L'intervista perduta di PJ Harvey: "Mi paragonano a praticamente chiunque sia del mio stesso sesso"
Anche l'Italia sta vivendo una sorta di età dell'oro dei podcast, con qualche anno di ritardo sul mondo anglosassone, dove questo formato è al centro dei contenuti digitali da molto tempo. Nell'enorme offerta di contenuti originali prodotti nel nostro paese e disponibili per l'ascoltatore italiano, c'è un grande buco che ha la forma della musica.
I podcast a tema musicale sono relativamente pochi e poco visibili: nelle varie classifiche arrivano per lo più le versioni in differita dei programmi radiofonici mentre la stessa Spotify, che sta investendo molto nel settore, in Italia ha prodotto soltanto un titolo, "Ikaros", con la voce di Morgan e dedicato ai morti giovani del rock (non un argomento particolarmente originale). Abbondano i podcast di informazione, di intrattenimento quelli dedicati al recupero e alla ricostruzione di storie più o meno dimenticate. Strano che ci si dedichi poco alla musica: è un serbatoio enorme di racconti.
Lo dimostra un nuovo pregevole titolo, di cui vi proponiamo un estratto in anteprima: si tratta di "Forgotten Tapes", dedicato al recupero di interviste d'annata dalle cassette originali degli anni '90, una fotografia di diversi artisti in momenti cruciali della loro carriera. Acritto da Giorgio Valletta con la collaborazione di Teo Segale, il podcast è ideato, prodotto e curato da Radio Raheem: dopo le prime due puntate, dedicate ad Aphex Twin e Guru/Jazzmatazz, oggi esce la terza, dedicata a PJ Harvey, intervistata nei giorni del suo esordio, "Dry".
Racconta Giorgio Valletta: "Il 30 novembre 1991, durante uno dei miei primi viaggi a Londra, avevo segnato in agenda il concerto di una nuovissima musicista della quale, piano piano, si stava cominciando a parlare .(...) Arrivai con la massima curiosità e ne restai decisamente impressionato. Il concerto fu breve ma molto intenso, e mentre alla fine scambiavamo due parole non seppi trattenermi e le chiesi di organizzare un’intervista. Quella musicista era PJ Harvey. Il giorno dopo non ho perso tempo e sono andato a visitare gli uffici della Too Pure, l'etichetta indipendente che aveva scommesso su di lei: “Dry”, il suo album di debutto, sarebbe uscito esattamente quattro mesi dopo, il 30 marzo 1992, e la mia intervista è arrivata sulle pagine del primo numero di Rumore, che inaugurava le sue pubblicazioni proprio in quel mese. Era ovviamente la prima intervista per l'Italia". Un doppio reperto, quindi: la storica rivista musicale compie proprio in questi giorni 30 anni, celebrati con un numero speciale con copertina disegnata da Alessandro Baronciani.
"Non ti preoccupare, stavo aspettando la tua chiamata", esordì PJ Harvey. "E' difficile fare interviste al telefono, preferirei di gran lunga che fossi qui a farla, ma non importa", continua, prima di raccontare come è arrivata all'esordio discografico
Ho iniziato a scrivere canzoni circa cinque anni fa, appena imparato a suonare la chitarra, prima di quello avevo suonato solamente il sassofono per una decina d'anni... lo suono ancora ogni tanto, anche se... ero molto brava a suonarlo, ma ora non più. Quando ho cominciato... quando ho capito che volevo scrivere canzoni, ecco è in quel momento che ho cominciato a suonare la chitarra perchè ti serve assolutamente per scrivere canzoni. Poi ho suonato in un altro gruppo, nel gruppo di qualcun altro intendo, per due anni prima di formare la mia band, che è quella in attività in questo momento... Rob Ellis è il batterista, Robert Ellis, e il bassista si chiama Steve Vaughan, e ci siamo incontrati perchè vivevamo in questa zona, nel Somerset, anche se ora vivo nel Dorset, mentre gli altri due ancora nel Somerset... ma in questa zona non ci sono molti musicisti... è molto tranquillo in campagna e i musicisti tendono a conoscersi tutti alla fine, sai sempre se ci sono altri musicisti in zona e chi sono.
PJ Harvey poi raccontò come stava vivendo l'hype che girava attorno al suo nome, grazie soprattutto alla stampa musicale inglese
Non mi imbarazza per niente, anzi, al limite mi fa sentire inadeguata, mi fa sentire di non meritare tutta questa attenzione, perchè credo che la band non sia ancora neanche lontanamente buona quanto dovrebbe essere. Sono convinta che cresceremo, ma abbiamo una strada ancora molto lunga davanti a noi, anche se non credo che mi condizionerà a livello artistico, sulle cose che voglio provare a sperimentare. Non sono nemmeno preoccupata di dover essere al centro dell'attenzione mentre stiamo ancora cercando di crescere. Spero solo che la gente capisca che non siamo, per così dire... insomma che siamo ancora molto giovani e per quanto riguarda il gruppo non sappiamo ancora precisamente dove stiamo andando, potremmo cambiare completamente direzione in qualsiasi momento... non è che... non mi mette in alcun imbarazzo, a volte mi sembra solo che la gente ne faccia una questione troppo grossa, e troppo presto... ma succede a tutti, non è un problema solo nostro, lo fanno con un sacco di gruppi.
Interessante una notazione anche sui modelli di riferimento della critica musicale del tempo:
Mi hanno paragonata a praticamente chiunque sia del mio stesso sesso, mi hanno paragonata a ogni singola musicista femmina... è una storia vecchia ormai. Non mi dà assolutamente fastidio, è solo che la gente non riesce ad andare oltre questa cosa.
L'intervista e la puntata completa di "Forgotten tapes" dedicata a PJ Harvey si può ascoltare sulle principali piattaforme a partire da oggi, 4 marzo, qua. Tutte le puntate sono disponibili sia con l'audio dell'intervista originale che in versione doppiata in Italiano.
