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Ditonellapiaga: “scelgo io cosa fare, senza l'obbligo della hit”

La cantautrice romana pubblica “Flash” il secondo eterogeneo album. La prova della maturità.
Ditonellapiaga: “scelgo io cosa fare, senza l'obbligo della hit”
Credits: Irene Montini

La carriera di Ditonellapiaga, all’anagrafe Margherita Carducci, è sostanzialmente esplosa nel febbraio del 2022, quando si presentò sul palco dell’Ariston di Sanremo in gara al Festival in compagnia di Donatella Rettore con “Chimica”, un brano, che pur arrivato al sedicesimo posto nella classifica finale, ha avuto una buona vita oltre la manifestazione canora e che rappresentava una sorta di scambio generazionale.

Al festival era arrivata, notata da Amadeus, grazie ad una fortunata manciata di singoli. A gennaio 2022 era intanto uscito “Camouflage” (Leggi qui la recensione), il suo primo album, che è poi stato ristampato con l’aggiunta del brano interpretato insieme a Donatella Rettore. Il lavoro le è valso anche la Targa Tenco 2022 come miglior disco d’esordio.

Segue poi un periodo di silenzio che s’interrompe a febbraio 2023 quando torna al Festival di Sanremo, come ospite nella serata delle cover e si esibisce insieme ai Colla Zio (la band in gara) nella cover di “Salirò”, il grande successo di Daniele Silvestri.

Recentemente è salita sul palco del Concertone romano del Primo maggio, esibizione che ha anticipato il nuovo album “Flash” in uscita il 10 maggio.

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Abbiamo incontrato Margherita trovando una ragazza schietta, diretta, divertente e con delle idee ben precise.

Come nasce “Flash”?
Dopo una pausa in cui ho vissuto e ascoltato musica, perché quando scrivo ne ascolto poca. Ho vissuto dei momenti in cui ho fatto altro, sono stata in campagna, mi sono presa il mio tempo e poi a un certo punto ho detto, “ah, adesso sono pronta” perché comunque c'è da scrivere.

Cos'è che ti ha ispirato nello scrivere?
Non c'è stata una cosa specifica. A un certo punto mi sono resa conto che avevo voglia di tornare e sperimentare. Più che altro penso di avere fatto ascolti legati alla mia adolescenza, cose degli anni ‘90, fine ‘90, inizio 2000. Ho riascoltato per esempio dei dischi di Madonna che non avevo mai approfondito. Ho ritrovato artisti che ascoltavo quando ero ragazzina, tipo Avril Lavigne per esempio. Ho fatto questi ascolti legati alla mia adolescenza, proprio perché questo disco è un po’ un ponte tra la mia giovinezza e il fatto che sto andando verso l'età adulta e me ne sto rendendo conto. Quindi c’è una qualche nostalgia di quei momenti passati e anche una consapevolezza che la mia età sta cambiando e sto anche cambiando io.

È un disco in cui ci sono tante atmosfere diverse. Da dove arrivano e come si incastrano tra di loro?
Penso sia una mia cifra stilistica della quale ho provato a liberarmi, ma non ci sono riuscita. È una lotta interiore, una guerra tra l'essere per forza coerente nell'insieme dei pezzi e invece l'essere più simile a quello che forse mi viene automatico essere, ovvero eclettica. Le atmosfere secondo me sono un po’ mie e un po’ legate a quello che hanno visto in me i produttori con cui ho lavorato e al loro mondo di riferimento. Faccio un esempio: ho lavorato con Okgiorgio (in “Mary”, “Fossi come te”, “È tutto vero” e “Come prima”) che mi ha fatto fare degli ascolti e mi ha portato in una direzione, non mi ha strappato dalla mia, mi ha semplicemente mostrato una strada nuova, nella quale io ho potuto raccontare le mie fragilità, la mia intimità. Brani, comunque, molto delicati e personali. Francesco Fugazza mi ha portato proprio tanto lontano dalla mia comfort zone. Quindi chitarre distorte, rock. Le produzioni sono molto diverse da quelle che ho sempre ricercato nei miei lavori e ho lavorato con chi ha visto in me aspetti che io non avevo mai pensato di poter avere nella mia vocalità. Nel primo disco avevo una vocalità più soffiata, più parlata. In “Flash” canto più forte e questa cosa credo sia dovuta un po’ al fatto che ho studiato, e un po’ al fatto che delle persone mi hanno guidata in maniera diversa. Poi ci sono i produttori Benjamin Ventura e Alessandro Casagni con cui ho scritto il primo disco. Con loro sono più vicina alla mia “casa base”, cioè legata al disco precedente o in generale a una scrittura che si è evoluta ma ha comunque un suono e un sapore familiare.

