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Tony Effe e la coda di opinioni: serve davvero dire qualcosa?

Tra polemiche e opportunismo, la scena musicale si prepara a Sanremo giocando sul tema del momento
Tony Effe e la coda di opinioni: serve davvero dire qualcosa?

In un mondo ideale, in cui l'umanità non avesse mai sentito il bisogno di imporre supremazia e controllo su altri, non ci troveremmo a discutere di testi di canzoni intrisi di sessismo. Nella realtà, invece, la nostra società si è sviluppata alimentando stereotipi e ruoli di genere, spesso riducendo il valore di un individuo alla sua identità di genere e, nei casi peggiori, promuovendo l’idea che un sesso o un genere sia intrinsecamente superiore all’altro. Fortunatamente, siamo già nel ventunesimo secolo, e molti hanno lottato per affermare l'idea di una società equa. Tuttavia, resta da chiedersi: quanta consapevolezza abbiamo realmente acquisito? È una domanda che sorge inevitabile ogni volta che un nuovo caso porta al centro del dibattito pubblico la violenza verbale contenuta nei testi di alcune canzoni.

Il dibattito che divide e chiede opinioni

Quando Tony Effe è stato tagliato fuori dal concerto di Capodanno di Roma , al centro della motivazione e della polemica sono finiti alcuni suoi brani accusati di essere sessisti e misogini. La sua esclusione ha generato reazioni a catena: Mahmood e Mara Sattei hanno annullato la loro partecipazione, e molte figure pubbliche – dalle istituzioni ai colleghi artisti – si sono sentite "costrette" a prendere posizione, spesso in modo superficiale o opportunistico. Una questione culturale profonda, che occasionalmente torna di attualità, si è quindi trasformata in un semplice scontro di opinioni, senza spazio per un'analisi più ampia e consapevole.
Eppure i soggetti direttamente coinvolti hanno tratto benefici dalle rispettive posizioni. Nicolò Rapisarda, questo il nome del rapper, classe 1991, ha messo in piedi il suo personale show di Capodanno e ha saputo capitalizzare l'attenzione mediatica, mantenendo i riflettori puntati su di sé proprio in vista del suo debutto a Sanremo. E con un argomento - ovvero i contenuti dei testi delle canzoni - che negli ultimi anni torna sempre di interesse pubblico in vista del Festival. Il Comune di Roma, d'altro canto, ha cercato di trasformare un errore iniziale in un’occasione per riposizionarsi, pur senza cogliere l'opportunità di dare voce a una prospettiva diversa, come quella di un’artista donna.

Rimane una domanda: quale decisione, da entrambe le parti, ha davvero contribuito a sensibilizzare il pubblico sui temi di genere? Perché, ad esempio, non è stata chiamata un’artista donna al posto di Tony Effe per esprimere un’opinione? E perché l’ex Dark Polo Gang, invece di devolvere l’incasso del suo show di Capodanno alla Croce Rossa - per quanto sia un’azione nobile - non ha scelto un’associazione contro la violenza di genere? Questo sembra solo l’ennesimo caso per offrire solo schieramenti e opportunismi, senza alcun risvolto educativo o di consapevolezza culturale.

Canzoni e dinamiche sociali

Tony Effe gioca in un campo in cui, per genere e attitudine, si limita a raccontare la propria realtà, spesso esasperandone gli aspetti più controversi (violenza, misoginia, ostentazione) e indirizzandosi a un pubblico giovane. Nel mondo ideale citato all’inizio, violenza e sessismo non troverebbero spazio nella narrazione. Tuttavia, viviamo in una società dove sentimenti e atteggiamenti di avversione verso le donne sono ancora profondamente radicati, e finiscono inevitabilmente per riflettersi nelle storie raccontate. La musica, potente specchio culturale, ha sempre rappresentato le dinamiche sociali, e nel caso di Tony Effe e di altri colleghi della scena rap, le canzoni spesso assumono il compito di descrivere, con toni crudi e provocatori, i valori dominanti e le tensioni della contemporaneità.

Nonostante ciò, resta la preoccupazione per l’impatto di certi messaggi, che troppi artisti sembrano ridurre a semplici provocazioni, prive di una riflessione sulle implicazioni culturali. Eppure, casi come questi, divisivi e polarizzanti, accadono di continuo. Solo alla fine del 2023, era stato cancellato il concerto di Capodano di Emis Killa a Ladispoli per il testo di una sua canzone; nel 2020 la partecipazione di Junior Cally a Sanremo aveva suscitato polemiche a causa di suoi brani precedenti ritenuti violenti e misogini, come quelli di Fedez al Festival del 2023. E si potrebbe andare avanti all’infinito. 

