"Lateral": 1984, l'anno più Pop di sempre (terza parte)

Lateral è un appuntamento periodico di Rockol per attraversare la storia della musica popolare, alta e bassa, e offrirne una vista, appunto, laterale. Da leggere, commentare e ascoltare con la playlist dedicata. Questa è la terza parte dell’episodio dedicato al 1984.
§§§
Per qualcuno, gli anni Ottanta sono iniziati con il 1984. Per qualcun altro, gli anni Ottanta sono precipitati dopo il 1984. Per altri ancora, il 1984 racchiude tutti gli Ottanta in un solo anno. George Orwell, Thatcher, Reagan, la Guerra Fredda, lo sciopero dei minatori, la morte di Enrico Berlinguer, le bombe dell'IRA, l'HIV. Il post punk e l’indie. Gli Smiths e Scialpi. This Mortal Coil e Alphaville. Gli yuppies, la moda, la borsa, i BOT. La Milano quasi da bere. Le cassette e i 12 pollici. L’analogico e il digitale. Il primo album dei Run DMC. I primi singoli di Beastie Boys e LL Cool J. Soprattutto, un’onda immensa di musica e suoni Pop a sommergere quasi tutto. Un polo gravitazionale che tutto attrae e modella, in tantissimi sottogeneri diversi, tutti in classifica. Per la prima volta, sei singoli superano il milione di copie vendute nel Regno Unito. Un numero impressionante di canzoni che passano il test del tempo.
Il 1984 è un anno bisestile e inizia con una domenica. In Italia il tempo è prevalentemente nuvoloso con temperature che oscillano tra 0 e 10 gradi. Se si può discutere su quale sia l’anno migliore della musica rock (1967, 1969, 1971, …?), non ci sono dubbi sul fatto che il 1984 sia l’apice della storia del pop. Questa è la terza parte di una storia che lo racconta. Dalla A alla Z.
Terza Parte
R come Revolution – Prince Roger Nelson, in arte Prince, arriva al 1984 come un oggetto strano. È uno dei pochissimi afroamericani a fare vere canzoni rock basate sulla chitarra. Intrise di funky e di molti altri stili, ma pur sempre con un DNA rock. Forse anche per questo, è stato categoricamente rifiutato dalle radio americane per tutti i suoi primi cinque album, uno solo dei quali è riuscito a entrare nella top ten americana. L'accettazione universale di “Thriller” nel complesso e di "Beat It" in particolare, rende più facile per l'America bianca e per MTV accettare Prince come una pop star. Diventa il nuovo fenomeno nero, porta una complessità immensamente superiore a quella di Michael Jackson, suona tutti gli strumenti, scrive canzoni articolate e le canta con un erotismo sfacciato che non si vedeva dai tempi di Little Richard. Come altre megastar dell’epoca, Prince vuole essere artista a 360 gradi, aggiungendo a canzoni, video, concerti, anche un film. La prima è il 26 luglio 1984 a Los Angeles. Il film, scritto e interpretato da Prince che fa il suo debutto sul grande schermo, ha chiari risvolti autobiografici e racconta un musicista alle prese con difficoltà in famiglia, rivalità musicali e alle prese con una storia d'amore. “Purple Rain” vincerà l'Oscar per la migliore colonna sonora originale e incasserà quasi 100 milioni di dollari. L'album rimarrà al numero uno negli Stati Uniti per 24 settimane vendendo oltre 25 milioni di copie. La canzone che dà il titolo al film e che si erge come un totem nel bel mezzo degli anni Ottanta nasce con cadenze quasi country. Prince propone a Stevie Nicks, con la quale aveva collaborato l’anno prima, uncredited, di scrivere il testo e magari anche di cantarla. La Nicks ascolta la musica, ne è intimidita e rifiuta. La canzone torna nelle mani di Prince che inizia a giocarci durante le prove, ma è solo quando la chitarrista dei Revolution Wendy Melvoin inizia a suonare una serie di big chords che Prince ridisegna completamente la canzone. La suonano per sei ore di fila e alla fine della giornata è bella che finita. Il 3 agosto 1983 Prince e i Revolution suonano a Minneapolis per un concerto di beneficenza. È il primo concerto di Wendy e il debutto di “Purple Rain” di fronte a un pubblico. C’è uno studio mobile di registrazione fuori dal club che registra la versione live, lunga ben 13 minuti. Sarà ridotta a 8 e con l’aggiunta di archi e overdubs finirà dritta sull’album e nella storia del rock. “I only want to see you bathing in the purple rain”.
