Fabrizio De André: Dori Ghezzi racconta "L'Indiano"

L'album noto a tutti come "L'Indiano", dal disegno di copertina, ma che in realtà porta il nome del suo autore e interprete, Fabrizio De André, è uscito nel luglio del 1981, e Rockol lo ha già raccontato canzone per canzone e anche con una divertente videointervista a Mark Harris, che dell'album è stato l'arrangiatore e che vi riproponiamo qui:
Oggi "L'Indiano" esce nella nuova collana "Legacy Vinyl Edition", che ripropone album storici della canzone italiana in vinile rimasterizzato, e in edizione limitata, arricchiti da contenuti editoriali: i libretti che li accompagnano, corredati di fotografie storiche, raccolgono le testimonianze degli artisti e musicisti che parteciparono alle registrazioni, dei produttori e arrangiatori, degli stessi fotografi, ma anche i ricordi degli amici e dei personaggi dello spettacolo. Nella stessa collana esce oggi anche "Automobili", il disco di Lucio Dalla del 1986; mentre il 29 ottobre usciranno "Amore e non amore" di Lucio Battisti, "Trapezio" di Renato Zero e "Mio fratello è figlio unico" di Rino Gaetano.
Dal libretto del vinile di "L'Indiano" vi proponiamo qui di seguito parte del contributo di Dori Ghezzi, per gentile concessione di Sony Music e di John Vignola.
Questo album ha rappresentato un momento determinante. È stato il primo disco che Fabrizio ha inciso dopo la tragica esperienza del sequestro: esiste dunque un evidente parallelo tematico che coinvolge la Sardegna con un’etnia differente, nello spazio e nel tempo. Fabrizio ha sempre ritenuto che la Sardegna fosse stata una terra di conquista un po’ come era accaduto per l’America dei nativi americani. Alla luce di queste considerazioni, è come se in qualche modo Fabrizio volesse cercare una giustificazione a quanto accaduto, al sequestro. Come se si trattasse di una ritorsione, di una ribellione.
Tra tutti i pezzi del disco, 'Hotel Supramonte' è quella che va a toccare ancora adesso i nervi più scoperti. Soprattutto per lui, per Fabrizio. Rappresenta il momento più drammatico di quanto è capitato, sfociato in questa canzone: dove si è sentito perso, solo. È accaduto quando ci siamo separati: io sono stata liberata la notte prima di lui, e se ti metti nei panni di chi vive situazioni drammatiche capisci che non puoi mai avere la certezza che quanto ti stanno raccontando sia vero, che ti stiano liberando. Poteva essere l’ultima notte in cui ci saremmo mai visti, e puoi immaginare come l’abbia vissuta. Anche per me – che ero già libera, ero a casa – ha rappresentato la notte peggiore. Non sapevo cosa sarebbe potuto succedere: nessuno poteva sapere cosa sarebbe potuto accadere. Tutto era possibile, non c’erano certezze.
Nell’album, tuttavia, è presente un fortissimo sentimento di empatia verso la Sardegna, la sua terra, i suoi abitanti. Pensiamo al 'Canto del servo pastore': ti fa capire le condizioni in cui le persone possono essere costrette a vivere, ovvero quella che in fondo era l’impressione che ci avevano dato i nostri due carcerieri. Anche loro vivevano all’addiaccio, come noi, chissà per quale motivo.
Non saprei dirlo con certezza assoluta, ma credo che questo disco sia stato tra quelli che hanno richiesto meno tempo per la sua scrittura e lavorazione. Fabrizio aveva subito un’idea chiara di dove volesse andare.
Quando l’album fu pronto, e lo ascoltai insieme – anche se avevo seguito tutte le fasi di registrazione, ed era come se l’avessi visto crescere poco a poco – ebbi l’impressione complessiva che fosse un capolavoro.
E poi c’è questa canzone, 'Fiume Sand Creek', che è una delle migliori che abbia mai scritto. È una canzone senza tempo, di una grande forza, di una bellezza unica tanto per il testo quanto che per la musica e l’arrangiamento, una perla rara.
È un disco molto diretto, facile da percepire: arriva immediato, anche se il linguaggio è quello che è. Non è un disco presuntuoso, è un album pensato per tutti; del resto Fabrizio non ha mai fatto dischi presuntuosi. Coraggiosi, ma non presuntuosi. E in fondo questo album, non a caso, è stato uno dei più venduti nella carriera di Fabrizio.
Dori Ghezzi