Olivia Rodrigo: riot, radicale e punk
A differenza di antenate Disney come Miley Cyrus, Selena Gomez e Demi Lovato, quando arrivò il momento di firmare il suo primo contratto discografico, dopo che serie tv per adolescenti come “Bizaardvark” e “High School Musical: The Musical - La serie” l’avevano di fatto resa la next big thing del canale, Olivia Rodrigo voltò le spalle a Topolino: l’allora 17enne stellina statunitense non firmò per l’etichetta interna della società, ma per Interscope/Geffen, “perché era l’unica etichetta che mi percepiva come una cantautrice, non come una popstar”. Non sorprende che nel nuovo album “Guts”, in uscita domani in tutto il mondo a distanza di due anni dal successo sensazionale dell’esordio con “Sour”, mischi un rock aspro che attinge dall’indie britannico (Wet Leg e dintorni) con la musica alternativa americana (cita tra le sue reference Beck e gli Smashing Pumpinks) e il punk femminista che mamma Jennifer le faceva ascoltare da bambina. Riot, radicale e ribelle: Olivia Isabel Rodrigo è una teenstar atipica, che ha sempre avuto le idee chiarissime sulla sua identità e sul suo percorso. In “All-American bitch”, la canzone che apre “Guts”, si cimenta in una diatriba satirica contro le aspettative e i doppi standard a cui si sente ancora vincolata: “Ho sperimentato un sacco di turbamenti emotivi per i sentimenti di rabbia e insoddisfazione che sentivo di non poter esprimere, soprattutto nel mio lavoro. Pensavo: ‘Non puoi ammtterlo, devi essere grata: ci sono un sacco di persone che vorrebbero essere dove sei tu’”.
Nel 2021 il singolo “Drivers license” debuttò direttamente al primo posto della Billboard Hot 100, la classifica settimanale relativa ai singoli più popolari negli Usa, e fu il primo brano a raggiungere 80 milioni di stream in soli sette giorni su Spotify, stabilendo un record sulla piattaforma. L’album di cui faceva parte, “Sour”, ha venduto 18 milioni di copie a livello mondiale, permettendo a Olivia Rodrigo di girare il mondo con la sua musica, di vincere tre Grammy alla sua prima partecipazione alla cerimonia e di riuscire a compiere in una manciata di anni tutto il ciclo di ascesa, caduta e redenzione che di solito le star percorrono in una carriera intera. Quel frullatore che l’ha tritata e spremuta - l’anno scorso è uscito su Disney+ anche il docufilm “Olivia Rodrigo: Driving Home 2 u”, nel quale ha raccontato la genesi di “Sour” e la sua ascesa - ora sembra essersi come inceppato. La 20enne popstar statunitense dice di aver gestito la sua ascesa con cautela: “In un certo senso ho avuto successo dall’oggi al domani - riflette Olivia Rodrigo in una lunga intervista in esclusiva al Guardian - lavoravo alle canzoni da anni e mi preparavo per quel momento da molto tempo. Ma per molti aspetti è stato tutto istantaneo, quindi prendere le cose con calma è stato il mio modo di affrontare la situazione”. Gli impresari volevano subito ottenere il massimo del profitto da quella scintilla iniziale, che per quanto potente si era appena accesa: a imponenti tour nelle arene e negli stadi - che comunque non avrebbe fatto fatica a riempire - Olivia Rodrigo ha preferito i teatri e i piccoli club, scegliendo di fare le cose con gradualità. Evitando di bruciarsi subito.
In “Vampire”, il singolo che lo scorso giugno ha anticipato l’uscita di “Guts”, la popstar ha raccontato il senso di smarrimento provato dopo essersi ritrovata in testa alle classifiche di mezzo mondo, mettendo in scena nel relativo videoclip la sua fuga dalla tossicità dell’industria dell’intrattenimento. In “Making the bed”, la canzone che rappresenta idealmente il cuore del nuovo disco (l’edizione standard contiene 12 canzoni, la deluxe quattro in più), Olivia Rodrigo arriva a diffidare di sé stessa mentre la celebrità ha deformato le sue priorità, portandola ad allontanare le amicizie di una vita e ad ubriacarsi in compagnia delle persone dei giri che contano. “Avevo 19 anni e avevo tutta questa gioia di vivere. Ero anche una debuttante in questo settore e questo può essere piuttosto allettante: “Ci sono tutte queste persone interessanti, tutti questi nuovi giocattoli fantastici e scintillanti”, fa il verso a sé stessa. È proprio le insidide della fama e della popolarità che Olivia racconta in gran parte delle canzoni del nuovo album, che sembra una guida a quel gigantesco paese dei Balocchi che è l’industria dell’intrattenimento.
“Guts” ha avuto una gestazione lunga e tormentata, durante la quale Olivia Rodrigo ha anche sofferto della sindrome dell’impostore: “Ci sono stati alcuni mesi in cui mi sedevo al pianoforte e tutto ciò a cui pensavo era che non avrei mai fatto qualcosa di così buono, o a tutte le cose meschine che dicevano le persone su Twitter (dopo che alcuni utenti avevano notato somiglianze tra la sua “Deja vu” e “Cruel summer” di Taylor Swift e tra la sua “Good 4 U” e “Misery business” dei Paramore, la popstar ha dovuto riconoscere a entrambi gli artisti il 50% dei crediti e delle royalties, ndr). Ero così ingenua su come funzionava l’industria musicale. Oggi invece conosco più cose e mi sento più attrezzata”. È uscita dalla crisi tornando a lavorare con il suo produttore Dan Nigro nel garage-studio dove avevano inciso “Sour”, tenendosi lontana dai confortevoli studi losangelini frequentati dalle star: “Fare il nuovo disco lì mi avrebbe fatto venire più ansia e più dubbi. Avrei pensato: ‘Stiamo spendendo migliaia di dollari e mi sento come se non stessi scrivendo niente di buono’”. Olivia Rodrigo è stata la prima popstar di sesso femminile di nuova generazione a imporsi sulle scene dopo Billie Eilish, diventando una nuova reference nel pop internazionale. Ora è già pronta a cedere quel posto a qualcun’altra: “Questo album rappresenta le difficoltà dell’affacciarsi alla vita adulta e il cercare di capire chi sono in questo punto della mia vita. Mi sembra che siano passati dieci anni nel periodo tra i 18 e i 20 anni. È stato un periodo così intenso di disagio e cambiamento. Si tratta solo di crescere e di trovare il proprio posto nel mondo”.