S come Sexcrime - George Orwell pubblica “1984” nel 1949. L’ha completato sulla sua macchina da scrivere, gravemente malato su un’isola al largo delle coste scozzesi. Il romanzo “che ogni giovane dovrebbe conoscere” non solo vende decine di milioni di copie, ma si infiltra nella coscienza di milioni persone che non l'hanno mai letto. Le frasi e i concetti coniati da Orwell diventano cardini del linguaggio politico, ancora potenti dopo decenni di uso e abuso: il Grande Fratello, la polizia del pensiero, la stanza 101, il 2+2=5 e il ministero della verità. "Orwelliano" diventa un'abbreviazione universale per qualsiasi situazione repressiva o totalitaria. Quando il 1984 arriva davvero, il cinema lo celebra, non con uno ma ben due film. “1984” di Michael Radford esce prima della fine dell’anno. “Brazil” di Terry Gilliam (inizialmente intitolato “1984 ½”) solo l’anno dopo. Le colonne sonore di entrambi i film presentano, o dovrebbero presentare, due artisti pop che vanno per la maggiore: nel primo caso gli Eurythmics, nel secondo Kate Bush. Pochi mesi prima, Annie Lennox e Dave Stewart sono a Nassau al lavoro sui brani della colonna sonora. La RCA ha pubblicato a loro insaputa pochi mesi prima “Touch Dance”, un album di remix di loro canzoni. Complice anche l’orribile copertina, non l’hanno presa bene. Decidono quindi che è il momento di imparare come si fa un 12 pollici, tra delays e dub mixing. Chiedono il supporto di E. T. Thorngren, produttore e mixer alla Sugar Hill Records, per realizzare una colonna sonora che appare subito più sperimentale dei loro due ultimi lavori. C’è un solo problema, il regista del film non sa che i due sono al lavoro e ha commissionato una colonna sonora orchestrale a Michael Kamen. Tra polemiche che coinvolgono il proprietario della Virgin, Richard Branson, versione multiple del film con le due colonne sonore, si arriva alla pubblicazione del singolo che sarebbe dovuto comparire nel film, ma che nel film non c’è. “Sexcrime” tra sample della voce della Lennox e Stewart al vocoder, sarà bandito dalle radio USA, ma diventerà un successo quasi ovunque. Per inciso, anche la versione di “Brazil” di Kate Bush alla fine non troverà spazio nella colonna sonora. Colpa del Big Brother? “Sexcrime, sexcrime. Nineteen eighty-four, nineteen eighty-four”.
T come Tecnologia – Prima del 1984, il mondo della musica – e la vita in generale – è ancora pre-digitale. Gli strumenti sono analogici, anche se sempre di più con una dimensione elettronica, si registra su nastro magnetico e il prodotto finito è un disco o una musicassetta. Il 1984 è l’anno in cui la registrazione e il consumo della musica iniziano a spostarsi verso il digitale, mentre il compact disc comincia il lungo percorso di sostituzione del vinile che continuerà per buona parte dei Novanta. “Born In The U.S.A.” è il primo CD a essere prodotto negli Stati Uniti e anticipa il successo di “Brothers In Arms” dei Dire Straits che nel 1985 supererà il milione di copie vendute. Anche la musica suonata cambia faccia, con l’affermarsi di sintetizzatori digitali e drum machines. Il tutto è amplificato dal MIDI (Musical Instrument Digital Interface) - che consente il controllo degli strumenti digitali dal computer, definendo le sequenze di un brano secondo un tempo perfetto - e dalle possibilità offerte dai campionatori che consentono di ricreare i suoni di ogni tipo di tastiera digitale. Produttori e dj diventano artisti, semplicemente usando samples, rallentandoli o accelerandoli, combinandoli, suonandoli al contrario, o in una chiave diversa. Le possibilità diventano presto infinite, portando a un altro livello i primi approcci al sampling della nascente cultura hip hop di fine Settanta. Se con il punk bastava conoscere tre accordi, adesso non serve essere un musicista: si possono usare musiche di altri e farle tue (le tematiche legali terranno impegnata l’industria musicale per anni). Il sintetizzatore che Eddie Van Halen utilizza per disegnare il riff della canzone che apre il 1984 (inteso come anno, ma anche come il titolo del nuovo album dei Van Halen) appartiene alla generazione immediatamente precedente. È un Oberheim OB-Xa, analogico polifonico. Sarà per questo che riesce ad avere quel suono grasso che rende “Jump” una delle canzoni più riconoscibili del periodo. David Lee Roth è contrario all’uso delle tastiere temendo una deriva commerciale della band (deve avere presto cambiato idea, visto il suo percorso solista futuro), ma Eddie si ricorda che suonava il pianoforte prima di imbracciare la chitarra, insiste e vince. Il video, girato con una pellicola amatoriale da 8 mm, con camera-look e salti del cantante, diventerà lo standard per le band rock del periodo. “So can't you see me standing here? I've got my back against the record machine”.
