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I Thirty Seconds to Mars vogliono tornare in profondità?

Cosa è successo ieri sera, 25 maggio, alla Inalpi Arena di Torino...
I Thirty Seconds to Mars vogliono tornare in profondità?

L’Italia accoglie ancora una volta i Thirty Seconds to Mars, prima a Bologna, poi a Torino per un doppio sold out. Sono passati dieci anni precisi dall’ultimo passaggio di Jared Leto nel capoluogo piemontese, quando l’Inalpi Arena si chiamava ancora Palaolimpico, Jared fresco di premio Oscar sfoggiava una chioma con shatush e alla chitarra c’era Tomo Miličević, poi uscito dalla band nel 2018. Il ricordo di un decennio fa non è dei più dolci: in quell’occasione i due terzi dei Mars si presentarono sul palco senza la batteria - a sorpresa riprodotta totalmente in base - e senza Shannon Leto, arrestato un paio di giorni prima per guida in stato di ebbrezza. Senza troppi giri di parole: fu un concerto assolutamente da dimenticare, tenuto in piedi esclusivamente da una platea come sempre straordinariamente attiva.

Chi era presente dieci anni fa dunque sa che la band ha diverse cose da farsi perdonare e alla vigilia dello show, andando a spulciare le scalette di cui è disseminato il web, la notizia che si evince è da non sottovalutare: i 30 Seconds to Mars hanno ricominciato a onorare la loro carriera. Potrebbe sembrare indice di scarsa fiducia nel nuovo materiale o magari semplice attenzione ai segnali mandati dai fan di vecchia data, evidentemente stanchi di sentire giusto un paio di pezzi dell’era alternative/emo, sistematicamente in versione acustica. Finalmente fioccano le versioni full electric e full band, con Stevie Aiello alla chitarra (e al basso, e alle tastiere, e ai cori) a rinvigorire lo spirito di una band che sembrava destinata all’intrattenimento puro, a discapito della musica. Invece quella fiamma che usciva dagli occhi contornati di nero negli Anni Zero non si è spenta, deve solo farsi largo tra coriandoli, palloncini e fontane pitorecniche.

«Vorrei trasferirmi in Italia, ma non trovo una moglie qui. Mi aiutate?», chiede Jared divertito, totalmente consapevole del suo straripante carisma. Dice anche di non avere voce, di non essere in forma ma di essere pronto a fare del proprio meglio per ripagare quello che ritiene essere il miglior pubblico del mondo. Paraculo, certo, come sempre, però anche vero. E in effetti, nonostante la voce di Jared non sia cristallina, il losangelino canta. Si prende anche qualche piccolo rischio, un po’ come fece nel Monolith Tour, ma questa volta reintegrando brani come "Attack", "A Beautiful Lie" e "Night of The Hunter". Sa di non avere più i mezzi per urlare come faceva vent’anni fa, ma sa anche che cantare anche solo un verso in più può fare la differenza per chi quelle parole le ha accolte nella propria vita come un amico in carne e ossa.

Raccontare un concerto dei Thirty Seconds to Mars oggi è davvero complicato. Da un lato c’è quello strano effetto cringe per il quale viene quasi naturale paragonare Jared a un animatore turistico, più che il frontman di una delle rock band più celebri del pianeta. Dall’altra c’è l’anima sopita degli Echelon - il fandom dei Mars, che al tempo dei primi dischi era uno dei più solidi e battaglieri in circolazione - che si desta e fa intuire che quello creato dai fratelli Leto ha ancora un enorme valore. Un retaggio impossibile da ignorare, soprattutto quando, all’accenno di una “Oblivion” che non veniva proposta da quasi dieci anni, si vedono varie persone perdere la dignità, nonostante si tratti di un misero snippet acustico. E allo stesso tempo le nuove hit come Stuck e Seasons trovano la loro esplosiva dimensione dal vivo, dove il talento naturale di Jared per tutto ciò che è catchy si manifesta con la stessa potenza del fuoco che dilaga sul palco, grazie al plotone di lanciafiamme disposti davanti alla band.

Ricordate il motto ai tempi del debutto? Era una citazione latina dello storico romano Tito Livio: Provehito In Altum. Una locuzione militare propria del gergo tecnico, che viene spesso tradotta come “puntare in alto”, ma in realtà significa "lanciare forte, lanciare in profondità". Forse in questa sfumatura semantica tutt’altro che trascurabile si cela il dualismo di questo gruppo, che sembra rincorrersi costantemente, in un circolo tra il virtuoso e il vizioso, di morte e rinascita, proprio come la fenice che si celava dietro la Mithra, il vecchio simbolo dei Mars. Che dici, Jared: forse è tornato il momento di smettere di puntare in alto, e tornare a lanciare forte e in profondità?

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