Un carnevale dei pazzi, dei sedotti e degli abbandonati
Un giro di giostra vorticoso, durato poco più di cinque anni, ma che ha lasciato diverse tracce nella scena alternativa italiana. A raccontare la storia dei Carnival Of Fools, in un film-documentario firmato da Filippo D’Angelo, Dimitris Statiris e Mauro Ermanno Giovanardi, è lo stesso fondatore della band, Mauro Ermanno Giovanardi, che, attraverso immagini d’archivio e testimonianze offerte da chi quel periodo l’ha vissuto da protagonista, mostra tutto il grande fermento artistico e culturale della Milano underground degli anni Ottanta.
Messa da parte la bicicletta per via di una pertosse, da promettente ciclista Mauro, detto Joe, viene a scoprire tutto il potere catalizzante della musica, lasciandosi ispirare dai crooner americani, come pure dal blues, dalla new wave e dal post punk, restituendo al pubblico una straordinaria epifania di incontri e libertà tramite la sua coinvolgente narrazione. Una quotidianità fatta di concerti e sale prove, ma anche di agitazione sociale e di tumulto creativo che avrebbe portato a scrivere una delle realtà più incredibili e folli della nostra scena musicale.
Immagini un po’ sgranate fissate su pellicola che richiamano un tempo analogico in cui c’era soprattutto l’intuizione di appartenere a un mondo “altro” desideroso di sintonizzarsi su frequenze lontane, abbattendo certi schemi un po’ precostruiti della canzone italiana. Strutturato in una lunga descrizione di Giovanardi su tutta la vicenda dei Fools dal principio alla fine, il film mostra la folgorazione per una passione capace di sparigliare totalmente le carte. Nel fertile ambiente cittadino i tasselli si incastrano uno dopo l’altro, con la scelta di un nome mutuato da alcuni versi poetici di “Witt” di Patti Smith: “Un carnevale dei pazzi, dei sedotti e degli abbandonati”, le inquietudini generazionali e le riflessioni interiori anteposte a quelle collettive, lo spirito di aggregazione e collaborazione tra giovani musicisti quale ricchezza ispiratrice.
Si susseguono in questo modo i ricordi di Joe, i suoi aneddoti lucidi, in bilico tra ironia e consapevolezza di ciò che è stato, intervallati da quelli di Manuel Agnelli, Cristina Donà, del produttore Paolo Mauri, dello sperimentatore Giacomo Spazio o degli ex membri Mox Cristadoro, Max Donna, Andrea Viotti, Luca Talamazzi, volti a riscostruire anni e passaggi chiave della band. Su tutto, l’incredibile salto dai piccoli locali per anticonformisti all’apertura del concerto di Nick Cave e i Bad Seeds, e un aftershow piuttosto vivace, con tanto di consiglio di un mito: “Se mi faccio la tua donna ti do la possibilità di scrivere canzoni più profonde”.
Prende forma così l’esperienza di una band italiana in grado di suonare con un impatto live fuori dall’ordinario, di misurarsi con versioni malatissime di “Summertime” e cover voce e piano dei Joy Division, ma anche di cimentarsi con Nick Drake o i Sonic Youth in un periodo in cui non sembrava nemmeno immaginabile che tutto ciò potesse succedere in Italia. E, ancora, nonostante una discografia limitata a tre soli album pubblicati tra il 1989 e il 1993, risultare determinanti nel dare la spinta alla Vox Pop, mitica etichetta indipendente destinata a fare storia nel nostro panorama musicale, fondata tra gli altri, proprio da Giovanardi, Agnelli e Spazio.
In ultimo, l’epilogo, con la voglia di Joe di cantare in italiano e il nuovo progetto dei La Crus che mette di fatto fine ai Carnival Of Fools, con il resto della band che si trasforma nei Santa Sangre. Di quella fantastica avventura, la pellicola riporta le esperienze condivise, i frammenti dal vivo, i luoghi e la strada macinata avanti e indietro. Un mondo in prevalenza notturno fatto di palchi e chilometri, da una serata a un’altra, dal Bar Tabacchi di Via Larga all’Accademia di Brera passando per gli show con i Beasts of Bourbon e Hugo Race. È proprio la voce cavernosa del cantante di Melbourne a restituire cinematograficamente il senso del documentario. “Era il 1993, credo. Ero in tour con la mia band, i True Spirt, stavamo facendo i nostri primi concerti in Italia. C’era una sensazione surreale. E poi c’erano i Carnival Of Fools. Wow.”
Con un taglio volutamente off, il film cerca di evitare l’effetto nostalgia per ricostruire e riscoprire visivamente e musicalmente l’epopea di una band in grado di anticipare di molti anni molti anni realtà indipendenti ormai consolidate. Una vicenda umana e artistica fuori dall’ordinario presentata con crudo realismo, senza rinunciare a un tocco di leggerezza. E di pazzia, naturalmente.