U come Underground – Chi nel 1984 muoveva i primi passi nell’indifferenza del pubblico, salvo poi segnare la musica degli anni immediatamente successivi? I primi sono due fratelli che vivono di sussidi a East Kilbride, in Scozia, registrando demo su un quattro tracce comprato con i soldi del padre. Jim e William Reid fanno della musica rock capace di fondere la dolcezza del pop dei gruppi femminili degli anni '60 con il rumore del punk e dei Velvet Underground. Nel 1984 iniziano a costruirsi una reputazione formidabile come live band, in concerti brevi ma di un'intensità incredibile. Il primo singolo, “Upside Down”, esce a novembre e anticipa di un anno “Pshycocandy”, l’album che farà gridare al miracolo le riviste musicali di tutto il mondo. Sono nati i Jesus And Mary Chain. La prima volta in cui gli Housemartins suonano insieme è nell’ottobre 1984, all’Università di Hull, la loro città natale. Nel 1985 Norman Cook, il futuro Fatboy Slim, si unirà al gruppo che esordirà su singolo nello stesso anno. Sono forse la più grande promessa inglese di metà Ottanta, solo parzialmente mantenuta, e si ripromettono all’inizio della loro avventura di separarsi dopo tre anni. Manterranno l’impegno. Il singolo di debutto dei Pogues, “Dark Streets Of London”, esce autoprodotto con una tiratura limitata di meno di 300 copie. David "Kid" Jensen lo fa ascoltare su BBC1 e la band di Shane MacGowan trova un contratto con la Stiff Records. Inizia così una storia fatta di accordion, thin whistle, banjo e chitarre suonate con furore punk, ad accompagnare liriche che cantano bevute, vite disperate, ma anche speranze. Più o meno in contemporanea, in Italia esce il primo sette pollici dei CCCP, “Ortodossia”, con un considerevole ritardo rispetto alle attese del pubblico. Il gruppo è già attivo da un paio d’anni e ha coniato una nuova forma musicale, fedele all’etica e all’estetica punk, suonata con strumenti elettronici e accompagnata da un cantato declamatorio, su liriche particolarmente dure. L’epicentro dell’azione è la pianura padana, nel rifiuto completo di ogni americanismo. Si autodefiniscono alfieri del punk filosovietico e musica melodica emiliana. L’anno dopo uscirà il primo album “Affinità-Divergenze Tra Il Compagno Togliatti E Noi (Del Conseguimento Della Maggiore Età)”. Vendite scarse, impatto culturale enorme. Qualcosa di mai visto prima, ma nemmeno dopo, nella musica italiana. “Spera Jurij spera, spera Jurij spera”.
V come Videomusic – 26 giugno 1976. “Linda Bella Linda”, un brano dei Daniel Sentacruz Ensemble in concorso pochi mesi prima al Festival di Sanremo, è al secondo posto della classifica italiana dei singoli. Notte tra il 1° e il 2 aprile 1984. Nella dependance di un hotel nella Garfagnana, iniziano le trasmissioni di Videomusic. Comune denominatore tra i due momenti è Ciro Dammicco, cantautore, compositore, autore di sigle televisive, responsabile del rilancio della coppia Albano – Romina Power e direttore artistico della prima televisione italiana completamente dedicata alla musica. I videoclip funzionano, il mercato discografico sta andando benissimo, MTV non è ancora sbarcata in Europa: c’è spazio per un canale musicale italiano, il primo in Europa. L’idea è proprio di Dammicco, in rientro da un’esperienza negli Stati Uniti, i soldi sono quelli della famiglia Marcucci. I primi video trasmessi sono “All Night Long” di Lionel Ritchie, “Club Tropicana” degli Wham!, “Radio Ga Ga” dei Queen, “Don’t Cry” degli Asia e “Rock the Casbah” dei Clash. Videomusic arriva dopo l’esperienza elegantemente autoriale del Mister Fantasy di Carlo Massarini – che ha da poco finito il suo ciclo alla Rai, lanciando tra gli altri Sergio Caputo e Flavio Giurato - e quella commerciale dall’impronta pop/new wave di Deejay Television su Italia 1 e Prontovideo su Rete 4. L’orientamento di Videomusic è da subito più ruspante e marcatamente rock, con spazio ad eventi live – il primo concerto trasmesso è quello dei Talk Talk al Tenax, il tempio fiorentino della new wave - e speciali su heavy metal e artisti tutt’altro che mainstream. A Gerry Scotti e Gianni Riso, rispondono Clive Griffiths e Rick Hutton. Gli studi hanno un che di poveristico, il logo, con quella grande M, è un parente stretto di quello di MTV. Il taglio iniziale non si discosta troppo da quello delle radio locali. Il dj diventa vj. Si producono sei ore di trasmissione, mandate in replica per quattro volte al giorno. Il divieto di interconnessione sul territorio nazionale è superato con videocassette mandate a TV locali che le trasmettono più o meno in sincrono. Saranno undici anni di grande divertimento e impatto sulla cultura musicale dei giovani italiani, tra Bowie, Iron Maiden, Nirvana e Madonna, fino alla vendita a Cecchi Gori. “I'd sit alone and watch your light, my only friend through teenage nights”.
