Quando St. Vincent pescò dai film d'animazione della Disney

La recente cronaca racconta che la scorsa settimana St. Vincent ha pubblicato il suo settimo album "All Born Screaming" (leggi qui la recensione). Annie Clark, questo il nome registrato all'anagrafe di Tulsa (Oklahoma) dove è nata 41 anni fa, è oggi una delle musiciste più affermate e vitali della attuale scena pop-rock mondiale. La sua carriera discografica ebbe inizio nel 2007 con "Marry me", cui fece seguito, il 4 maggio 2009, "Actor", disco che oggi compie quindi 15 anni. Cogliamo l'occasione per proporre alla vostra attenzione la recensione di quel secondo album di St. Vincent scritta per noi da Marco Jeannin.
“Actor”, secondo album di Annie Clark, meglio conosciuta come St. Vincent, è un ottimo disco dal sapore fortemente cinematografico e dotato di grande equilibrio e compattezza, tanto da far pensare di essere di fronte addirittura a un concept. Ecco, più o meno il succo della recensione potrebbe essere riassunto in questa frase. Potrebbe se non fosse che la parte veramente interessante arriva giusto ora, e che ci si creda o no, per una volta è tutto merito del come Annie Clark è arrivata a concepire un album come questo prima ancora di addentrarsi nell'ascolto specifico.
Come dicevo, “Actor” è un disco molto cinematografico, e non solo per il titolo abbastanza esplicito, ma più di tutto per la costruzione dello stesso. Prendiamo la scaletta: il disco si apre con la presentazione dei personaggi: “The strangers” e “The neighbors“. E' dotato di una parte centrale, “Actor out of work” e “Laughing with a mouth full of blood” che incarnano perfettamente lo sviluppo della trama e la nascita del conflitto e conducono all'inevitabile risoluzione, “The bed” e “The party”. Addirittura c'è spazio anche per l'eventuale nuovo capitolo della vicenda: “The sequel”.
A due anni di distanza dall'ottimo esordio ”Marry me”, ad Annie Clark servivano nuove idee. E sono arrivate pescando direttamente da anni di storia del cinema, in particolare i film d'animazione Disney, fatti di principesse e cavalieri, mondi incantati e animali parlanti. Musicalmente parlando la ragazza di Tulsa conferma quanto di buono si era sentito fino ad oggi, proponendo un indie pop molto soffice e spesso contaminato da elementi elettronici e folk che rimandano prepotentemente alla produzione degli Air tanto quanto alla nostrana Cristina Donà e a My Brightest Diamond.
Seppur privo di un vero e proprio singolo (ovviamente c'è, ma non si vede), l'album è dotato di una forza data dalla compattezza di un suono mirabilmente delicato e coeso che rende necessario un ascolto prolungato e non frammentario. Difficile poterlo apprezzare appieno ascoltandolo a pezzi, non ci sono primo e secondo tempo. A risaltare su tutti l'aggressiva “Actor out of work” (eccolo qui il singolo...) e la bellissima e cupa “Marrow”, sintesi perfetta di favola ed elettronica impreziosita da una voce di porcellana che sembra appartenere alla principessa di turno. St. Vincent ci mette la faccia (già dalla copertina), caricando di personalità e d’intimità in un disco che permette di entrare fino in fondo dentro la testa di chi l’ha pensato e messo in atto.
Mirabile conclusione con la splendida ed epica “The party”, molto Decemberists ultimo periodo, e con la quasi ipnotica “Just the same but brand new”, una formula magica trasformata in suono. Sembra che il passato trascorso ad aprire concerti per mezzo mondo, dai National ai Sufjan Steven, passando per i Poliphonic Spree, abbia reso Annie Clark in grado di prendere il meglio da ogni suono incontrato sulla sua strada, centrifugarlo e ripresentarlo declinato in maniera personalissima. Il tutto a vantaggio di chi sa apprezzare una complessità così delicata da rapire proprio come quando da piccoli, ci si perdeva beatamente nelle favole raccontate prima di andare a letto.