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La Crus: “un disco sincero con un lavoro letterario importante”

Dopo lungo tempo la band milanese torna con un nuovo album di inediti molto attuale. L’intervista
La Crus: “un disco sincero con un lavoro letterario importante”
Credits: Gianluca Mingotto

L’ultimo bagliore discografico con brani inediti dei La Crus (nati nel 1993 a Milano) risale al 2005, anno di uscita del loro sesto e ultimo album (in studio) dal titolo “Infinite possibilità”. Poi le strade di Mauro Ermanno Giovanardi detto Gio e Cesare Malfatti (e Alessandro Cremonesi, il terzo La Crus “ombra”, in realtà pedina importantissima perché autore dei testi di questo disco) s’incontrano in differenti occasioni live, tra cui quella nel 2011 sul palco dell’Ariston in occasione del Festival di Sanremo dove partecipano con “Io confesso” (sesto posto).

Dopo l’avvisaglia di un singolo il lungo silenzio discografico s’interrompe con una reunion molto attesa dai fan del gruppo che si concretizza con l’uscita il 22 marzo del nuovo album “Proteggimi da ciò che voglio”, anticipato ad ottobre dal singolo “Io confesso” (il brano sanremese del 2011) riproposto, con una nuova versione, in duetto con Carmen Consoli. A gennaio arriva un ulteriore singolo che pesca nel passato: “Come ogni volta”, dall’album “Dentro me” del 1997, rieseguito con la partecipazione di Colapesce Dimartino.

Un disco che arriva dopo tanto tempo e che vede i La Crus confrontarsi sia dal punto di vista musicale sia da quello lirico con il tempo attuale ed è un disco che ha un suo ricercato equilibrio. “L’album - dice Giovanardi - si basa su quattro pilastri: il suono e la sua anima, la nostra crescita personale in questi 15 anni, la presenza di Matteo Cantaluppi alla produzione che ha messo contemporaneità nei suoni e, infine, la Mescal (la casa discografica) che ha creduto in questo progetto.”

La storia della nascita del disco la dettaglia ancora Gio ma la si può riassumere così. Tutto nasce ancora dal palco, dal reincontro tra Giovanardi e Cesare in occasione di un festival ad Ancona diretto dal cantante il quale ha recuperato un vecchio progetto della band con una commistione tra teatro, musica e poesia. Quel concerto lo vide Marco Tagliola, fonico legato al gruppo, il quale quasi impose ai due di proseguire in un lavoro creativo, un flusso di scrittura libera, raccogliendo tutto il materiale per capire come procedere, perché, secondo lui, dovevano necessariamente tornare in vita i La Crus.

Questo, come racconta Cesare, è stato il primo passo ma non sufficiente. “Abbiamo lavorato insieme per oltre un anno e sono emerse tutte le nostre differenze, acuite da 15 anni di carriera solista. Io ho una visione più “sperimentale” e internazionale, poco vicina al panorama musicale italiano. Mauro invece ha un forte legame con la canzone e la sua formula.” Perciò, capito che qualcosa poteva succedere, occorreva trovare una mediazione, un qualcuno che sapesse unire le due anime distanti. Con l’idea di fare un disco i due si sono avvicinati alla Mescal, la loro prima etichetta, la quale ha riaperto le porte ai La Crus dando un consiglio essenziale: rivolgetevi a Matteo Cantaluppi, deve essere lui a fare la produzione. E così per la prima volta Gio e Cesare si sono trovati a lavorare con un produttore vero e non a fare tutto da soli (“una volta Vernetti ha messo mano in qualche canzone”).

Matteo, che ha lavorato con Thegiornalisti gli Ex-Otago, Dente, Gabbani, Bugo, è stato anche un fan della prima ora dei La Crus. Si è riservato di capire cosa avrebbe potuto fare, “per trovare un’estetica adatta”. Secondo i due La Crus il risultato è stato eccezionale, ha scelto i brani giusti e li ha vestiti in una forma moderna e accattivante, “che può piacere anche alle radio” ma non snatura l’essenza originaria del duo milanese.

Un disco dunque attuale, moderno nei suoni e nelle liriche.

Così scrivono in una nota i La Crus e confermano i concetti con le loro parole.