W come Wolfgang Amadeus Mozart – L’Eurovision Song Festival (meglio noto come “EuroFestival”) si tiene per la prima volta a Lugano nel 1956, anticipando di nove anni “Giochi Senza Frontiere”. I paesi partecipanti sono diversi, ma lo spirito è lo stesso: creare un senso comunitario tra i paesi europei e, nel caso dell’EuroFestival, anche delle aree immediatamente limitrofe. L’Italia partecipa fino al 1980, poi la RAI si dichiara non interessata alla manifestazione – che nel frattempo è diventata quasi invisibile, almeno nel nostro paese – e salta le rassegne del 1981 e 1982. I criteri di selezione dell’artista e della canzone che rappresentano il Paese non seguono una logica precisa. A volte il vincitore del Sanremo dello stesso anno dell’EuroFestival, altre quello dell’anno prima, altre ancora qualcun altro. La stessa canzone di Sanremo, un inedito, e così via. Ad analizzare le partecipazioni italiane degli anni Ottanta, il caso sembra prevalere: in due casi ci va il vincitore del Sanremo dell’anno prima, in altri due quello dello stesso anno, negli altri anni non c’è un criterio preciso. È così anche per il 1984. I candidati più probabili sembrano essere Tiziana Rivale, che ha vinto inaspettatamente il Sanremo 1983 - e che da allora protesta per la mancata partecipazione all’EuroFestival – e Albano e Romina che si sono piazzati al primo posto nell’edizione successiva. La RAI decide invece di mandarci una coppia che collabora da anni, ma che non ha mai inciso un brano inedito insieme in studio, né mai lo farà in seguito (trent’anni dopo si ritroveranno per “La Realtà Non Esiste” di Claudio Rocchi). Sono Franco Battiato e Alice. Tozeur, ai margini del deserto del Sahara, è davvero un mondo lontanissimo per l’italiano medio del tempo. Cittadina di frontiera e crocevia per le carovane, tra miraggi e laghi salati, ha in effetti una stazione da cui partono e arrivano treni, lenti, anche se non per viaggi interstellari. Tra riferimenti obliqui a René Guenon e l’arrangiamento di elettronica + archi in perfetto stile Battiato/Pio, la canzone si piazza al quinto posto della rassegna. Sul palco, le movenze di Battiato e Alice sono essenziali, esteticamente perfette in un bianco e nero di grande contrasto con l’estetica festivaliera. La clip della penna che affiora dalla tasca della giacca del cantante fa il resto. A chiudere l’esibizione, il coro canta in tedesco un frammento del testo de “Il flauto magico di Mozart”. “E per un istante ritorna la voglia di vivere, a un'altra velocità”.