Qual è la cosa che è cambiata più di tutte rispetto al passato?
Credo sia il fatto che questo adesso è un mestiere. Nel mio primo disco, “Camouflage”, la musica era solo una passione. Va benissimo così, in tutte le cose che sono solo passioni vedi gli aspetti positivi, però poi ti manca il supporto per poter fare al 100% quella cosa in maniera professionale. Adesso è una professione e c'è quindi professionalità e c'è una struttura, un supporto di cui sono onorata e mi sento fortunata perché non tutti riescono ad arrivarci. Quindi banalmente una produzione non devi farla nei ritagli di tempo tra il babysitting e la cameriera. Ovviamente però quando è un lavoro ci sono anche dei grandissimi accolli e delle cose che non ti piacciono e altre con cui devi lottare. Non mi lamento, sono fortunata a fare un lavoro che è anche la mia passione. A volte mi porta a pensare: forse dovrei trovarmi un'altra passione, tipo dipingere, così ho uno sfogo totalmente ingenuo

Quanto è stato difficile, se lo è stato, arrivare a questo punto?
È stato veloce. Ma poi ho avuto, passami il termine, un rinculo, nel senso che ho preso un'autostrada verso le stelle, però a un certo punto, non dico per le stalle, però per l'atmosfera vicino alla terra ci devi passare. Dopo che hai fatto Sanremo è tutto “wow”, assurdo, incredibile. Se ripenso a com'ero prima di Sanremo, a tutti i desideri che avevo e a quanto li vedessi lontani… e poi a un certo punto le distanze si sono completamente annullate. Dopo ho scelto di stare ferma perché avevo bisogno di scrivere le mie canzoni, perché non me le faccio scrivere da altre persone, non mi piace. Poi ripensi a Sanremo e dici: “cavolo, però quella era una cosa che è comunque televisione”. E a un certo punto da quello stato devi uscire e quindi durante la scrittura sono un po’ caduta, magari le cose non vanno sempre come pensi. Scelgo di fare una cosa perché voglio farla io, non perché mi dicono: “Ehi, devi fare la hit”. E questa, devo dire, è una grande fortuna perché di questi tempi purtroppo è difficile fare musica in maniera il più possibile libera. Quindi in generale ci sono dei momenti anche di sconforto, pensando a quanto devi essere produttiva, quanto devi essere sempre attiva. Però è normale, come in tutti i lavori.

Torniamo a “Flash”. Ci sono degli ospiti, come li hai scelti, come si incastrano nelle canzoni e come stanno dentro il disco?
Sono state le canzoni a chiamare l’ospitata. Quando le scrivevo, alcune nascevano già complete. Per esempio “DNA” aveva due strofe ma non mi piaceva, trovavo che avesse bisogno di una ventata di aria fresca e quindi ho pensato subito ai Coma Cose, perché hanno quel tipo di piglio, di sonorità e di attitudine, adatte ad un pezzo che ha un beat un po’ hip hop. Ho sentito Fausto e loro hanno scritto una strofa, tra l'altro molto figa perché si palleggiano, quindi spezza moltissimo il brano ed era proprio quello che serviva. Il brano con Gaia (“Una”) è dei primi pezzi che ho scritto per il disco ed era perfetto per lei. Insomma, è stato abbastanza naturale, anche in virtù della nostra amicizia. Per quanto riguarda Fulminacci, beh, noi siamo amici e avevamo già collaborato. Lui aveva scritto il ritornello di “Non ti perdo mai”, un pezzo del disco precedente e quando ho scritto “Come prima” ho pensato che servisse una persona che avesse la delicatezza e una penna poetica come ha lui. E per ultima Whitemary (Biancamaria Scoccia) con cui ci conosciamo da tanto tempo ed è forse il featuring di cui sono più contenta, perché è un pezzo che senza di lei non sarebbe mai stato così. È nato dalle ceneri di un altro brano che ho cestinato e ho tenuto solo una piccolissima parte su cui si è costruito tutto il pezzo e lei è stata molto attiva nella scrittura e anche nella produzione, la linea di basso è molto figa.

