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Casanova Operapop: riportare l’opera al pop(olo)

La difficile battaglia di Red Canzian per portare la musica nelle sale
Casanova Operapop: riportare l’opera al pop(olo)

Il distributore Officine Ubu ha dato fiducia a Red Canzian, portando in sala in una speciale tre giorni, a fine novembre, la versione filmica del suo spettacolo musicale, già rivelatosi un successo di pubblico nei teatri. Uno spettacolo in cui l’ex bassista dei Pooh ha investito in maniera importante, anche economicamente, da produttore. Eppure è un successo che non sembra bastare per fare la differenza.


Il sogno di un Casanova diverso

“Casanova Operapop” infatti nasce nei teatri italiani come musical d’impostazione operistica che vuole celebrare e insieme rifondare la figura del veneziano Giacomo Casanova. Un personaggio storico locale di grande fama internazionale che il cinema italiano ha già raccontato, dai tempi di Federico Fellini fino all’ultimo film di Gabriele Salvatores, concentrandosi però sul sul lato sensuale: Casanova seduttore, consumato dall’amore e dall’amare.

Raccontare un Casanova differente era un sogno nel cassetto per Red Canzian, che pare sia volato da New York a Milano per non perdersi la prima italiana della pellicola. Nell'occasione Canzian ha raccontato la genesi di quello che sembra un musical, ma vuole essere la versione più vicina possibile all’opera lirica traslata in termini e gusti musicali contemporanei. Quell’opera di Verdi e Rossini che un tempo nei teatri attirava tutte le classi, anche le più umili, che era popolare nel senso di famosa, certo, ma anche d’accessibile a tutti. Non solo ai ricchi signori con il palchetto di famiglia prenotato per tutta la stagione di un tempo, non solo al pubblico danaroso e glamour che popolerà tra qualche giorno la prima operistica più importante al mondo: quella del Teatro alla Scala di Milano.

Torniamo a 10 anni fa, a Red Canzian che culla il sogno di scrivere in musica di Casanova, un personaggio storico che lo affascina, spesso ridotto a un mero seduttore, inseguitore di sottane. Serve però la storia giusta, il punto di vista che ne metta in luce le tante doti politiche e le debolezze umane: la fedeltà incrollabile alla sua Venezia, la paura di innamorarsi e lasciarsi andare. Nel 2018 arriva il libro del romanziere e sceneggiatore Matteo Strukul intitolato “Giacomo Casanova - La sonata dei cuori infranti”. Canzian lo contatta, i due si mettono al lavoro, venendo poi interrotti dal Covid.


Casanova, dai teatri ai cinema

“Una volta trovato il romanzo di Matteo le canzoni sono venute d’impeto, in maniera immediata” ha detto Canzian. “Casanova Operapop” è composto da due atti, ventisei brani cantati più tre tracce strumentali. Pochissimi i dialoghi, perché Canzian guarda appunto all’opera più che al musical per struttura e impostazione. 

Musicalmente parlando invece siamo nel territorio del musical: ci sono le ballatone romantiche, ma non passa inosservato un bell'incedere rock che affiora nei passaggi più concitati della trama. Si sente la mano di Canzian, eccome. Compositore, produttore, factotum del progetto. Il musicista ha raccontato di come durante la pandemia si aggirasse all’alba per le calli veneziane, per riprendere le piazze e i canali deserti che fanno da scenografia allo spettacolo, aiutato dai pochi gondolieri in attività. 

Dopo il debutto nel 2022, il musical si rivela un discreto successo, riempie i teatri. Teatri che però, dagli anni di Casanova a quelli di Canzian, non sono più di così facile accesso. Un po’ per questioni economiche, un po’ per questioni geografiche: tra il finire del 2022 e il 2023 “Casanova Operapop” va in tour, ma fatica a uscire dalle grandi città, a raggiungere il profondo sud dello Stivale, nonostante il successo di pubblico. 

Così Canzian pensa al modo di portare il suo spettacolo ad ancora più persone: il cinema. Un medium che a sua volta ha perso lustro e non è più popolare come un tempo, ma rimane più accessibile del teatro. Lo spettacolo non si fa film, non perde la sua connotazione teatrale in un adattamento da un medium all’altro. “Casanova Operapop” infatti è un curato montaggio di varie repliche dello spettacolo teatrale che ha permesso al pubblico in sala di assistere alla messa in scena originale, che si percepisce come “unica”, quasi una diretta. 

Rispetto all’esperienza teatrale c’è sicuramente l’apporto dato dal montaggio cinematografico, dal punto di vista mobile delle cineprese, dai primi piani che a teatro difficilmente si possono apprezzare. L’impressione è però più teatrale che cinematografica, con tutti i pregi e i difetti che ne conseguono. “Casanova Operapop” è un lungometraggio apprezzabile, di gran ritmo musicale e narrativo, che cattura un prodotto potenzialmente destinato a platee più vaste di quelle che riesce a raggiungere, nonostante il suo successo.


Casanova e il pop che non c’è più

Canzian ha spiegato: “Se in teatro ci hanno visto in centomila, con il film possiamo aspirare a un milione di spettatori”. Stima oltremodo entusiastica considerando la release limitata di tre soli giorni, il numero di copie distribuite e la generale difficoltà del cinema in Italia a staccare quel numero di biglietti. Dalle parole di Canzian è emersa una verità amara: in teoria il pubblico ci sarebbe anche, ma ormai anche il cinema fatica ad arrivare nelle periferie, o almeno a portarci qualcosa di differente dai film di grido e commercialmente trasversali.

“Casanova Operapop” ha dalla sua la potenza pop della musica dei Pooh, anche se il suo artefice è il solo Canzian. Musicalmente parlando è un prodotto più che accessibile, garantisce un buon intrattenimento musicale agli spettatori. Il problema sta nella scarsa capacità di penetrazione dei teatri, anche con le proposte più popolari, che si riflette nel circuito dei cinema, che spesso fanno da tampone. 

La sala diventa talvolta distributore di contenuti musicali “alti” come l’opera, trasmessa in diretta durante gli eventi speciali dedicati. Eventi speciali che si espandono anche in ambito prettamente cinematografico: i film musical, i documentari a tema musicale, le opere d’animazione giapponese. Tante categorie di pop, musicali e non, vengono distribuite in maniera contingentata, faticando a uscire dai grandi centri urbani con abbastanza sale per poter trovare loro spazio. Il teatro cerca spazio al cinema, la musica trasformata in film arriva nelle sale sì, ma solo per 72 ore, per chi è abbastanza fortunato da avere una sala non troppo lontana che la ospiti.

Chi fermerà la musica dunque? Forse la difficoltà sempre crescente di portala nelle sale e nei teatri, che spesso sono popolati da un pubblico di una certa età, che mantiene l’abitudine e la curiosità di andare in sala, con la volontà di vedere e sentire con i propri occhi. Per fortuna c’è ancora qualche matto, come si è definito scherzando Canzian, che ancora ci prova.

 

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