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Erica Mou: "Amo la forma canzone ma nel caso salvo la parola"

Esce “Cerchi” il nuovo album della cantautrice pugliese con un concept sulla circolarità. Intervista
Erica Mou: "Amo la forma canzone ma nel caso salvo la parola"
Credits: Alessandro Allegra

Erica Mou con “Cerchi” arriva al settimo album della carriera, una carriera ricca di attività e di riconoscimenti arrivati da differenti ambiti, dal Festival di Sanremo sino a manifestazioni più specifiche sulla canzone d’autore, terreno su cui si muove la cantante pugliese.

E dire “cantante” o cantautrice è limitativo perché Erica è anche scrittrice di romanzi (ne ha due all’attivo), è attrice teatrale e cinematografica, ambiti dello spettacolo (più quello televisivo) per i quali ha firmato anche musiche, ricevendo un’attenzione da parte degli addetti ai lavori superiore alla notorietà di Erica, che non è certamente un personaggio popolare presso il grande pubblico, quanto piuttosto a chi segue con passione la canzone d’autore.

A pochi mesi di distanza dal romanzo (“Una cosa per la quale mi odierai”, Fandango libri) arriva il nuovo lavoro discografico. “Cerchi” è una raccolta di 11 intense tracce che ruotano intorno ad un concetto, a un’idea e la “raccontano” da diverse prospettive: un disco da gustare ma anche da “ascoltare”.

Ecco cosa lei stessa ci ha spiegato in questa intervista.

Nel presentare “Cerchi” parli di circolarità: come spieghi questo concetto, che ritorna anche nel titolo stesso dell’album?
È un concetto nato, come in ogni album, mentre ci lavoravo, perché credo che più o meno in uno stesso periodo uno abbia un tema da sviluppare che viene declinato in maniera diversa. Mentre le canzoni vengono messe in fila e si fa il disco, ti rendi conto in realtà di che cosa stavi parlando. E mi sono resa conto che mi stavo trovando in un punto in cui forse ero già passata tanti anni prima, ma questo ritornare mi trova completamente diversa. Il concetto è che il tempo, secondo me, è una consequenzialità di eventi che tu non puoi mettere su una linea, è un ingarbugliarsi di cose che spesso ritornano simili, ma al loro ritorno ti trovano cambiato. Per questo disco ho scritto tante storie che in qualche modo parlano di fare cose identiche ma con modalità totalmente diverse, perché tu sei diverso. Questa è una simmetria presente in “Madre”, la canzone che apre l'album, perché immagino di incontrare mia madre il giorno in cui sono nata, quindi come se l'ultimo respiro suo che io ho sentito potesse dialogare con il primo respiro mio che lei ha sentito. Da qui in poi tutte le canzoni hanno affinità con questo tema, come “Complici”, che racconta che siamo andati via da una città e siamo ritornati nella stessa città, ma da persone nuove. Un po' in tutti i pezzi c'è questo concetto di ritorno, di rinascita.

Quindi la tracklist, l'ordine delle canzoni non è casuale?
No, non lo è, segue un andamento sia tematico sia musicale. Diciamo che ho una visione un po' romantica nel pensare che, alla fine del 2024, una persona schiaccerà il tasto “play” e ascolterà tutto il disco di fila; però io ho cercato di creare un percorso sia di tema sia di suono.

Perché dici che sarà difficile che qualcuno ascolti un disco dall'inizio alla fine? Secondo me uno che ascolta la tua musica cerca anche questo. O non sei così fiduciosa?
No, no, io credo tantissimo negli esseri umani e la sorpresa è sempre dietro l'angolo, però ovviamente la funzione della musica è diversa, fare un disco che abbia un tema che unisca le canzoni è una cosa forse un po' demodé, ma io sono una donna del novecento (ride).

Quindi possiamo definirlo in qualche modo un concept album? Temi diversi però che ruotano intorno allo stesso argomento?
Beh sì, in qualche modo lo è. La circolarità è la padrona, poi “Cerchi” è anche una voce del verbo cercare, quindi io ci ho provato.

Quanto è personale questo disco?
Tanto, però anche i miei precedenti sei album avevano un concetto che li univa e tutti erano estremamente personali. Sto presentando anche il mio nuovo romanzo e parecchi mi chiedono com'è stato difficile scriverlo, perché è una storia estremamente personale, dove i personaggi si chiamano come me o i membri della mia famiglia, quindi è proprio la nostra storia; poi chiaramente è anche letteratura, ma è la mia storia. Anche le canzoni sono questo, poi non sempre tutto è così schietto, però è un esercizio che faccio da tempo. Alla fine anche quando magari non sembra che parli di me in qualche modo lo faccio.

