Giuse The Lizia non è l’ennesima “next big thing dell’ItPop”

Nel frullatore dell’indie ci finisce, suo malgrado, per comodità – passateci l’espressione. Perché le etichette, in fondo, servono, e sulle piattaforme di streaming le sue canzoni convivono nelle playlist con quelle dei Pinguini Tattici Nucleari, di Frah Quintale e di Laila Al Habash. Peraltro, a proposito di etichette (ma discografiche), lui incide per Maciste Dischi, tra le label che più di tutte hanno contribuito al ricambio generazionale del pop italiano di questi anni, lanciando – tra gli altri – Gazzelle, Fulminacci e i Canova. Ma Giuse The Lizia, vero nome Giuseppe Puleo, 20 anni, nato in provincia di Palermo e ora di stanza a Bologna, non è esattamente l’ennesima “next big thing” dell’ItPop: ascoltare, per credere, il suo nuovo singolo, “Parole peggiori”, che spolvera chitarroni, bassi e batterie da rock band dei primi Anni Duemila. “Ho iniziando cantando in una cover band degli Strokes, al liceo. Avevo 16 o 17 anni. Casablancas e soci non li conoscevo: li ho scoperti da fan degli Arctic Monkeys, in ‘Star treatment’ Alex Turner canta: ‘I just wanted to be one of The Strokes’. Mi si è aperto un mondo – racconta lui – il batterista della band era fissato con i Franz Ferdinand, io con gli Arctic: veniamoci incontro, ci siamo detti. E così abbiamo iniziato a suonare gli Strokes, da ‘Someday’ a ‘Call it fate, call it karma’”.
Giuse The Lizia – “non vuol dire niente, ma mi piaceva come suonava”, dice del nome d’arte – ha esordito ufficialmente lo scorso aprile con il singolo “Vietnam”, seguito da “Serate toste”, a novembre, dall’Ep “Come minimo”. Tra i primi brani e il disco una manciata di concerti che lo hanno visto aprire, nel corso dell’estate, per Gazzelle, Frah Quintale, Psicologi e Fulminacci: “A Maciste ci sono arrivato tramite una demo mandata via mail, registrata malissimo, in maniera del tutto amatoriale. Un giorno ho trovato su internet un indirizzo di posta elettronica dell’etichetta e mi sono detto: perché no?”. Due o tre mesi dopo, quando lui aveva già rimosso dalla testa quella mail, arriva una notifica sul cellulare: “Incontriamoci”. La canzone che fine ha fatto? “Non è ancora uscita. La stiamo producendo. Farà parte del mio disco d’esordio”, dice lui.
Lo scorso autunno Giuse, forte dell’interesse riscosso tra i seguaci della scena con i primi brani, ha anche provato la carta Sanremo Giovani, con “Bee Gees”, “un pezzo figo, un po’ rappato, su una base funky”, dice lui, che spazia dal pop all’indie rock, passando per l’elettronica. Così anche negli ascolti che fa: “Ultimamente sono chiusissimo con Frank Ocean. In Italia, invece, mi piace Novelo: non a caso ci ho fatto anche un pezzo insieme, ‘Tipo fine’. E poi ho ascoltato tantissimo gli ultimi dischi di Rkomi e Marracash”.
La bolla dell’indie non avrà mica iniziato a sgonfiarsi? “Sicuramente il boom è passato, e mi riferisco ai due anni trascorsi dall’avvento di Calcutta con ‘Mainstream’ e il successo di ‘Superbattito’ di Gazzelle. Ma ancora oggi la scena mi sembra viva, solo che nel frattempo ha inglobato le altre scene e tendenze”.