Sopravvivere a "Jagged little pill", Alanis ci ha provato così

A diciotto anni aveva già pubblicato due album, il secondo non andò benissimo, tanto che la sua casa discografica di allora la sciolse da ogni impegno. La storia racconta che quella decisione presa dalla etichetta fu scellerata. Perchè la ragazza con il terzo album, all'età di 21 anni, nel 1995, vendette circa 30 milioni di copie. Un successo di dimensioni abnormi per Alanis Morrissette quello di "Jagged little pill". Tre anni più tardi la cantautrice canadese provò a dare continuità al suo lavoro con "Supposed Former Infatuation Junkie", con tutte le difficoltà del dover gestire una fama che a venti anni o poco più può non essere impresa proprio da poco. Oggi Alanis di anni ne compie 48, di acqua sotto i ponti da quei – per lei - magici anni Novanta ne è passata moltissima. La festeggiamo riesumando la nostra recensione di quel difficile disco che ebbe l'onere e l'onore di succedere a "Jagged little pill" nel novembre del 1998.
"Essendo famosa fin da quando ero giovanissima, le persone più vicine a me pensavano che stessi ricevendo così tanti consensi dal pubblico da non averne più bisogno da loro". C’è chi vorrebbe cambiare vita con il superEnalotto, e chi invece ha avuto la vita cambiata da 28 milioni di copie vendute di un suo disco. Meglio della miniera, direte voi, fatto sta che mantenersi con i piedi per terra e riuscire a coltivare delle relazioni umane ancora semplici e sincere probabilmente si complica, anche perché il successo (e il potere) spesso portano a ragionare in termini di successo e potere. "Il momento in cui ho mollato è stato il momento in cui avevo avuto troppo, il momento in cui sono saltata giù è stato il momento in cui ho toccato terra ("Thank U")": Alanis Morissette si è tolta di mezzo per un po', con quello splendido semplicismo tutto statunitense si è gettata a capofitto nella conoscenza di se stessa, ha viaggiato verso Oriente, è andata in analisi, è ripartita dalle basi, cercando un confronto (lei dice) reale con cose e persone.
Chi ascolta questo album però non si troverà certo di fronte al disco della riscoperta delle cose semplici tipo aria, acqua, terra e fuoco, al contrario: "Supposed..." è il disco di chi cerca, e talvolta riesce, a fare chiaro di fronte a sé, è una nuova dichiarazione d’intenti firmata da una giovane canadese che prova a ripensare serenamente ai suoi ‘affair’ sentimentali e alla sua straordinaria carriera e al tempo stesso a porre le basi per le relazioni future. Il tutto accompagnandosi con una manciata di canzoni straordinarie: dove Alanis Morissette non sembra essere cambiata è proprio lì, nel cuore del suo rapporto con le melodie, nell’urgenza di uno stile interpretativo che tocca immediatamente l’anima di chi ascolta, nei ritornelli che si aprono come il cielo in una giornata di pioggia e portano raggi di sole. Il suono è solido, la logica prosecuzione del precedente "Jagged little pill", Glen Ballard è sempre al suo fianco tanto come produttore che come autore, e l’andamento dei brani oscilla tra momenti più classici e altri maggiormente sperimentali.
Se "Thank you" apre la strada a questo album come un perfetto singolo ha la virtù di saper fare, l’album ha almeno altri 5 o 6 brani di grande intensità, come ad esempio "Are you still mad", con le sue orchestrazioni orientaleggianti che fanno tanto "Kashmir" dei Led Zeppelin ( o "Come with me" di Puff Daddy, fate voi). "That I would be good" è una canzone da antologia, un gioiello di semplicità e poesia, in cui Alanis si risponde alla domanda "Cosa vuoi?" e ne nasce una ‘lista di desideri’ in cui sono i fallimenti ad essere il metro di valutazione del proprio successo. L’assolo di flauto finale (suonato da Alanis) tocca il cuore.
"The couch" e "Heart of the house" sono due brani dedicati rispettivamente al padre (conflittuale) e alla madre (solidale), mentre "UR" è un’altra accorata riflessione su successo e identità, che fila via su un groove di batteria e una chitarra acustica. "I was hoping", molto mitchelliana nelle metriche, ha un fascino tutto orientaleggiante nel cantato, mentre "One" è una ammissione di colpa che si sviluppa su una melodia sinuosa e ripetitiva: "Ho abusato del mio potere, perdonami". "Unsent" serve a regolare dei conti in sospeso che - spesso - ognuno di noi ha nella sua memoria: delicata e ironica Alanis tratteggia lettere immaginarie (e al tempo stesso reali, perché si tratta di veri destinatari) finora non scritte e adesso inviate via cd, al suono di una melodia cantata con il suo stile ‘singhiozzato’ e debitore ancora una volta delle lezioni di Joni Mitchell.
"So pure" è uno scatenato pezzo in stile dance, un po’ "Ray of light" nel groove, ma del resto l’influenza di Madonna si sente prepotente in diversi brani, forse proprio nella concezione di questo lavoro. Un’ultima citazione per "Joining you", ossessiva e appassionata, e per la conclusiva "Your congratulations", che Alanis ha spiegato con la frase riportata in apertura di recensione. Per intensità e musica "Supposed former infatuation junkie" è uno dei cd più importanti e belli dell’anno. Da ascoltare assolutamente.