Tu affermi anche che la parola è centrale. Quanto è importante la parola nell'economia globale di una canzone?
Diciamo il 51%. Credo che la sfida di ogni cantautore sia quella di cercare di far abbracciare il più possibile la musica e le parole, di farle girare l'una dentro l'altra. Io non scrivo mai un testo o una musica da soli. Quando compongo ho sempre lo strumento in mano e già le parole cominciano ad arrivare, cerco di farle nascere insieme trovandogli subito una musica. Questa è una discussione che facevo anche con Caterina Caselli, quando lavoravo con lei, perché mi rendo conto da sempre che se c'è una lotta e uno dei due deve soccombere, io cerco sempre di salvaguardare la parola, ecco quell'1% in più. Mi rendo conto che io amo tantissimo la musica, ma mai quanto amo la canzone proprio come forma, perché mi piace il suono che le parole hanno e così assumono il valore di uno strumento musicale.

Vedi una relazione tra il contenuto letterale della canzone e la sua parte musicale? Cioè, un testo duro richiede una musica dura o viceversa?
Beh no, questo no. Puoi giocare anche di contrasto, ovviamente. “Azzurro” di Paolo Conte e Vito Pallavicini ci dice che si può fare. Quando c'è una canzone che ha un testo di uno struggimento pazzesco su una musica così scanzonata e felice, arriva in un modo diverso, segue altre strade. Se ti dovessi fare un esempio di tempi recenti, che sono comunque ventuno anni fa, quando Caparezza ha pubblicato “Fuori dal tunnel” io ero un adolescente, e pensai: “Che magia che sta facendo!”. Sta dicendo una cosa durissima su una musica allegra come quando sempre Caparezza ha scritto “Vieni a ballare in Puglia”.... Di artisti che hanno fatto questa cosa ce ne sono tanti ed hanno giocato di contrasto. All'interno di questo disco penso per esempio alla “Festa del Santo”, che è un pezzo molto allegro a livello musicale, però sicuramente il destinatario della canzone non sarebbe così felice. Una cosa che amo è rendermi conto di star ballando e piangendo allo stesso tempo. L'altro giorno a una presentazione del romanzo una lettrice mi ha detto che leggerlo è stato “devastante con il sorriso”. Alcune volte è giusto sottolineare, altre volte la complessità di quello che proviamo ci porta pure a sperimentare all'interno della stessa espressività colori diversi, spesso opposti.

L'approccio dal punto di vista musicale su questo disco, qual è stato?
Ad aprile dell'anno scorso ho sequestrato i miei musicisti che si chiamano Molla e Massimo Flavia portandoli in un teatro bellissimo che è il Petrella di Longiano. All’inizio hanno detto: “Ah che bello, andiamo a fare una ripresa artistica”, ma in realtà è stata un’esperienza come in un campo di raccolta di pomodori sotto il sole in estate. Entravamo ogni giorno in teatro la mattina presto, ci tenevo a che vivessimo tutto insieme e che fossimo su un palco che respirava, un posto che avesse una storia di musica dal vivo, perché questo disco lo abbiamo registrato come se fosse una produzione senza i tanti passaggi della filiera dello scrivere un disco, nella quale dal momento in cui la canzone nasce, al momento in cui tu la pubblichi passano talmente tante mani, talmente tanti giri di pensieri, che alla fine non ti ricordi più questa scintilla da che fuoco veniva. Quindi volevo qualcosa d’immediato e quando trovavamo una soluzione convincente era quella giusta. Il tutto senza passare attraverso la fase “lo faccio a computer, poi lo rifaccio dal vivo”. No, noi abbiamo arrangiato e registrato in continuo, fissando le idee che venivano fuori, con un senso di verità, anche un po' di crudezza e di spontaneità. Questo è un disco che arriva a tre anni dal precedente, ma sono stati anni in cui ci ho lavorato su.

Ma la scrittura è stata collettiva o tua?
La scrittura è venuta prima, è stata mia. Mentre arrangiavamo abbiamo preso anche delle decisioni sull'essenza della canzone, quindi togliere parti, ripetere parti, cambiare pezzi di testo, però diciamo che le canzoni che c'erano erano molte di più, quindi anche scegliere quelle che abbiamo, per ora, scartato è una decisione artistica molto forte.

