Saluto con piacere due ritorni in uno.
Il primo è quello della gloriosa etichetta discografica Produttori Associati (creata dal 1970 da Antonio Casetta, ha pubblicato album di Fabrizio De André, Massimo Bubola, gli Alunni del Sole, Pino Donaggio e Donatella Rettore; è rimasta attiva fino al 1977), fatta rinascere da Simone Casetta, figlio del fondatore, che è coproduttore dell'album di cui sto per scrivere insieme allo scrittore e collezionista Claudio Sassi.
Il secondo è quello del cabaret: una forma di spettacolo ultracentenaria, che in Italia ha avuto un momento di grande popolarità tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, specialmente nelle due capitali (Milano e Roma), grazie a locali come il Derby Club e il Nebbia Club di Milano - dove si sono fatti le ossa artisti come i Gufi, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Paolo Villaggio, Cochi e Renato, Giorgio Faletti, Diego Abatantuono e molti altri - , il Bagaglino e il 7x8 a Roma.
Nella sua ultima incarnazione, il cabaret era una forma di teatro-canzone in cui monologhi e brani cantati si alternavano per lo più con intenti umoristici. Soppiantato sostanzialmente dalle trasmissioni di comici in TV, il cabaret è stato un modo d'espressione originale che con soddisfazione - anche un po' nostalgica - trovo riproposto e anche rivitalizzato da un trio di Novara, che con l'autoironico nome Barlafus (in dialetto milanese significa qualcosa come "incompetente, buono a nulla") riprendono e rispolverano un repertorio di canzoni e scenette in origine messe in scena e incise su disco dai Gufi, da Valter Valdi, da Enzo Jannacci, da Cochi e Renato (ma anche, come nel caso di "Sorrisi e lacrime", dai meno noti Umberto Faini e Gigi Pedroli).
Il disco, registrato dal vivo in un piccolo teatro, restituisce piacevolmente l'atmosfera della performance, e mette in luce l'affiatamento vocale dei tre Barlafus (Gabriele Jimmy Ballaré, Marco e Simone Dabbene) che s'accompagnano con una chitarra acustica e una fisarmonica. I brani sono quasi tutti molto popolari, anche nel senso di popolareschi ("L'uselìn dela comare", "El magnano", "Se gh'an de dì", "Sant'Antonio allu desertu"), moderatamente modernizzati con qualche aggiornamento dei testi all'attualità, o portano firme prestigiose come quelle di Dario Fo, Roberto Brivio, Lino Patruno, Nanni Svampa (qui omaggiato con la sua versione in dialetto milanese di "Le gorille" di Georges Brassens, che in italiano fu riscritta da De André), Enzo Jannacci, Cochi Ponzoni, Renato Pozzetto.
"Una serata da Barlafus" regala quasi un'ora di divertimento scanzonato; e ai buoni auspici espressi nel libretto del Cd da "mostri sacri" come Patruno (che consegna idealmente ai tre il testimone dei Gufi), Flavio Oreglio, Maria Monti, Cochi Ponzoni) aggiungo il mio incoraggiamento. Sarebbe una bella idea invitarli a una delle tre serate della prossima Rassegna del Club Tenco: dove una spruzzata di allegria disimpegnata non ci starebbe male.
Franco Zanetti