"Nel disco ci sono alcune tematiche ricorrenti come quella del tempo, quella del lavoro, quella dell'angoscia e dello smarrimento sempre più diffusi.
Il tutto è permeato dalla percezione di una libertà che è illusoria perché è il modo in cui il dominio neoliberista ci assegna lo status di imprenditori di noi stessi, che ci rende di fatto degli schiavi isolati dagli altri, senza nemmeno più un padrone contro cui poterci ribellare.
Un dominio che ci spinge a desiderare cose da cui invece dovremmo proteggerci.
La sfida ambiziosa nella stesura dei testi è stata quella di far convivere due elementi che possono sembrare in contraddizione. Avere uno sguardo politico e al tempo stesso poetico. Pericoloso ma intrigante, cercando di sfuggire dalla retorica populista con un approccio interiore e profondo. Cercando di evitare sempre e comunque la declamazione dritta per dritta, urlata dentro a un megafono. Usando sempre e comunque la parola sussurrata, in punta di penna. Coi doppi sensi e le metafore. Ed è per questo che fra di noi, abbiamo ironicamente coniato un nuovo termine che descrive questo lavoro: Canzoni Polietiche. 

Politiche, poetiche e soprattutto etiche. 

Sperando che chi ci ha seguiti fin dai primi lavori, e in questi lunghi anni di assenza ci ha continuato ad ascoltare, insieme a un nuovo e ipotetico pubblico, possa condividere questa visione, questa crescita e consapevolezza, che possa apprezzare e continuare a emozionarsi, perché queste nuove canzoni, sono il frutto di lunghe riflessioni e di un sincero amore per la musica. Non sappiamo fare altrimenti. Entrate a guardarvi dentro e intorno insieme a noi.”

“Sono temi che mi interessavano - afferma Alessandro Cremonesi, da sempre autore dei testi del duo milanese - e che volevo approfondire. I testi sono il frutto di molte letture sedimentate nel corso degli anni, legate anche al mio cammino francescano con riflessioni sulla povertà e sul fatto che il mondo è dominato dal neoliberismo con un ribaltamento di libertà: siamo così liberi da essere schiavi di noi stessi. È - prosegue Alex - la maturità che ci ha portato a considerare questi temi.” Aggiunge anche” Non abbiamo mai fatto delle canzoni in cui indossavamo l’eskimo, inteso come militanza, eravamo piuttosto vicini all’intimismo. Quello che diciamo ora nasce da un desiderio intimo di confrontarsi con il mondo.”

Aggiunge Mauro Ermanno ripercorrendo il percorso della band: “Il nostro primo disco era ermetico per sopperire al passaggio dall’inglese all’italiano. 'Dentro me' è uno sguardo intimo esistenziale. Poi ha fatto seguito un disco con canzoni che recuperava il tema amoroso senza l’anima sanremese e la rima cuore/amore. 'Ogni cosa che vedo' è un primo sguardo verso il mondo sino a arrivare a questo che abbandona certe tematiche a favore di altre. Ne sentivamo l’esigenza.”

Ritrovarsi a lavorare insieme dopo così tanti anni su un muovo progetto fa emergere forse aspetti umani e artistici da cui ci si era allontanati. “Sono molto grato a Gio - dice il sodale Cesare Malfatti - perché è riuscito a dare una voce bella, come è la sua, alle mie composizioni e al mio modo di fare musica. In 15 anni ho fatto tanti dischi e mi sono ritrovato a essere un cantante senza averne il ruolo ed ho sempre pensato che sarebbe stato bello avere la voce di Gio sulle mie musiche. E ora si è realizzato. È bello sentire i miei provini cantati da lui, è una grande soddisfazione, un aspetto positivo.”

Conclude Mauro Ermanno Giovanardi dicendo: “Se due persone si mollano è perché non funziona più il loro rapporto. Il ritorno ti vede sempre un po’ prevenuto, è faticoso trovare un binario comune, ma in questo caso il risultato è un connubio tra le nostre tre personalità e i  percorsi fatti negli anni. Siamo riusciti a coniugare la canzone con dei contenuti musicali e dei testi importanti. Questo è un disco importante per la storia dei La Crus, un mix tra le sperimentazioni dei primi dischi e le canzoni di 'Dietro la curva del cuore'. Un disco fatto con sincerità e un lavoro letterario importante.”

Il 10 maggio i La Crus saranno live alla Santeria a Milano (un concerto che viaggia verso il sold out), poi dal 31 maggio prenderà il via il tour estivo. Date in arrivo.

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