Fabi-Silvestri-Gazzé: "Siamo una democrazia totalitaria"

Il trio si ricompone al Circo Massimo. Fabi-Silvestri-Gazzè - in ordine non di importanza ma di puntualità – celebrano i dieci anni da “Il Padrone della festa” il prossimo 6 luglio, in un luogo-simbolo della loro città. Era il 2014 quando si unirono in quel disco e tour, poi li abbiamo visti a intermittenza, ospiti nei rispettivi concerti, e pochi giorni fa insieme per i trent’anni de Il Locale, il club capitolino dove si incontrarono nei primi ‘90, sparito dalla mappa fisica ma non da quella (senti)mentale, così lontano nelle modalità oltre che nel tempo, da diventare coordinata mitologica. Dal micro di una tana al macro di un’area monumentale che ormai è abituata a concerti spettacolari tellurici, talvolta meccanici. Situazioni opposte, che con il trio ci si aspetta trovino una qualche convergenza. Più che altro, dovrebbe essere un concerto pieno di affetti speciali. I tre palleggiano a meraviglia, ridono a dirotto, e contagiano facilmente. C’entra l’amicizia, «quasi fratellanza» sottolinea Gazzé e il futuro di una volta. Quello che immaginavano essere giusto, per la musica e non solo.
A Il Locale c’era una visione andata perduta - brani originali, suonare tanto dal vivo prima di uscire su disco, la lentezza, l’attenzione e la commistione come occasioni imperdibili – di cui i tre sono ancora portatori. E c’era una visione di società in “Il Padrone della festa”, al punto che il testo del brano sembra scritto oggi: Voglio che le cariche importanti/ Dove si decide per il mondo/Vengano assegnate solo a donne. Si parlava già di tutela ambientale per questo sasso chiamato Terra, e della guerra: Siamo ammanettati tutti insieme alla stessa bomba. Non suoneranno nostalgici, purtroppo. «La scaletta è tutta ancora da vedere» spiega Silvestri «Ci saranno i brani di quel disco, e qualche aggiunta di questi dieci anni». Oltre a un vecchio brano che sta vivendo una seconda vita, il silenzio che fa rumore di “A bocca chiusa”, colonna portante del fortunato film di Paola Cortellesi.
Ognuno dei tre è impegnato nel proprio percorso: Daniele Silvestri, da poco uscito con “Disco X”, è prossimo alla transagonistica romana “Cantastorie recidivo” (trenta date all’Auditorium Parco della Musica per i suoi altrettanti anni di carriera); Niccolò Fabi con “Meno per meno” sancisce i 25 anni di attività e ha appena vinto il Premio Tenco per la Migliore Canzone con il brano Andare Oltre; Max Gazzè è in tour e pronto al nuovo lavoro “Amor Fabulas”. Eppure troveranno il tempo per mettere su un concerto nel senso etimologico del termine (intesa, patto, conversazione, consonanza), portando sul palco le loro identità, stili così riconoscibili da giocare a scambiarseli. Una sanissima trinità che ha cura del suono, della parola, dell’idea di collettivo, a difesa di un altro modo di intendere la musica e il mondo.
Di chi è stata l’idea di un concerto al Circo Massimo e come avete reagito davvero?
Gazzè: «Il responsabile esterno è Francesco Barbaro, che dieci anni fa ha generato anche l’idea del nostro disco insieme. Noi all’inizio avevamo pensato di celebrare con una cenetta fra amici, o con il fanclub, poi un concertino da qualche parte, magari sotto al cipresso di Circo Massimo. Ecco, poi dal cipresso è diventato tutto. Festeggiamo un’unione vera, spontanea, nata con amore. Credo che la gente percepisca che “Il Padrone della festa” non fu un’operazione discografica».
Fabi: «Io mi sono spaventato, sembrava una follia, una scelta sovrastimata, esagerata. “Il padrone della festa” non è mica “The Dark Side Of The Moon”! Mi ha convinto il desiderio di rivivere un’esperienza emotiva, umana e musicale, che non vivo da dieci anni. Condividere il palco con persone che stimo, in grado di condurre il concerto anche se sto in un angolo a suonare la mia chitarrina, liberandomi quindi del peso che porta un cantautore quando sta solo. Infine, mi mancava proprio quel repertorio di canzoni».
Silvestri: «Volevamo lasciarla una cosa unica e irripetibile, poi l’idea ci ha sedotti perché “Il padrone della festa”, quasi miracolosamente, continua a vendere un po’ ogni giorno, da quando è uscito. Puntualmente qualcuno ci chiede: “Ma quando lo rifate?”. Quindi, ecco l’occasione. Mi sono accorto che in tre, facciamo più che da singoli. Individualmente non rappresentiamo una generazione, ma forse insieme sì».
