Sanremo 2022, Elisa: “Voglio divertirmi mentre viaggio con la musica, come quando vado in skate”

La potenza e la forza di una “semplicità complessa” illumina tutto quello che fa Elisa. Rende facili sentimenti straordinari: un’arte che riversa anche nelle sue canzoni. Torna al Festival a 21 anni dalla vittoria con "Luce (tramonti a nord est)" per presentare "O forse sei tu". Il suo nuovo album, "Ritorno al futuro/Back to the future", sarà doppio e uscirà il prossimo 18 febbraio.
Una delle grandi forze del tuo brano è la musica che hai scritto. In che modo hai lavorato?
“È nata come una ballad classica. Non è propriamente contemporanea, per questo l’orchestra ha un ruolo fondamentale. Ho lavorato sugli archi con Will Medini, cercando di costruire degli incastri melodici romantici fra la voce e la musica. Credo che se su questo brano si spegnesse l’orchestra, si perderebbe molto della sua vita e del suo pathos. I giochi melodici tra la voce e la musica sono le assi portanti. Mi capita di canticchiare anche i suoni degli archi perché sono cantabili. Questo è un aspetto cruciale”.
Cresce parola dopo parola, come un’onda,
“Il pezzo parte solo con il piano e poi si arricchisce volgendo verso una soluzione armonica maestosa. C’è una carica solenne. Anche lo special è molto importante: chiuso quello, sono riuscita a trovare la quadra della canzone. È un brano che avevo da parte da anni, ma mi mancavano una strofa e lo special”.
Parli di amore, ma non in modo convenzionale. C’è di più?
“La storia dei brani è sempre difficile da spiegare. La canzone è più misteriosa di quello che riesco a raccontare. È svilente parlare di un messaggio, ma senza farlo comprendere come si vorrebbe. Questo avviene per tutte le canzoni. Per me i pezzi sono soggettivi, soprattutto quando utilizzano un linguaggio poetico. A ognuno può trasmettere qualche cosa di diverso. Detto questo io racconto la chimica di quell’amore capace di dare una sensazione di pienezza. Quello che permette di vedere il mondo in modo differente, più bello. L’amore che descrivo è quello che ti entra dentro e ti fa cambiare gli occhi, modifica la visuale sulla vita”.
Che cosa si porta dietro quell'amore?
“Una stupida voglia di vivere, che è il centro del messaggio. È quella stupida e bellissima voglia di vivere che condividi con una persona. Non affronto necessariamente un rapporto fra partner. Il sentimento di cui parlo potrebbe anche essere quello fra figli, amici o fratelli”.
Con quali sensazioni arrivi a questo Festival?
“Sono stati anni straordinari anche nelle difficoltà. Questo mi ha portato a osare con la musica, a dare il massimo. Per ciò ho realizzato un album doppio. Volevo trasmettere qualche cosa di positivo a me e agli altri. Tornare a Sanremo è un’occasione per far ascoltare la mia nuova musica, per iniziare il viaggio. Forse non ci fossero state quelle difficoltà non avrei realizzato un doppio album e forse non sarei tornata a Sanremo”.
Della vittoria di 21 anni fa che cosa ricordi?
“Ero giovane, ingenua, vivevo in un mondo tutto mio. Vissi quella vittoria nel modo più puro che si possa immaginare, davvero alla prima esperienza in tutto. Non pensavo certo alla carriera. Quella vittoria mi ha cambiato la vita”.
E ora che cosa porti con te?
“Porto quello in cui credo. L’essenzialità e la purezza di una canzone. Questo brano è una delle parentesi più classiche del nuovo album. Io amo la totalità, mi piace vivere le sperimentazioni in maniera naturale. Per me i generi sono secondari rispetto ai significati delle canzoni. E poi credo nella semplicità come punto di arrivo, una semplicità in cui convivono diverse complessità accettate e naturali”.
È l’asse portante del doppio album?
“In passato ho fatto un album rock, un album pop, uno acustico. Questa volta invece tutto convive in questo progetto doppio. Faccio tutto insieme perché sono i tempi maturi per farlo: è necessario prendersi la libertà di esprimersi”.
Nella serata delle cover presenti "What a feeling”. Un brano energico, completamente diverso da quello che porti in gara.
“Mi piaceva tanto, anche per la storia della protagonista nella quale mi rivedo: io parrucchiera della provincia che sognava di diventare cantante. Lei realizza il suo sogno di ballare pur provenendo da un contesto difficile. E anche io. Mi piace l’idea che tutto si leghi all’immaginario del sogno. E poi volevo un pezzo in inglese che è l’altra mia anima musicale, lo è sempre stata. E poi quello è un sound senza tempo che trionfa ancora: basta vedere il lavoro che sta portando avanti The Weeknd”.
Come la presenti?
“L’arrangiamento della cover è decisamente diverso, più elettronico alla Giorgio Moroder: volevo un trionfo di arpeggiatori, senza nulla togliere all’originale, anche perché la matrice è quella. Ho voluto interpretarla in un duetto atipico con Elena D’Amario, che ho conosciuto ad ‘Amici’, una ballerina straordinaria che si esibisce nel mondo con la compagnia di David Parsons”.
Ti sento felice. È come se la musica, per te, fosse tornata nuovamente a una dimensione di gioco. È così?
“Lo stimolo è tutto. I figli, la vita, i successi, gli insuccessi, le cose comprese, le cose incomprese: tutto mi ha cambiato. E mi ha fatto capire che non mi interessa più la meta, ma il percorso. Mi interessa che cosa sento mentre lo faccio, mentre viaggio. Mi interessa la qualità del tempo. Voglio creare bellezza in modo zen, senza aspettative. Sembra un paragone strano, ma è come quando vado in skate”.
Tu vai in skate? Ma è bellissimo.
Sì, ho iniziato durante la pandemia, con i miei figli due anni fa. Ero disperata, volevo trovare un modo per sfogarmi e senza pensare alle restrizioni. Lo skate ti regala un’attitudine meravigliosa, è quella del ‘carpe diem’. Lo skate ti fa divertire viaggiando, non importa la meta. È la stessa sensazione che voglio provare con la mia musica. La pandemia, nel suo dramma, ci ha dato anche l’opportunità di riscoprire emozioni che forse erano rimaste nascoste”.