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La lezione di Labi Siffre (che gli artisti dovrebbero ascoltare)

Il successo negli Anni ’70, l’oblio, la riscoperta: quanta poesia c’è nella sua storia.
La lezione di Labi Siffre (che gli artisti dovrebbero ascoltare)

«Non credo nel dare al pubblico ciò che il pubblico vuole in ogni caso. Piuttosto, credo nel dare al pubblico il meglio di me e nel farglielo piacere. Non si fanno dischi di successo, in questo modo. In compenso, però, si va a dormire sereni la notte», raccontava in una vecchia intervista degli Anni ’70, rispuntata sui social. Dentro quelle parole c’era tutta la lezione di Labi Siffre. Per quarant’anni il musicista londinese è stato un fantasma, pur non essendo morto. Di lui si era persa ogni traccia. I dischi che pubblicò negli Anni ’70, contenenti quel paio di successi che Siffre riuscì a piazzare nelle classifiche britanniche, “It must be love” e “Crying, laughing, loving, lying”, non si trovavano più da nessuna parte. Di alcune delle sue canzoni non era nemmeno possibile trovare i testi, in rete. Non è chiaro come si sia rimaterializzato, insieme alla sua musica: misteri della discografia ai tempi di TikTok.

La sua storia ricorda quella di Sixto Rodriguez, il musicista statunitense al quale il regista svedese Malik Bendjelloul nel 2012 dedicò il bellissimo documentario “Searching for Sugar Man”, mettendosi sulle tracce della rockstar che si credeva deceduta. Origini per metà barbadiane e per metà nigeriane, Siffre si fece largo tra le voci del cantautorato britannico degli Anni ’70 con dischi come l’eponimo esordio del 1970, “The Singer and the song” del 1971 e “Crying laughing loving lying” del 1972, che ottennero pure un mediocre successo nel Regno Unito. Dei dischi d’oro e delle hit parade non gliene importava granché. Anzi, non gliene importava affatto: «La popolarità e il successo non erano nei miei piani. Io volevo semplicemente essere un musicista. Quando sono diventato un personaggio pubblico, ci ho messo davvero poco a realizzare che non sarei mai stato a mio agio a ricevere quelle attenzioni». Spaziando tra folk, soul, reggae e funk, nei suoi dischi affrontò poeticamente tanto il politico (nelle sue canzoni parlò di veterani di guerra, di senzatetto e di religione) e il personale (ascoltate la bellissima “Till Forever”). Labi Siffre non si è mai allineato alle richieste dell’industria: «Ho gradualmente capito che tutto ciò che la società, il paese e il mondo in cui vivevo mi raccontavano di me stesso era una bugia in quanto artista omosessuale, nero e ateo».

La sua omosessualità la raccontò anche in un brano, “Something inside so strong”, uscito nel 1987: si spinse fino al quarto posto della classifica britannica e successivamente fu reinterpretato anche da Kenny Rogers. Diventò un inno anti-apartheid quando Siffre cantò la canzone a Trafalgar Square per il compleanno di Nelson Mandela, dopo che si era visto proibire la partecipazione al grande concerto a Wembley perché  «non adatto». Siffre si è ritirato dalle scene discografiche nel 1998. Ma la sua musica, in questi anni, ha continuato a viaggiare. E a raggiungere nuovi fan. Anche grazie ad omaggi da parte di artisti come Kanye West, Eminem e Jay-Z. Nel 1997 quest’ultimo campionò “I got the…” nella sua “Streets is watching”. Due anni dopo anche Eminem recuperò “I got the…” per “My name is”. Nel 2007, invece, West campionò la sua “My song” in “I wonder”. Il musicista elettronico Matthew Herbert nel 2012 ha detto: «Le impronte digitale di Labi Siffre sono sulla musica popolare da molti decenni, ma la sua vera voce si sente raramente».

Negli ultimi mesi la sua storia ha suscitato l’attenzione di molti utenti sui social. Frammenti di vecchie interviste, rispuntati in rete, hanno conquistato anche chi non lo conosceva e non ne aveva mai sentito parlare. E la sua musica, di conseguenza, sta registrando numeri interessanti sulle piattaforme. Come Come da Pigeons & Planes negli ultimi cinque anni c’è stata una crescita del 700% degli streams delle canzoni di Labi Siffre su Spotify solo negli Usa. E negli ultimi tre anni c’è stata una crescita del 900% negli ascolti da parte della Generazione Z, ovvero quella dei ragazzi dai 16 ai 24 anni, nati con lo smartphone in mano. Nel 2022 in un’esclusiva intervista al Guardian, la prima concessa dopo decenni, l’artista - oggi 79enne - ha parlato della sua carriera e rivelato di essere al lavoro su un nuovo disco, che però non ha ancora visto la luce: «Negli Anni ’60 ero molto ingenuo. Entrai nell’industria musicale credendo che il business della musica fosse gestito dai musicisti. Ma non si può biasimare un serpente a sonagli per averti morso. Un serpente a sonagli è un serpente a sonagli: sei stupido tu a girovagare con i sandali e senza calzini in una zona infestata da serpenti a sonagli». Quanta poesia.

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