Quanto è suonato il disco e quanto è invece prodotto?
Molto più suonato del precedente. Ci sono più strumenti veri, dei pianoforti, delle chitarre, tante chitarre anche fatte da persone diverse che per me è già una novità. Il primo disco era soltanto prodotto dalle quattro mani dei due produttori (Alessandro Casagni e Benjamin Ventura) e non c'erano proprio neanche accenni a strumenti veri. Onestamente un po’ per esigenza, un po’ per inesperienza. Non avevamo proprio pensato di coinvolgere qualcun altro. Penso sempre più che sia fondamentale coinvolgere i musicisti a prescindere da cosa è suonato o non suonato, è importante il loro apporto.

A proposito di coinvolgimento, nel disco c’è un brano scritto con La Rappresentante di Lista.
Esatto, scrivere con loro è stata un’esperienza pazzesca. Eravamo a Palermo ad aprile, quindi già grandissima wellness. Pesce, caldo, insomma, devo dire è stato piacevole e ci siamo divertiti. Il giorno in cui abbiamo scritto “Mary” eravamo in studio a casa loro con un sacco di gente, che veniva, andava, qualcuno suonava, c'era un bassista, Carmelo Donato ai sinth, Dario che ha suonato 800 strumenti e Veronica che stava lì e si scervellava a cercare le parole. Però poi c'erano anche amici loro che facevano altro, come ordinare la pizza, quindi è stato divertente, molto caotico ma pulsante.

Come sarà il tour? Come sarà la scaletta?
Il tour sarà un bilanciamento tra i pezzi del vecchio disco e quelli del nuovo. Finalmente posso portare sul palco gli amici perché nella mia band siamo tutti amici. Ci sono Benjamin e Alessandro con cui ho fatto gran parte del disco, rispettivamente tastiera e batteria. Adriano al basso, che è un altro amico storico e Paolo che è un chitarrista fortissimo, tutte persone appunto, con cui ho sempre lavorato e sempre fatto musica. Sarà un live molto “up” perché ci sono tanti pezzi ballabili, ma avrà una bellissima curva che consente anche un momento più raccolto, intimo che secondo me è il più bello del concerto, perché la cassa dritta, i balletti, le luci sono bellissimi, però poi quando si toglie tutto è lì che dici: ”Ah OK, che bello.”

Quali aggettivi utilizzeresti per descrivere questo disco?
Sono mega autocritica, quindi non direi sicuramente meraviglioso, stupendo, incredibile, all of fame dei dischi della storia, no! Però direi fulminante, perché è molto forte, acceso. Poi direi: brillante, legandolo un po’ anche al titolo. Infine lo definirei molto vero. Perché rispetto al disco precedente ho attinto molto di più a delle cose personali e ho lasciato un po’ perdere l'aspetto teatrale. Poi tornerà! Però credo di aver raccontato di più me stessa, senza storie. A parte “Mary”, che ovviamente è una storia.

Come ti vedi fra 10 anni?
Non lo so! ... vecchia?! Spero soddisfatta e contenta. Spero di vedermi che avrò fatto dei concerti grossi, non come numero di pubblico. Voglio avere la possibilità di suonare con tante persone e purtroppo questo è difficilissimo con il budget, quindi spero di vedermi con tanti musicisti, ecco, su un palco. Poi spero di vedermi anche serena, boh in campagna, in giro anche non per forza sempre a 2000. Magari pure a fare altro, non è un problema.

Il Flash Tour 2024 partirà il 15 maggio con il  sold out al Largo Venue nella sua Roma seguiranno poi i concerti del 24 maggio al Bissuola Live di Mestre, del 25 maggio al Mi ami Festival di Milano, del 7 giugno al Chroma Festival di Bastia Umbra, del 14 giugno allo Svincolando Festival di Montecassiano, del 29 giugno all’Artico Festival di Bra e infine il live del 4 luglio al Popcast Festival di Castiglione della Pescaia.

 

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