Su Putin Randy Newman ci aveva visto giusto
Non è una novità che Vladimir Putin, da ormai due mesi isolato alla comunità internazionale occidentale in seguito all’invasione militare dell’Ucraina, prima dello scoppio delle ostilità con il governo di Kiev riscuotesse più di una simpatia presso figure politiche di spicco europee e nordamericane. Senza andare troppo indietro nel tempo, nel 2019 l’attuale numero uno del Cremlino - che, per inciso, in tandem con Dmitrij Medvedev il Cremlino lo controlla dal 1999 - veniva definito dall’allora Ministro dell’Interno e Vicepresidente del Consiglio italiano “un grande presidente” e “uno dei migliori uomini di governo che ci siano ora sulla faccia della terra”. Che l’ex funzionario del KGB avesse una concezione della gestione del dissenso interno per lo meno sui generis se ne erano accorti in diversi - tra gli altri e le altre, Anna Politkovskaja, firma di punta della Novaja Gazeta assassinata nel 2006 a Mosca in circostanza mai chiarite dalle autorità locali - ma probabilmente i rapporti diplomatici e commerciali tra potenze richiedevano cautela e distacco, visto che - proprio a partire dal 2006 - allo stesso Putin sono state conferite oltre una dozzina di onorificenze ufficiali da paesi come Francia, Principato di Monaco ed Emirati Arabi Uniti.
Il mondo dell’intrattenimento, però, viaggiava su binari diversi. Nel 2017 veniva pubblicato “Dark Matter”, undicesimo album in studio di Randy Newman, cantautore e compositore di colonne sonore vincitore di due premi Oscar, sette Grammy Awards e diversi altri riconoscimenti americani e non. Nel disco era presente un brano, intitolato appunto “Putin”, che oggi pare più che mai attuale.
Al di là dei giochi di parole intraducibili - chi conosce l’inglese può trovare a questo indirizzo il testo originale - i versi del brano descrivono l’uomo dell’”operazione militare speciale” come “uno capace di alimentare una centrale nucleare con la parte sinistra del cervello” e che “fa impazzire le donne [più precisamente, le “Putin girls”] quando si toglie la maglietta”. “Lui e la sua ex moglie Lyudmila stanno percorrendo le rive del bellissimo nuovo Mar Nero russo”, canta Newman di Putin, uno “che sembra un tizio normale, ma...”, e che ama “la sua patria e la sua famiglia”.
Ben prima dell’attuale presidente della Federazione Russa l’ironia di Newman aveva preso di mira - undici anni prima, sempre nel 2006 - il quarantatreesimo presidente degli Stati Uniti George Bush, all’epoca impegnato con la sua amministrazione nei conflitti in Iraq e Afganistan:
In “A Few Words in Defense of Our Country” Newman sostanzialmente osservava come Bush, sebbene non fosse esattamente il migliore presidente che gli Stati Uniti potessero avere, era comunque meglio di altri leader come Hitler o Stalin. L’ironia di Newman, tuttavia, sarebbe stata sorpassata dal tempo. “Avevo scritto questa canzone perché pensavo che l'amministrazione Bush sarebbe stata una delle peggiori della mia vita, forse la peggiore che avremmo mai avuto”, confessò l’artista all’edizione americana di Rolling Stone nel 2017, all’indomani dell’ingresso di Donald Trump alla Casa Bianca: “Non potevo immaginare che Trump lo avrebbe fatto assomigliare a Winston Churchill. Chi avrebbe potuto essere preparato per questo?”.