Zibba: “Il mio nuovo disco è una preghiera al mondo”

“Arrivare a non avere più paura, questa è la meta ultima dell'uomo”, scrisse Italo Calvino, fonte di ispirazione di Zibba per il suo nuovo album “La città dall’alto”, in uscita il 10 novembre. Lo presenterà lo stesso giorno al teatro Tiqu di Genova alle 21. L’artista, da tempo, quella paura, almeno nel mondo della musica, non ce l’ha più: ha varcato le porte del mainstream dieci anni fa al Festival di Sanremo con il brano “Senza di te”, ma poi ha scelto altre direzioni, ha collaborato e ha scritto come autore per alcuni dei più importanti nomi del panorama italiano, da Jovanotti, Niccolò Fabi, Marco Masini a Emma Marrone, Elodie, Patty Pravo e i Negramaro, ma non ha mai inseguito riflettori, compiacimenti o successi facili. Ma anzi, per certi aspetti, ne è rifuggito, a volte sbagliando, altre consapevolmente.
I racconti
Una cosa è certa: ogni suo disco ha qualche cosa di speciale, è la prosecuzione naturale del suo viaggio personale ed è un atto d’amore per la verità. “La città dall’alto”, in uscita per Pioggia Rossa Dischi, è un salto fuori e dentro il tempo: un percorso cantautorale e umano caratterizzato dall’incontro tra storie personali e quelle contenute nella raccolta “Ultimo viene il corvo” di Italo Calvino, dedicate alla resistenza, alla morale e al discernimento tra bene e male. “Tutto nasce quando dal Festival della Parola di Chiavari mi chiesero un tributo a Italo Calvino – ricorda Zibba – e così ho ripreso in mano alcuni suoi libri, ma devo dire che diversi di questi, soprattutto quelli scritti all’apice del successo, non mi hanno fatto lo stesso effetto che mi avevano regalato da ragazzo. Li ho trovati distanti da me, da quello che sono oggi. Mentre i racconti scritti dopo la Seconda Guerra Mondiale, da giovane e sconosciuto, mi hanno riconquistato perché ricchi di storie umane e sofferte, proprio quello che stavo cercando”. L’autore, musicista e produttore, ligure come Calvino, si è sempre distinto per la capacità di descrivere i sentimenti di un mondo che cambia, rimettendo al centro una parola piena di anima. Con “La città dall'alto” attinge dalla letteratura per raccontare la complessità del nostro vivere quotidiano, costruendo una musica fatta di tempi e volti sospesi.
Una preghiera
“Ho lavorato in modo nuovo e particolare per scrivere queste nove canzoni – prosegue Zibba – con appunti tratti dai racconti, con emozioni e sensazioni annotate in riferimento a quanto avevo letto, ho iniziato a improvvisare con la chitarra e ho lasciato che i testi uscissero in modo istintivo. Il risultato è stato un grande mix tra quello che avevo dentro e sentivo, e quello che avevo letto. Alcuni pezzi vanno a finire lontano rispetto al racconto iniziale di Calvino, altri raccontano i sentimenti di alcuni protagonisti, altre canzoni lasciano spazio alla totale interpretazione dell’ascoltatore”. Qual è il filo rosso? “L’album è una grande preghiera verso il mondo. E quando preghiamo qualcuno di ascoltarci: quello che scorre in noi rimane sospeso e non è mai tutto definito, come i protagonisti di queste canzoni – ammette Zibba – penso, per esempio, a ‘Nudi’, una ballata struggente che racconta il punto di vista di chi sta per finire in un buco profondo. Ma forse quel grande cambiamento è una fortuna, non è un male. Forse. Perché ogni inferno può essere anche un po’ l’inizio di un paradiso. E credo che questo concetto in qualche modo sia eterno, non abbia un tempo preciso”.
Il mercato
Il disco è stato prodotto da Zibba, scritto dallo stesso cantautore ligure insieme a Samuele Puppo e registrato negli spazi di Lab22 dall’artista stesso con l’aiuto di Prinzy del Boombastic Studio. “Samuele è stato fondamentale per me - svela - questo è stato un album sofferto e intenso. Mi ha dato una grandissima mano. Anche sul suono ho voluto lavorare in modo particolare, improvvisando e mantenendo intatta una verità. Il pianoforte che si sente nel disco è quello vecchio e scordato che mi regalò mio padre a sei anni. Ma volevo quello e rifiutavo l’idea di costruire a tavolino qualche cosa, anche per questo i sassofoni sono arrivati in un secondo momento, volevo che tutto fosse in qualche modo libero”. Ed è proprio con una pura sincerità nell’arte che alcune paure o ansie arretrano. “Mi chiedono: come si pone, rispetto al mercato, questo album? – conclude Zibba – non si pone in nessun modo se no l’avrei fatto in modo diverso (sorride, ndr). Non so cosa voglia da me il mercato, forse mi vuole seduto in panchina. Non ho sentito il peso delle aspettative, non mi interessano più, ho semplicemente fatto musica proseguendo la mia ricerca. È l’unica cosa che davvero mi interessa”.