Vabbè, allora c'è un nuovo disco pronto…
Ma quello è sempre così. Ma cosa vuol dire scarti? Perché per esempio “Madre”, che è la canzone che apre questo disco ed un brano focale, l'avevo già scritta ai tempi di “Nature”, il precedente album del 2021; poteva entrare in quell'album, però non era il suo momento, secondo me, quindi l'abbiamo tolta. Era arrangiata anche in maniera diversa, ma non era il momento giusto, non era il vestito giusto, quindi a volte ci vuole tempo.

Quanto si è evoluta la tua musica in questi anni?
Questo io non te lo so dire, è lavoro tuo, veditela tu (ride), però quello che vi posso dire sicuramente è che io come essere umano mi sono molto evoluta, quindi credo che questo abbia un riflesso importante anche sulle canzoni.

Erica Mou cantante, cantautrice, scrittrice, attrice, ma come si combinano tutte queste cose?
Sono cose che si combinano e in qualche modo si completano e fanno parte tutte di uno stesso movimento. Lo spettacolo teatrale che ho fatto con Concita de Gregorio, per esempio, negli ultimi anni, ha gettato molte basi di quello che sono diventate le canzoni del disco precedente. Ancora, il concept di questo disco si lega al concept del mio ultimo romanzo “Una cosa per la quale mi odierai”. “Madre” è come se fosse la colonna sonora del libro, “Piccola vita” è un pezzo del romanzo. In realtà sono modi espressivi di cose che comunque fanno parte dello stesso movimento. Tra l'altro il disco parla proprio di questo, di circolarità. Quindi mi tradirei se ti dicessi una cosa diversa, ma penso profondamente che queste cose siano tutte collegate fra di loro, se no non le farei, se no non credo che verrebbero dalla stessa persona.

Poi oltre a tutto questo c'è l'Erica mamma. Come si concilia la maternità con questo lavoro?
Sicuramente con un po' di torcicollo e mal di piedi.

Quanti anni ha tua figlia?
Zero, Bianca ha dieci mesi. Lei è nata a gennaio, il romanzo è nato a settembre e il nuovo disco a novembre. Quindi è stato un anno di parti: tre gioie incredibili. Ovviamente mia figlia è in un'altra categoria. Volevo vedere se era possibile fare tutto quello che amo e mi rendo conto che con un certo grado di fatica si fa. Porterò Bianca in tour, facciamo tutto insieme, lei viaggia con me, le dedico tutto il tempo possibile con un po' di aiuto, ogni tanto da varie persone, prima di tutto ovviamente suo padre, poi c’è mio padre o una babysitter, o gli amici o all’occorrenza i miei musicisti, si fa tutto. Mi piace. Alla fine questa è la mia vita che è fatta anche di viaggi, di stare in posti diversi, con persone diverse, fare cose diverse, di continuo, e quindi lei è nella mia vita e le due cose si devono incontrare. È complesso però pure facile, non te lo so spiegare. Siamo in simbiosi, ma come potremmo non esserlo in questo momento? È giusto che sia così. E poi si fa, non ti so dire come. Molte persone mi dicono che sono un po' spericolata però questa è l'unica vita che io conosco e questa è anche quella che le offro ed è come se lei ci fosse sempre stata.

Il tour partirà a fine mese e inizierete proprio dal Teatro di Longiano
Sì, ora siamo in studio a fare le prove, col tappetone per far giocare Bianca. Partiamo il 29 novembre ed è una sorta di restituzione per la gratitudine che abbiamo verso questo luogo bellissimo che ci ha ospitato e in cui è nato il disco. Il giorno dopo (30 novembre) siamo all'auditorium di Roma che è una data che sentiamo tutti molto, poi ho abitato tanti anni a Roma, quindi sono contenta di tornare. Poi il 19 dicembre abbiamo Bari, che non è la mia città, ma è vicina a Bisceglie dove sono nata. E poi faremo i teatri a Torino (10 gennaio 2025) e Milano dove l'11 gennaio concluderemo i primi appuntamenti. Questo è un disco che nasce sul palco e quindi la sua casa la troverà sempre dal vivo che poi è la nostra casa, parlo per me, ma anche per i miei musicisti. Suoneremo tutto il nuovo disco che sono 11 canzoni brevi e in questi giorni stiamo lavorando sulla scaletta, per rendere circolare anche il passaggio fra le canzoni del repertorio e quelle di questo disco.

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