo conto che non ci sono differenze di genere, e che il metal e il rock vengono vissuti allo stesso livello di altri generi musicali molto più commerciali. Non ci sono quindi - permettetemi la parolona - “razzismi” nei confronti di un genere piuttosto che di un altro. In Italia la cultura rock o metal è quasi nulla, purtroppo. E mi dispiace molto, perché riguardando il passato è proprio cambiata completamente la musica italiana - anche quella da classifica è cambiata drasticamente. E purtroppo si tende a concentrarsi solo su quello che viene proposto: non c'è la curiosità, non c'è la fame di vedere che cosa c'è oltre. L'ascoltatore italiano a volte è molto pigro e chiuso verso quello che ci potrebbe essere di diverso. Fino a che, quel genere musicale non arriva nelle classifiche, in tv o in radio. Pensare che già negli anni ’90 noi ascoltavamo rap, ed eravamo già visti come quelli strani. Adesso invece il rap è alla portata di tutti e se non ascolti rap, se non ascolti trap, non sei figo - soprattutto nelle nuove generazioni. Quindi, probabilmente, è proprio una mancanza culturale, una chiusura voluta.
Andrea: Poi c’è anche il fatto della lingua straniera, nel nostro caso: in Italia molte persone non capiscono neanche i testi di tante canzoni. Soprattutto per i ragazzi giovani, magari, è più facile identificarsi con un rapper di quartiere che ti parla di cose che vedi tutti i giorni, che è più immediato piuttosto che un Radiohead che ti fa dei testi complessi da ascoltare o da capire.
Poi, secondo me, il metal è sempre stato un genere underground, anche se in alcune occasioni, con alcune band, è anche arrivato al mainstream. Tuttavia, vediamo che molte persone che abbiamo conosciuto, che fanno musica italiana nettamente diversa dalla nostra, in realtà sono tutte cresciute con il metal. Figure perfino insospettabili: ho sentito l'altro giorno un'intervista a Guè Pequeno che diceva che lui da ragazzo ascoltava anche il metal. È logico che tutti ascoltano tutto. Soprattutto se sei musicista, non puoi ignorare altri generi.
Cristina: Pure Max Pezzali era un rockettaro! Nulla da dire sulla sua musica, però apprezza altri generi musicali.
Rockol: Che poi qua in Italia abbiamo comunque una scena underground e hardcore, viva e vegeta, tra festival e collettivi. Certo, non è come in America dove i Knocked Loose vengono invitati in tv al “Jimmy Kimmel Live”!
Cristina: Prova a immaginartelo qui: un gruppo metal da Fabio Fazio!
Rockol: Per la vostra esperienza: qual è la forza di un genere come il metal o l'hard rock, che permane al giorno d'oggi?
Andrea: Per me è un po’ lo stile di vita: il metal non implica solo ascoltare un certo tipo di musica o avere capelli lunghi e tatuaggi. Questi ormai sono dei cliché, che non tutti i metallari ormai sposano. Per fortuna sono un po’ cambiate le cose. Il metal è una musica che se ti entra dentro, è parte della tua vita: è quasi un'attitudine che hai nei confronti della vita. Non può andare via col tempo, perché rimane nel tuo modo di essere e porta a una sorta di fratellanza con altri che ascoltano lo stesso genere - che è comunque un po' più di settore.
Cristina: E poi, si tratta di una musica suonata, con strumenti reali. C’è quindi l'amore per le situazioni live, reali, con quel senso di comunità di gente che si raduna nel nome della musica.
Andrea: Avendo girato abbastanza il mondo, abbiamo visto che ci sono metallare ovunque, non dipende da dove sei nato, perché dovunque lo fai il metal è metal.
Rockol: Quasi 30 anni di carriera dei Lacuna Coil. "Sleepless empire" è il vostro decimo album. Come descrivereste questo momento per la band? Come vi sentite?
Cristina: So che sembrerà una frase un po' cliché, ma ci sembra di aver iniziato ieri. Ora abbiamo la consapevolezza dei nostri mezzi, data dall'esperienza che abbiamo accumulato in questi anni, quindi sappiamo esattamente cosa vogliamo fare. Ma lo facciamo con il massimo dell’entusiasmo, perché siamo sempre innamorati della musica, del mondo metal. Ormai è la nostra vita, a tutti gli effetti. E ci fa stare bene anche la reazione positiva e costante del pubblico, sia quello che ci segue da tanti anni che i nuovi fan.
Andrea: Da giovane sei forse più inconsapevole. Anche quando abbiamo raggiunto i primi grossi successi, come partecipare all’Ozzfest con Black Sabbath, Slayer, Slipknot e tutti i grandi, ci rendevamo conto, ma magari li vivevamo alla giornata. Ora, forse, ci godiamo di più il momento.
Vedo tanti gruppi giovani, magari anche grandi, che si sciolgono per delle stupidaggini, date dalla giovane età. E non si rendono conto che potevano essere i nuovi Guns N' Roses o i nuovi Beatles. Solo successivamente ti rendi conto di ciò che hai fatto e seminato.
Rockol: Per i Lacuna Coil è un periodo impegnatissimo: finito un tour, ne sta già per iniziare un altro, con date in Sud America, Stati Uniti ed Europa, Italia compresa. Come porterete "Sleepless empire" sui palchi?
Andrea: Come diamo importanza ai dettagli dell’album, come per esempio la copertina, è importante anche come ci presenteremo dal vivo: dalla scenografia ai nostri look. Cerchiamo di fare in modo che il discorso "Sleepless empire" sia a 360°, sotto ogni aspetto: non finisce con l’uscita del disco, ma prosegue e si sviluppa.
Rockol: Lo scorso ottobre Cristina ha pubblicato il libro “Il diavolo mi ha venduto l'anima. Storia di una Metal Queen tra cielo e inferno”
Cristina: Sottolineo che non mi definisco una metal queen! (ride, ndr) È una frase che ha aggiunto la casa editrice!
Rockol: Pensando alla tua storia e a quella dei Lacuna Coil raccontata nel libro, tra successi ottenuti e grandi incontri come con Lemmi Kilmister, e pensando alla tua figura di voce femminile in un contesto che - soprattutto in passato - si crede di prevalenza maschile: ti sei mai sentita o ti senti in diritto o in dovere di lanciare un messaggio?
Cristina: Nonostante fin dall’inizio mi rendessi ovviamente conto che fosse una cosa rara essere una donna all'interno di una band metal - all'inizio c'erano pochissime band con una voce femminile, io non mi sono mai sentita diversa. Mi sono sempre sentita parte del gruppo, non mi sono mai considerata come l'elemento diverso e non ho mai preteso un trattamento diverso: non ho mai voluto un camerino diverso, uno spazio diverso all'interno del tour bus. Sono sempre stata una di loro e tuttora è così. Per me i compagni di band sono una seconda famiglia. Il messaggio che posso dare è quello di essere consapevoli dei propri mezzi, però senza per forza richiedere un trattamento diverso in quanto donne, perché, secondo me, sarebbe una dimostrazione di debolezza. Io mi sento allo stesso livello di un uomo, perché so quello che valgo. Spero quindi, attraverso la mia figura, di poter comunicare un po' più di fiducia. Non sono gli altri che ci devono dire che dobbiamo stare al nostro posto, siamo noi che dobbiamo elevarci al posto che meritiamo.