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Tears for Fears, sofferenza e tragedia generano grande musica pop

Roland Orzabal e Curt Smith nel 2022 pubblicarono un album dopo 17 anni con “The tipping point”
Tears for Fears, sofferenza e tragedia generano grande musica pop

Dopo lunghi e travagliati anni tra liti e tour di successo fatti controvoglia, lutti familiari e cambi di management, i Tears For Fears infine si riformarono e il 25 febbraio 2022, 17 anni e mezzo dopo "Everybody Loves a Happy Ending" (leggi qui la recensione), pubblicarono “The tipping point”. A oggi questo rimane l'ultimo album della band, del resto sono trascorsi due soli anni. Nell'attesa di un nuovo lavoro di Roland Orzabal e Curt Smith vi invitiamo a leggere la recensione del settimo disco dei Tears For Fears scritta per noi da Michele Boroni.

In queste settimane abbiamo parlato molto dei Tears For Fears, dei principali passaggi della loro storia e della costruzione di questo attesissimo disco della coppia composta da Roland Orzabal e Curt Smith dopo 17 anni piuttosto complicati. La storia della musica pop rock ci racconta che solitamente i dischi delle reunion sono sempre molto pomposi, fastidiosamente iperprodotti e con un po' di nomi altisonanti come featuring o dietro al mixer. Invece “The Tipping point”, a quasi 40 anni dall'esordio di “The Hurting” (1983), il disco dei Tears for Fears non suona affatto così: si tratta invece di una disco artigianale, senza nomi altisonanti (realizzato con i cantautori/produttori Sacha Skarbek, Florian Reutter e Charlton Pettus), rispettosamente sicuro di sé e, pur non essendo affatto un concept album, è un lavoro con un suo scopo che in qualche modo ne giustifica il rigore e la qualità.

A dirla tutta, all'inizio non sembra nemmeno un disco dei Tears For Fears così come ce li ricordiamo: “No small things”, che apre il disco, parte infatti come un pezzo country folk di Dylan ma poi dopo si riallinea alle cose più familiari associate alla coppia originaria di Bath. La title track co-scritta con il chitarrista della band Charlton Pettus, un pezzo tra l'irregolare e il classico Tears for Fears affronta il dolore di Orzabal per la perdita della sua prima moglie nel 2017 con un ritornello molto coraggioso ("Allora, chi è quel fantasma che bussa alla mia porta? / Sai che non posso amarti più").

Il disco procede con un altalenarsi di emozioni: c'è “Break the man” con il suo refrain solare che si contrappone alla successiva “My demons” in cui si racconta un futuro distopico in una sorta di synth rock, per poi arrivare alla traccia più bella del disco e forse anche dell'intera carriera dei TFF (“Rivers of Mercy”) e che potrebbe aver scritto Peter Gabriel. Qua e là si risentono armonie beatlesiane (“Master Plan”) e voci femminile (“Long long long time”) con  Carina Round al posto dell'ex collaboratrice Oleta Adams.

Come ci hanno raccontato Orzabal & Smith durante l'intervista, alcune canzoni hanno a che fare con vicende personali e della loro coppia artistica. E ascoltando queste canzoni si capisce cosa voleva dire Orzabal quando raccontava che nonostante gli anni tesi passati insieme sia lontani sia in tour, durante il processo di scrittura e registrazione “sembravano sempre ritrovarsi”.  La già citata “Master Plan” descrive in dettaglio le difficoltà che Orzabal e Smith hanno avuto a lavorare con il precedente manager. La chiusura “Stay” riflette sull'incertezza di Smith nel rimanere nella band, anche dopo la reunion, mentre la canzone dall'ingannevole titolo “Please Be Happy” racconta il trauma di Orzabal al capezzale della moglie morente, riprendendo certe frasi orchestrali di “The Long and Winding Road”.

Per concludere, “The Tipping Point” è un disco multistrato, pieno di canzoni emotivamente coinvolgenti, di quella qualità che sta tra il classic pop e quello contemporaneo, senza giocare sulla scia dei successi passati (cosa che invece avevano fatto sul precedente “Everybody loves a happy ending”). Un disco che racconta come anche la sofferenza e la tragedia possono essere trasformati in grandi canzoni pop.

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