Ci sono concerti o cortei che avete visto in quel luogo e che lo rendono speciale?
Silvestri: «È un posto che da romani attraversiamo in continuazione, a volte dandolo per scontato. Lo guardi e immagini quante cose ci sono successe. Tra le tante, a parte per me lo scudetto della Roma, c’è quello che è avvenuto pochi giorni fa, alla manifestazione contro la violenza sulle donne. Quel Circo Massimo pieno anche di famiglie, bambini, in un clima stupendo, è stato una cosa potente. Non so perché, ma faceva intravedere un futuro migliore. Quando, in mezzo alla storia, riesci a guardare avanti, è ancora più bello».
Tutela dell’ambiente, guerra, patriarcato: tutti temi presenti in “Il Padrone della festa”. C’è più amarezza perché in dieci anni niente è cambiato, o più speranza che qualcosa si stia muovendo?
Silvestri: «Quei temi sono oggi diventati particolarmente pressanti. La cosa positiva è che mi sembra siano più diffusi fra le nuove generazioni».
Gazzè: «Gramsci diceva: la scuola insegna ma non ha scolari. C’è un dramma in corso, e non abbastanza considerazione. Penso a quello che sta accadendo ora a Gaza. Non ci rendiamo conto della gravità della situazione e mi dispiace, perché non è un problema locale. Io ho un sogno: vedere un mondo unito e fermare l’inaccettabile. Va oltre ogni diritto di difendersi dai terroristi. Non puoi fare Dresda 2 La vendetta e bombardare indiscriminatamente, far morire bambini, civili. Mi auguro che il cessate il fuoco diventi permanente e si cominci a dialogare, e questo non significa assolutamente essere contro qualcuno».
Il vostro è un caso in cui la forma è anche sostanza. Un nucleo democratico, o quantomeno diplomatico, che mette da parte i personalismi, al servizio di un obiettivo comune?
Fabi: «Non si può suonare in gruppo o in orchestra se non si è abituati ad ascoltare l’altro. Noi tre abbiamo quest’educazione sin dall’adolescenza, e ci troviamo a nostro agio anche stando in disparte. Siamo entità articolate, ma la nostra combinazione si può semplificare così: io sono il linguaggio sentimentale, emotivo, do un po’ la temperatura di base. Daniele è il narratore, quello che mette a fuoco i vari elementi, e anche il regista, perché gli dà la collocazione. Max è la parte surreale, la scheggia impazzita che mette in crisi il meccanismo, permettendoci così di fare un passo avanti».
Gazzè: «È una democrazia totalitaria, dove parlano tutti ma alla fine decido io».
Avete festeggiato da poco i 30 anni de Il Locale. Il trio ha anche questa funzione di ricordare un modo diverso di pensare la musica?
Silvestri: «Siamo nati lì e ce lo portiamo dentro. Non solo noi. Abbiamo da poco rivisto le stesse persone, ma di mezzo ci sono carriere milionarie di registi e attori. Negli anni ‘90 non esisteva solo Il Locale, era pieno di posti simili. Adesso, noi tre insieme, abbiamo l’opportunità di mostrare quell’approccio alla musica, che ancora ci appartiene. Non dico sia pedagogico, ma serve ricordarlo».
Fabi: «Secondo me, la caratteristica che ha avuto Roma rispetto ad altre città, è il cantautore-musicista. Altrove c’era il cantante o il gruppo, qui invece vedevi tanti cantautori, con un percorso personale, tanto di nome e cognome, che però suonavano le canzoni degli altri. Mettevano il proprio punto di vista, ma aprendosi. Intimità, però specchiandosi nell’altro. È diverso da chi nasce come gruppo e sin dall’inizio ha un modo corale di raccontarsi».
Il vostro è un vero e proprio sodalizio, non un featuring, come si usa oggi. Sarà così anche per la scelta degli ospiti. Chi chiamerete o chi vorreste assolutamente?
Gazzé: «Volevo Charlie Parker, ma era morto»
Fabi: «Per continuità stilistica pensavo a Beyoncé ma gli altri due non erano d’accordo»
Silvestri: «Non cerchiamo a tutti i costi ospiti e nomi da annunciare. Siamo già in tre, più tantissimi musicisti. Ovvio, c’è una schiera di persone di quella generazione di cui parlavamo prima, e probabilmente saranno lì con noi. Se succederà, sarà nella maniera più naturale possibile».
Nessun disco o inedito in vista?
Silvestri: «No, è proprio la festa de “Il padrone della festa” e basta. Anche se mi sono rimasti dei provini…magari ci sono cose valide».
Fabi: «Ah sì? Io e Max vorremmo sentirli, prima di farli uscire».