Quando si riuscirà finalmente a sfidare gli stereotipi di genere e a promuovere modelli inclusivi, capaci di avviare un cambiamento necessario non solo nella scena musicale, ma anche nella società?

Una narrazione costantemente maschile

Seppur la questione ha al centro il contenuto sessista dei testi di Tony Effe, e la decisione del comune di Roma di escluderlo sia arrivata su impulso dell’associazione femminista Differenza Donna, l’intera faccenda ha purtroppo preso una narrazione maschile e pubblicitaria, come spesso accade. Artiste donne sono state raramente interpellate sulla vicenda, mentre molti artisti maschi hanno monopolizzato la discussione con dichiarazioni opportunistiche. E il caso Tony Effe è diventato un puro strumento di marketing e una strategia comunicativa per molti. Il risultato è un dibattito superficiale, in cui il focus si è spostato sul "giusto o sbagliato”, anziché su questioni più profonde, come il ruolo della musica nel plasmare l'immaginario collettivo e nel perpetuare o sfidare stereotipi di genere. Si è persa l'occasione di discutere su come i messaggi veicolati dagli artisti possano influenzare la percezione della violenza di genere e i valori della società, privilegiando invece una logica di schieramento priva di analisi critica.
In questo scenario, si sono moltiplicate le occasioni in cui è stato chiesto a qualcuno di esporsi sul caso, che rimarrà un tema centrale nelle interviste inerenti al prossimo Sanremo. Dopo le parole spese da Simone Cristicchi, Enrico Ruggeri, Francesco Sarcina, Kekko Silvestre dei Modà, Willie Peyote (tre dei quali in gara al prossimo Festival), viene da riprendere il pensiero condiviso da Angelica all’inizio di dicembre con Rockol.

In un’intervista svolta in occasione dell’inizio del suo tour, alla domanda su quanto sia sbagliata la censura ma allo stesso tempo quanto è sbagliata la poca consapevolezza in alcuni testi di canzoni, visto l’accaduto tra Tony Effe e Roma, la cantautrice ha affermato:

"In generale la censura io la trovo sbagliata, quindi penso che censurare qualcosa sia comunque un passo indietro. Allo stesso tempo, ci sono dei testi che chiaramente è un peccato che vengano assorbiti da dei ragazzini, che li cantano a cuor leggero. Comunque bisogna dividere quello che è un pensiero generale, che sta al di sopra di quello che è il caso specifico. Nel caso specifico, io penso che censurare sia sbagliato e penso però che, chi fa musica, chi si occupa di scrivere, si occupa in qualche modo di formare la cultura anche del proprio paese. E quindi, chi più e chi meno, abbiamo tutti una responsabilità. Secondo me bisognerebbe sentirsi responsabili, sentirsi censurati no”.

In un pensiero ampiamente condiviso da chi scrive, Angelica ha continuato: “Poi il concetto è anche: se non ci fossero dei reali problemi, certe cose che vengono fatte nel mondo della cultura, che possono essere cinema, musica, libri, film, qualsiasi cosa, avrebbero un altro peso. Il problema è che queste cose assumono un peso molto molto molto grande visto il momento in cui viviamo, in una realtà che è drammatica da quel punto di vista, quindi è lì che non puoi fare finta di niente”.

Verso una nuova consapevolezza culturale

Gli artisti, soprattutto quelli con un grande seguito, non possono ignorare l’impatto sociale dei loro messaggi. La libertà creativa è essenziale, ma si scontra con il rischio di normalizzare comportamenti tossici. È tempo che la creatività conviva con una maggiore consapevolezza culturale e che la scena musicale italiana abbandoni la superficialità. Manca spesso un confronto serio tra artisti e pubblico su queste responsabilità, con la tendenza di liquidare e riproporre ciclicamente critiche, da diversi schieramenti, senza riflettere sulle implicazioni culturali e aprire la strada a un cambiamento reale. D’altro canto, come Angelica sottolineava nell’intervista anche l’importanza per le donne di “fare il nostro lavoro mostrandoci per quelle che siamo senza paura dei giudizi”, le artiste in primis dovrebbero più spesso esporsi, prendersi il proprio spazio se non viene dato loro, e creare dibattiti quando ne sentono la necessità e la vocazione. 

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