X non c’era nel 1984
Y come Young (Forever) – Nel 1947 un gruppo di scienziati del progetto “Manhattan” che ha contribuito alla realizzazione della bomba atomica, ma si è schierato contro un suo uso contro gli esseri umani, decide di creare Il “Doomsday Clock”, noto anche come l’Orologio dell’Apocalisse. Nelle loro intenzioni, è una metafora che rappresenta quanto l'umanità sia vicina all'autodistruzione a causa delle armi nucleari. Le lancette vengono inizialmente fissate a sette minuti dalla mezzanotte e da allora, il Bulletin of the Atomic Scientists lo aggiorna ogni anno per riassumere il rischio affrontato dall’umanità. Dopo essere state sopra i dieci minuti per una buona parte dei Settanta, nel 1980, le lancette tornano a sette minuti dalla fine del mondo. I negoziati per il disarmo sono falliti e Stati Uniti e URSS sono impegnati in una gara a chi ha più testate nucleari. Il governo di Margaret Thatcher distribuisce a tutti i cittadini del regno l'opuscolo di trenta pagine “Protect and Survive” che consiglia il modo più sicuro per proteggersi dopo un attacco nucleare. In sintesi, nascondersi in una credenza nel seminterrato e non uscire all’esterno per almeno due settimane. La guerra fredda diventa uno dei temi delle canzoni pop, a partire da Kate Bush e Peter Gabriel. Nel 1984, l’orologio segna solo tre minuti a mezzanotte. È il momento peggiore dai test con la bomba ad idrogeno di 32 anni prima. Si intensifica la corsa alle canzoni pop che parlano di Armageddon. Inizia Nena con “99 Red Balloons”, numero uno nelle classifiche inglesi a febbraio, ma già uscita in lingua tedesca l’anno prima. Dopo di lei, il diluvio. Gli Ultravox con “Dancing with tears in my eyes”, i Frankies con “Two tribes”, Queen, Nik Kershaw, Culture Club e tanti altri. Ma a cristallizzare lo zeitgeist e rappresentarlo nei secoli dei secoli (al momento della scrittura di questo pezzo, la canzone è oltre i 500 milioni di stream su Spotify, più di qualsiasi altra canzone del 1984 di giovani band inglesi, fatta eccezione per gli Wham!) arriva un gruppo di Münster, Germania Ovest. Gli Alphaville. Il suono è quello delle canzoni pop del periodo, tra tappeti di synth, Linn drums e archi finti. Il ritornello suona come un’affermazione della fiducia dell’essere giovane. 40 anni dopo rimane un inno romantico all’adolescenza, saccheggiato da film e serie televisive, matrimoni e funerali, con il ritornello finale che, a un passo dal kitsch – o forse due passi oltre - non smette di commuovere. “Forever young, I want to be forever young”.
P.S. Il Doomsday Clock a inizio 2024 segna 90 secondi a mezzanotte.
Z come ZTT – Metti insieme colui che è forse il più grande produttore musicale del tempo dopo Quincy Jones (Trevor Horn), la moglie-manager che indirizza le sue aspirazioni musicali verso la commerciabilità (Jill Sinclair) e un giornalista musicale che si autodefinisce “Head of Dream department” (Paul Morley). Aggiungi un terzetto di eccellenti musicisti di studio, il meglio delle tecnologie disponibili nel periodo (tra Fairlight CMI e Synclavier di terza generazione) in uno studio a ovest di Londra. Sei pronto per definire il piano per il lancio di un'etichetta discografica che prende molte idee dalle migliori etichette post-punk, le riveste di una patina pop e le porta dritte dritte nel mainstream. Quando bisogna trovare il nome, viene in soccorso una guida tascabile sul Movimento Futurista che celebrando un mondo nel quale la tecnologia ha cambiato per sempre il significato di essere umano, sembra predire il futuro della cultura pop e l'idea degli artisti come marchi, personalità, celebrità e influencer d'avanguardia. Zang Tumb Tumb, il suono che Marinetti usa per rappresentare il rumore di una mitragliatrice in guerra, diventa il nome della nuova label, destinata a dare battaglia nelle classifiche pop. Il manifesto di un altro italiano, Luigi Russolo, sui potenziali suoni futuri e sul ruolo e le responsabilità dei musicisti futuristi fornisce il nome della house band, gli Art of Noise. I musicisti, i tecnici, i designer e i programmatori degli Art of Noise aiutano Trevor Horn a creare i dischi dei Frankie Goes To Hollywood pubblicati che domineranno le classifiche del 1984. Non senza un marketing culturale multicanale fatto di provocazioni quotidiane, nel quale le istanze futuriste, dadaiste, ma anche Fluxus e il situazionismo si fondono in un unicum che trasforma il modo di fare l’advertising musicale del ventesimo secolo. Horn, Sinclair, Morley. La ZTT Records. “Moments. Moments. In love. In love
Puoi leggere qui la prima parte dell'episodio, qui la seconda e trovi qui la playlist che accompagna il viaggio.