Fenomenologia di Sam Smith

Tra dichiarazioni sull’identità, prese di posizione e di tanto in tanto qualche provocazione (sabato al Saturday Night Live si è presentato con un abito rosa che a molti, sui social, ha ricordato la forma della clitoride: ad un certo punto si è aperto e da sotto l’abito è spuntata Kim Petras), è lecito chiedersi quanti – e quali – contenuti musicali ci siano. Ma in fondo fa tutto parte del pacchetto: prendere o lasciare. Il talento c’è sempre stato: era il 2012 quando con quel falsetto sul ritornello di “Latch” dei Disclosure, Sam Smith stregò tutti. Da artista da featuring, il cantautore britannico si è ritagliato pian piano il suo spazio nella scena pop mondiale: il Premio Oscar (quello vinto nel 2016 con “Writing’s on the wall”, brano portante della colonna sonora di “Spectre”, il ventiquattresimo film della saga di 007, come Miglior canzone originale – sul palco dedicò il premio alla comunità lgbt e commise una gaffe dichiarando di essere il primo uomo apertamente gay ad aver vinto l’Oscar: prima di lui Elton John, Dustin Lance Black, Howard Ashman e Scott Rudin), il Golden Globe, i quattro Grammy Awards, i 300 milioni di dischi venduti – tra album e singoli – nel mondo e i 50 miliardi di streams totalizzati sulle piattaforme sono lì a dimostrarlo. Il personaggio si è costruito man mano, statement dopo statement. L’ultimo è arrivato in una lunga intervista concessa lo scorso autunno, tra le prime in cui Sam Smith ha parlato del nuovo album “Gloria”, che uscirà domani: “La mia musica non è diventata più queer nel corso degli anni. È sempre stata queer. Le mie canzoni parlano da sempre di uomini di cui mi sono innamorato. E non è detto che per essere considerata musica queer, debba essere per forza musica dance: penso che anche il country, il folk, il jazz e altri generi possano essere considerati queer”, ha detto il cantautore.
“Gloria”, il quarto album della carriera dell’artista, arriva a tre anni dal precedente “Love goes”. Sam Smith ha lavorato al disco insieme al suo storico braccio destro Jimmy Napes e a produttori come gli StarGate (c’era il loro tocco già dietro la hit “Too good at goodbyes”, nel 2017), Calvin Harris, Omer Fedi e Blake Slatkin. Tra gli ospiti c’è anche Ed Sheeran, con il quale il cantautore ha scritto e inciso “Who we love” (la scorsa estate Smith fu ospite di Sheeran allo stadio di Wembley, a Londra: duettarono su “Stay with me”, la hit che nel 2014 consacrò il cantautore britannico come nuovo astro nascente del pop britannico). Sarà sicuramente uno dei prossimi singoli estratti dal disco, che sarà a naso uno dei best seller internazionali di questo 2023. Il boom di “Unholy”, il singolo inciso da Sam Smith in duetto con Kim Petras, ha generato aspettative altissime intorno all’ideale successore di “Love goes”: “Non sento di dover dimostrare ancora qualcosa. Voglio solo godermi quello che faccio, il mio lavoro”, ha detto Sam Smith. Da settembre ad oggi il brano – che ha permesso a Kim Petras di diventare la prima artista trans a conquistare il primo posto della Billboard 200, la classifica settimanale relativa ai singoli più popolari negli Usa – ha totalizzato solo su Spotify oltre 740 milioni di streams in tutto il mondo, macinando una media di 6 milioni di ascolti al giorno. Lo scorso novembre il videoclip di “Unholy”, che su YouTube ha superato i 114 milioni di clic, ha permesso a Sam Smith e Kim Petras di vincere sul palco della PSD Bank Dome di Düsseldorf, in Germania, il premio come Video for Good, riconoscimento assegnato dal 2011 alle clip con messaggi sociali: “Penso che la gente stia iniziando a pensare che forse un artista trans può farcela e diventare una vera pop star”, il commento della cantante di origini tedesche.
Il nuovo album, anticipa Sam Smith, racconterà “una liberazione emotiva, sessuale e spirituale”: la sua. Nel 2019 l’artista dichiarò di avere un’identità non binaria, al di là del femminile e del maschile, invitando i media su Twitter a rivolgersi a lui usando il pronome “loro”: “Dopo una vita in guerra con il mio genere, ho deciso di accogliermi per quello che sono, dentro e fuori. Ho realizzato di essere un po’ intrappolato. Mi sono sempre sentito queer. Mi sono sempre sentito di un genere non conforme. E mi sono sempre sentito non-binary. È sempre stato così. Durante le interviste mi ritrovavo ogni giorno a dover raccontare ancora e ancora la mia storia. Ho capito che questa narrazione che avevano creato era solo una piccola parte di chi sono”. Nel comunicato stampa diffuso per il lancio di “Gloria” e del nuovo singolo “Gimme”, un brano da dancehall, frutto dell’incontro con Jessie Reyez e la star del reggae giamaicano Koffee, viene usato lo schwa: “Io e Jessie eravamo praticamente ubriachə, bevevamo whisky in Giamaica, alle due del mattino, correvamo in giro, come due amichə che si fanno due risate, è una canzone molto sensuale”.
Il tour mondiale legato a “Gloria” partirà il 12 aprile prossimo da Sheffield, nel Regno Unito, e vedrà Sam Smith esibirsi sui palchi delle principali arene europee, prima di volare negli Usa: la tournée farà tappa in Italia in primavera, con due date in programma il 20 maggio alla Unipol Arena di Bologna e il 21 al PalaAlpitour di Torino. L’album, oltre ad essere una sorta di manifesto, è anche la cronaca di una crisi: “È stato bellissimo, in questo album, poter cantare di nuovo liberamente. Sembra il mio primo disco in assoluto. Mi ha fatto attraversare dei momenti bui, illuminandoli come un faro: spero possa rappresentare la stessa cosa anche per voi”, ha detto Sam Smith sui social, rivolgendosi ai fan.