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I due album che aprirono la via al prog rock secondo Ian Anderson

Così parlò il frontman dei Jethro Tull
I due album che aprirono la via al prog rock secondo Ian Anderson

Se parliamo di musica progressive il frontman dei Jethro Tull Ian Anderson ha più di un titolo per riferire la propria opinione. Nel corso degli anni più di una volta all'oggi 77enne musicista britannico sono stati chiesti lumi su altri artisti riconducibili nell'alveo di questo genere musicale. In un'intervista concessa a Classic Rock nel 2020 Anderson citò due album che, a suo avviso, mostravano cosa fosse il rock progressivo, indicando la strada da seguire ad altri gruppi. Questi due dischi vennero pubblicati entrambi nel 1967.

Il primo che il leader dei Jethro Tull menzionò fu “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” (leggi qui la recensione) dei Beatles. Ecco cosa disse al riguardo: “Ci sono stati due album fondamentali nel 1967 che hanno tracciato un percorso per persone come me nel contesto del pop progressivo. Uno fu, naturalmente, "Sgt Pepper” dei Beatles”.



La dichiarazione di Anderson assume molto valore perché nonostante ne abbia sempre riconosciuto la grandezza lui non è mai stato un grande fan della band di Liverpool. In un'intervista con Indeflagration nel 2017, quando gli venne chiesto quale fosse il suo album preferito dei Beatles rispose così: “Wow, mi hai portato qui perché non sono mai stato un vero fan dei Beatles. Credo che sia "Sgt Pepper's". Per la pietra miliare che ha rappresentato nella musica pop (…). Sono stati i momenti musicali che hanno cambiato la vita di una generazione. Anche se non ero un fan dei Beatles, credo di aver imparato qualcosa da 'Sgt. Pepper's' in termini di varietà, per la sua natura piuttosto surreale, è stato piuttosto meritorio. George Martin era un mio amico. Il suo ruolo in tutto ciò fu molto importante.”


Il secondo album citato da Ian Anderson è stato l'album di debutto dei Pink Floyd "The Piper at the Gates of Dawn" . A quel tempo, nella band militava ancora Syd Barrett . Curiosamente, i Pink Floyd lo registrarono negli studi di Abbey Road a Londra, proprio quando i Beatles stavano registrando “Sgt. Pepper”.

Anderson con Classic Rock continuò raccontando: “L’altro era complessivamente più surreale e proggy, “Piper at the Gates of Dawn” dei Pink Floyd. Entrambi gli album presero elementi da molte fonti diverse e li utilizzarono in modi colorati e creativi. Per me, l’album dei Pink Floyd aveva un maggior significato. I Beatles erano un gruppo pop. Quindi pensavo che la loro roba fosse un po' artificiosa, un po' leziosa. Mi piaceva di più l'elemento cantautorale dei Floyd. Le canzoni di Syd Barrett erano strane e divertenti. Si integravano perfettamente con il materiale strumentale radicale e drogato della band.”

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